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Carlo Goldoni Componimenti poetici IntraText CT - Lettura del testo |
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LA PRIMA VOLTA CHE L’AUTORE FU RICEVUTO NEL’ACCADEMIA DETTA DEGLI INDUSTRIOSI ERETTA IN CASA DE’ SIGNORI CONTI CATANEO IN VENEZIA CAPITOLO
Saggi cultori dell’aonie Muse, Che mai v’indusse ad albergar fra voi Tal, cui Apollo dai migliori escluse? Quei che ora son, quei che verran dappoi, Qual concetto di voi formar potranno, Se ammettete gli abbietti in fra gli eroi? L’apparenza, cred’io, vi feo l’inganno. Costui (diceste) che d’Arcadia or viene296, Anche fra noi può meritar lo scanno. Noto forse non vi è, che male o bene Canti il Pastor, dall’arcade custode Nome e campagna facilmente ottiene? O voi, che gloria vi mercate e lode, Deh non lasciate nel Liceo nascente Gli oscuri vati penetrar con frode. Di me talora ragionar si sente Come d’uom tal che sa piacere a molti, Ma il Teatro e il Parnaso è differente. Quando i Parer di spettator son folti, L’occhio s’appaga e giudica il talento Di dotti e indotti, geniali e stolti; Né alla superbia trasportar mi sento Per gli applausi felici, né in me scema La fortuna contraria il mio ardimento. Quello è mestier; né vuol ragion ch’io tema, Né che troppo confidi, ed ho fondato Coll’esempio e coll’uso il mio sistema. Ma se deggio di voi sedere allato E farmi degno del divino alloro, Altro vi vuoi che lo mio stile usato. Se la vostra amicizia al mio decoro Pensò, col darmi a queste mura ingresso, Torna in mio danno il nobile lavoro. Ché le macchie minute al sol dappresso Veggonsi meglio, e vagliono i confronti ogni difetto a rilevar più espresso Ma poiché foste in mio favor sì pronti, Per lo zelo d’onor, sia vostro impegno Che il nome mio fra gl’immortai si conti. E ben potete lo mio basso ingegno Alto levar, mostrandomi la via Che voi condusse della gloria al segno. Arte e natura alle bell’opre avvia: Natura meco non mi par matrigna; Dell’arte ho d’uopo, non appresa in pria. L’arte, che in voi con magistero alligna, Esser può falce che dal campo spogli La pertinace sterile gramigna. E qual talora sugli alpestri scogli Saggio cultor, se a faticar si mette, Fa che una pianta o un vago fior germogli; Tal voi, bell’alme alle grand’opre elette, Trar potete da me, col tempo e l’uso, Il più bel fior dell’opere perfette. Ecco la speme, onde l’ardire io scuso Se al fianco vostro di seder non temo, E quel don che mi offrite io non ricuso. E tenterò di penetrar l’estremo Glorioso confin di lauri cinto, E por le labbra al nettare supremo. E chi brama vedermi oppresso e vinto, E ogni arte adopra dall’invidia usata, Mirerò in volto di vergogna tinto. O d’egregi cantor turba onorata, Seguite pur la generosa impresa: Oggi per voi la Musa mia rinata D’onor, di gloria e di speranza è accesa.
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296 L’autore era di ritorno da Roma. |
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