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Carlo Goldoni Componimenti poetici IntraText CT - Lettura del testo |
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POESIE IN LINGUA E IN DIALETTODEL PERIODO VENEZIANO (1748 - 1762)
DIALOGO SACRO
Clori Oimè, germana, oimè, dove son io? Porgimi la tua destra; ahi, senti come Nell’agitato sen batte il cor mio. Sulla mia fronte, per timor, le chiome S’ergono ancor, nel rammentar l’aspetto D’un che mi desta, e che mi chiama a nome. Non ch’egli fosse di terrore oggetto, Ch’anzi serena avea la fronte e il viso, E spirava dagl’occhi un dolce affetto. M’atterrì la sua voce, e l’improvviso Scuotermi ch’egli fece, allor che il cieco Sonno mi tratteneva in festa e in riso. Oimè, germana, oimè, destati meco; Non mi lasciar del mio timore in preda; Ah, ch’io morrei, se non giacessi or teco. Elisa Deh, pace il Cielo a’ sonni tuoi conceda; Non mi destar, che vision beata Fa che quest’alma meraviglie or veda. Ma desta i’ sono, e la felice e grata Ombra disparve, che d’amor ripiena, M’ha di tenero amor l’alma colmata. Provai nel sonno mio gioia, e non pena; E tu, germana, che sognasti allora, Che ti vidi destar di timor piena? Or che spunta dal mar novella aurora, Sogni veraci suol produr la mente, Cui Divino poter scuote e avvalora. CLORI Pareami in mezzo di festosa gente D’oro e di gemme riccamente adorna, E fra suoni, e fra canti, andar ridente. Notte cui lo splendor de’ lumi aggiorna, Più vago rende il maestoso loco, Ove giulivo stuol gode e soggiorna. Lietamente m’inoltro, e a poco a poco Ravviso in faccia i ragunati oggetti, Che m’invitano a gara, a festa e a gioco. Veggo Ricchezza, fonte dei diletti, Che a sé mi chiama, e a saziar m’invita Mille de’ cuor umani avidi affetti. Amor non lungi l’arco suo m’addita, Con cui formare a’ cenni miei s’impegna In amabile cuor dolce ferita. Spiega Bellezza la vittrice insegna, E a me promette in nome suo vittoria, E di accrescer beltà l’arte m’insegna. A sé m’appella la terrena Gloria, E par che aneli a infondermi nel seno Il desio di lasciar di me memoria. Parea d’alto piacere il mio cuor pieno, E in preda quasi de’ sognanti affetti, Smarrendo già della ragione il freno: Quando apparve tra i falsi e tristi oggetti Uom, che lor fece impallidir la fronte, Indi tosto cambiar spoglie ed aspetti. E a me, dice, rivolto: Ad altro fonte Cerca il piacer, dove è il riposo eterno, E ricchezza ed amor si gode in Dio. Mira laggiuso nell’orrendo averno, Mira i seguaci dei piacer sognati, Che si crucian fra lor con duolo alterno. Ecco i sassi, ecco i bronchi, ancor segnati Del pianto delle vergini, e del sangue Di color che per me morir beati. Misero chi nel mondo ozioso langue! Destati, figlia, destati, e ravvisa Che ti segue e t’investe il crudel angue. Questa voce che al cuor scende improvvisa, Mi scuote, e m’empie di terrore il petto; Porgimi aita, o mia diletta Elisa. Elisa In dissimili modi e eguale aspetto Testé m’apparve il Redentor del mondo A infondermi nel sen gioia ed affetto. Incontrommi per via lieto e giocondo; Nel mirarmi sorrise, e le pupille Volgere io non ardiva al bel crin biondo. Ma tante il pio Signor sante faville D’amor, di carità, destommi in seno, Che mi trasse dagl’occhi umide stille. Meco si assise in verde prato ameno, Strinse la destra mia colla sua mano, E il cor sentia d’alta letizia pieno. Mira, Elisa, dicea, che il tuo Sovrano Per il dolce desio d’esser tuo sposo, Dall’Empiro discese in volto umano. Quanto, rammenta, per tuo amor pietoso Patì, sofferse, e con qual duro scempio Finì in croce il martir suo doloroso. Deh segui, amica, il glorioso esempio; Gratitudin ti sproni, amor t’affretti, E il mondo fuggi lusinghiero ed empio. Alza gl’occhi alle stelle, e quai diletti Preparati ti sono, odi, e t’invoglia D’andar del pari coi beati oggetti. Giunta dal Cielo sull’eterna soglia, Tu vedrai me nella Divina essenza, Non velato da questa umana spoglia. Vedrai la Beltà mia, la mia Sapienza, La Pietà, la Giustizia, il santo Amore, E l’eterna tremenda Onnipotenza. Quella vedrai, che il verginal candore Mantenne intatto, e fu madre felice Dello stesso suo Sposo, e suo Signore. Stuol vedrai, che rammenta e benedice La causa ognor del suo goder perfetto, Cambiamento di cui tener non lice. E in mercé dell’eterno almo diletto, Ch’offre ad Elisa il suo Signore in dono, Non pretende da lei che il solo affetto. Dimmi se indegno del tuo core io sono; Dimmi se merto che d’amor tu paghe Le delizie di cui teco ragiono. Volsemi, in così dir, le luci vaghe, E penetrommi collo sguardo il seno, E m’impresse nel cuor profonde piaghe. Sentiami il petto di letizia pieno, Allorché mi svegliasti. Ah tu, germana, Mi privasti del bel volto serene. Clori Oh te felice, cui pietà sovrana Soavemente alle delizie invita Della patria Celeste, a noi lontana. Elisa Te felice non meno, a cui s’addita Il sentier vero, che a goder conduce Fuor dei perigli dell’umana vita. Clori Dell’eletto tuo spirto amore è duce; Io sono da terror scossa e respinta, E tremo al lampo dell’eterna luce. Elisa Io dall’amor, tu dal timor convinta, Ambe siam tratte alla medesma meta, Per via dal sommo alto poter distinta. La Grazia che desia l’anima lieta Opra in due guise: o del suo amor l’accende, O falla di timor santo inquieta. A te mostra i perigli, e cauta rende, A me la gloria dolcemente addita, E trarci seco per due strade intende. Clori Seguo dunque il sentier per cui m’invita Provida Grazia, e col timore al fianco Andrò alle porte dell’eterna vita. Elisa Io per l’altro sentier seguir non manco: La Grazia stessa, e il santo e fido amore Avrò meco per duce al lato manco. Clori Eh, te felice, cui il celeste ardore Degna più rende del favore eterno, E farà colma di maggior splendore. Elisa Te felice non men, cui vero, interno Timor, e sprezzo dei piacer terreni, Fa dell’anima tua saggio governo. Se per tanto timor t’affanni e peni, Dio temi, e nel temer mostri che l’ami, E d’amor degna col timor divieni. Se l’Inferno paventi, e il Ciel tu brami, Senza amor non si brama, onde il tuo cuore Possede di virtù due forti rami. Clori Seguo dunque la via ch’apre il timore, E del mondo fuggendo i rei peripli, Cerco l’asilo in solitario orrore. Elisa Io pur seguo d’amor gl’alti consigli, E in sacra cella a rinserrarmi io volo, Per custodir di puritade i gigli. Clori Le due salme rinchiuda un nido solo, E i spirti nostri per la via partita Drizzino al Ciel felicemente il volo. Elisa Come ora abbiam l’umana spoglia unita, Sian l’alme un dì nella magion beata; Ecco la Grazia, che al salir ci addita Dal timor, dall’amor, la via segnata.
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