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Carlo Goldoni Componimenti poetici IntraText CT - Lettura del testo |
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RISPOSTA DEL DOTTORE CARLO GOLDONI AL CHIARISSIMO SIGNOR ABATE FRUGONI CANZONE
O Frugoni, o delizia Degli uomini e dei Dei, Onor dell’amicizia, Onor de’ carmi miei! Venuto è ad aiutarmi Nel mio presente imbroglio, Venuto è a consolarmi L’amabile tuo foglio. Le prose tue stampate Devi soffrir tu pure, Ché stampansi d’un Vate Ancor le cassature. E se ha a vedere il mondo Stampata la risposta, Dee a quel che ti rispondo Preceder la proposta. E poi (siccome io soglio Parlar con verità), Stampato ho questo foglio Con qualche vanità. Un uom quale tu sei, Un uom del tuo valore, Lodando i studi miei M’innalza e mi fa onore, E in faccia agl’inimici Del nome di Goldoni Opponere gli auspici Mi basta di Frugoni. Dunque il foglio segnato Nel dì ventisettesimo Del mese oltrepassato Del corrente millesimo, Caro mi fu del pari A’ carmi tuoi pregiati, Uniti ai colti e rari Che mi hai tu procurati. Bene a ragion lodasti Il Sanvitale amabile; A ragion lo chiamasti Poeta incomparabile. Qual va, per sangue e fregi, Famoso, in fra gli eroi, Va fra’ Poeti egregi Conto pe’ i carmi suoi. Francia, l’Italia, il mondo Lo venera, l’apprezza; Il Dio canoro e biondo L’onora e l’accarezza. Er’ io presente il giorno (Oh giorno fortunato!), Ch’ei fece a noi ritorno Di nuovi fregi ornato211. E della Parma in riva Di due regnanti i figli Fecero lieti evviva Per esso ai Franchi Gigli. E quei di Scutellari, Egregio Cavaliero, Carmi succosi e rari Fermi giocondo e altero; Ché tai nomi sublimi, In fra le rime molte De’ Vati al mondo primi, Onoran le Raccolte. Ben tu, Frugon, dicesti, Che oggi il Parnaso abbonda Di calabroni infesti All’apollinea fronda. Io che fra questi sono, Veggo, conosco e sento, Non esservi di buono Fra i Vati un tre per cento. Non è lo stil sonoro Quello che il mondo apprezza; Frugon, vale un tesoro La tua naturalezza. Si sa che quando vuoi, Di Pindaro sull’ale, Cantando degli eroi, Tua Musa in alto sale. Ma il tenero argomento Di due felici Sposi Solletica il talento De’ Vati spiritosi. Lo Sposo alto sublime, La Sposa signorile, Godran delle tue rime, Del tuo giocondo stile. De’ Buoncompagni eroi Prole a’ Zuliani unita, Che in mezzo ai pregi suoi Sangue Ottoboni addita, Al mondo è già palese, Noti son già suoi vanti; Or che di Amor si accese, Vuoi piacevoli canti. Chi più di Te, Frugoni, Meglio di Te chi puote In lepide canzoni Formar gioconde note? Non ti avvilisce un pelo L’età; non s’e’ ancor fioco, Mostri nel crine il gelo, Serbi nel seno il foco; E dall’età che vanti Sei così poco oppresso, Che delle nozze i canti Faresti per te stesso. Prova di quel ch’io dico È l’opra che formasti, Pien di quell’estro antico Onde ancor più ti alzasti. Con poesia novella Danze pingesti a segno Ch’è l’opera più bella Del più ferace ingegno212. Il tuo Signor, da cui Parma e Italia si onora, Lodando i carmi tui Li feo più belli ancora. E non chiamar i Vati In general meschini, Da Lui se fur lodati Tuoi versi peregrini. A Te, che viver godi A sì Gran Nume accanto, Di preziose lodi Larga mercede è il vanto. Lascia a me cigno incolto, In questo ed in quel loco, Il faticar di molto E il profittar sì poco; E lascia a me la pena Di udir da varie genti, Sudando per la scena, Le critiche pungenti. Tu desti in me il prorito De’ comici lavori Sul Poeta fallito, Sui vari Seccatori. Due argomenti in fatti Che fare onor mi ponno; Poiché di tai ritratti Ne son quanti si vonno. Del Poeta meschino Ho il prototipo in vista. Io stesso, poverino, Sarò il protagonista. In questo ogni or mi affanno Mestiero manigoldo, E poscia, in capo all’anno. Mi trovo senza un soldo. Scrivo per più d’un loco, Son compatito, è vero, E se guadagno poco, È colpa del mestiero. Un Musico castrato Cinque arie canterà: In quattro è trascurato. In una piacerà. Un’aria che contenta, Gli dà mille zecchini. Io per averne trenta, Convien che mi tapini. Dei Seccatori infesti Ne avrò di vario aspetto, E poi li descrivesti Tu stesso in un sonetto. E contro le Raccolte, Ch’è il peso a noi maggiore, Avrei di cose molte, Ma dirle non ho cuore. Del stil della mia Musa Se contentarsi sogliono, Ne faccio alla rinfusa Dei versi quanti vogliono; E una graziosa dama, E un gentil protettore, Se de’ miei versi han brama, So che mi fanno onore. Nell’occasion presente Di nozze illustri tanto, Chi può villanamente Negare il proprio canto? È ver, mi ha assicurato Talun de’ carmi sui, E poscia mi ha mancato; Ma alfin peggio per lui. Con ciò il livor mi prova Che mi nascose in faccia, Ma se il parlar non giova, Meglio sarà ch’io taccia. Non per me, Vati egregi, Non per me chiesti ho i carmi, Che non ho merti o fregi Bastanti a lusingarmi. Ma per l’Eroe sublime, Ma per la Sposa illustre, Che meritan le rime D’ogni Poeta industre. Egli dal Tebro altero L’Adria a onorar venuto, Merta dal mondo intero Poetico tributo. Ella nell’Adria nata Di sangue illustre tanto, Ella di fregi ornata, Merta de’ Vati il canto. Lo mertan que’ bei lumi, Quel vezzo armonioso, Lo mertano i costumi Dell’amabile Sposo. E la bontà di lei, Congiunta al bel talento, Forma de’ carmi ascrei Bellissimo argomento: Siccome il giovin prode, Che sorte a lei marita, Alla canora lode Ogni bell’alma invita. Non ti pentir, Frugoni, De’ carmi tuoi gentili, Ché scarse occasioni Si trovano simili. Di vaga danzatrice Lodar lo spirto audace Coll’estro tuo felice Lo so che non ti spiace; Per innalzar suoi vanti Non ti pigliar gran pena; Altro vi vuol che canti Per femmina da scena. Queste gioconde rime, Spese per opra tale, Queste, Frugon sublime, Pon renderti immortale. Spiegano in poco il molto Sensi leggiadri e saggi. In brievi stanze ascolto Le lodi ed i presaggi. E ai carmi armoniosi Eco formando anch’io: Vivan felici i Sposi, Li benedica Iddio.
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211 Nel mese di luglio passato (1756) ritornò S. E. il sig. conte Sanvitali da Parigi, insignito da S. M. Cristianissima del Cordon B1ò. 212 Le Feste di Tersicore. Poemi quattro. Parma 1756. |
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