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Carlo Goldoni Componimenti poetici IntraText CT - Lettura del testo |
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ANACREONTICA PER NOZZE
Pecorelle mal pasciute, Ritornate al tetto usato, Ché d’aconiti e cicute Solo è pieno il bosco e il prato, E del fonte l’onda placida Divenuta è torba ed acida. Veggo, ahimè! dei fior la schiera Star languendo in grembo al suolo, E ‘l bel fior, che agli altri impera, Fra le spine smorto e solo, E le molli erbette tenere Sparse già di bianca cenere. Alzo gli occhi, e miro in cielo Balenante uscir l’aurora, Poi di nubi alzarsi un velo, Che dell’alba i rai scolora. Miro un sol sì tardo e pallido, Che mi rende in volto squallido. Tristi veggo i pastorelli, Sospirar le ninfe amiche, E le capre e i bianchi agnelli Ricusar le piagge apriche; Odo Progne mesta gemere, E le fere intorno fremere. Chi sa dirmi il comun duolo, La cagion del comun pianto? Ma de’ vati un lungo stuolo Mi risponde in mesto canto: Vien tu pur la cetra a frangere, Vien con noi, pastore, a piangere. Ahi d’Arcadia Elisa onore, S’involò d’Arcadia al seno; Sol d’Elisa il bel fulgore Questo ciel rendea sereno; L’alme luci a noi si tolgono, E le nubi, ahimè, ci avvolgono. Non arresta il piè veloce, Non trattien d’Elisa il cuore La dolente afflitta voce Dell’amante genitore, Né di madre i dolci gemiti, Né di ninfe il pianto, i fremiti. Ahi, ch’Elisa, al Ciel rivolta, Fugge il mondo e scioglie il voto; Sol d’amor le voci ascolta, Ma d’amore al volgo ignoto, E calpesta, ardita ed agile, Il piacer di vita fragile. Dietro l’orme al Ciel dirette Della suora, il suo destino Va a cercar fra le dilette Pecorelle d’Agostino, Ove care a Dio risplendono Le virtù che l’alme accendono. L’avo suo, che al seno porta Militar candida croce, La consiglia, la conforta Coll’esempio e colla voce; E la vergin pura e tenera I consigli abbraccia e venera. Ah, non più, non più, pastori, Ché non è cagion di pianto Il fuggir da folli errori, Quell’amor veloce e santo Consolar dovrebbe Arcadia, Che l’accende e che l’irradia. Deh cessate, amici vati, Per Elisa il pianto insano. Troppo al Ciel vi rende ingrati L’indiscreto amor profano. A gioir, pastori, invitano Le virtù che in lei si additano. Se languiscon l’erbe e i fiori, Se smarrisce il mesto armento, Se i veloci augei canori Han sospeso il lor concento, E se il ciel le nubi velano, Le cagioni in noi si celano. E la colpa, è il rio costume, Che vendetta a noi minaccia; È del ciel l’irato Nume, Che del sol coprìo la faccia, Che prepara i fuochi all’etera Contro l’uom che tristo invetera. Oh felice pastorella! Pastorella avventurata, Che fuggendo in sacra cella Il destin di gente ingrata, Non paventa quello scempio Che sovrasta al cuor dell’empio. Ah che immersi in folli errori, Il suo ben non conoscete. Pregherà per voi, pastori, Quella ninfa che or piangete. Ah che il duol che vi disanima, Faria torto alla bell’anima. Su cantate inni festosi, Pastorelli sconsolati, Agli affetti vittoriosi Che al suo Nume ha consacrati Questa ninfa invidiabile. Su cantate Elisa amabile.
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