Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Carlo Goldoni Componimenti poetici IntraText CT - Lettura del testo |
|
|
PER LA PROFESSIONE DELL’ILLUSTRISSIMA N. GAUDIO
AL SIGNOR MARCO ASTORI
CAPITOLO
Astori, io sono ognor mortificato, Quando in mente mi vien che l’anno scorso Vi ho promesso de’ versi, e vi ho mancato. Senz’altre scuse, senz’altro discorso, So che ho fallito, e in simile difetto So che parecchie volte sono incorso. Facile a dir di sì (sia per rispetto, O sia per amicizia, o per natura), Di buona voglia e di buon cor prometto; E questo buon voler persiste e dura Costantemente, finché dell’impegno E del bisogno il termine matura. Allor contro di me m’accendo e sdegno, Allor m’accorgo che pesi m’addosso, Molto più che non ho tempo ed ingegno. I dover primi trascurar non posso, Quelli cioè dell’odierno incarco, Che non è lieve pel mio debol dosso. E quando teso lungamente è l’arco, Scoppia la corda, se non si rallenta, E facilmente non ritorna carco. Poi si parla, si strilla, e si argomenta Ch’io manco di dovere e di rispetto, E la mia Patria è di me malcontenta. Per correggere adunque il mio difetto, Per non promettere, e mancar di nuovo, Nulla per l’avvenir, nulla prometto. E se disposto a lavorar mi trovo Per qualche impegno, o per compiacimento. Verran le cose mie dal Mondo Nuovo. Ma che serve cotal cicalamento? Ecco l’altro difetto mio ordinario: Dir cento cose fuor dell’argomento. Or celebrar degg’io l’anniversario, Cioè la Profession d’una donzella Ch’è fatta gemma del divino erario. Di casa Gaudio, mi ricordo, è quella Per cui l’onore mi faceste un giorno Di domandarmi qualche coserella. Perdono, amico, a domandarvi io torno Se non l’ho fatto per la vestizione, Ma questo peso or mi vuò trar d’intorno. E parmi or d’aver maggior ragione Di lodar la fanciulla, or che ha formati Gli eterni voti della Professione. Potea coi versi miei, ne’ dì passati, Confortarla a durar nel buon volere, E i tre nemici non temer sdegnati. Poteva argomentar, farle vedere Che la pace è il maggior d’ogni altro bene Che si possa da noi quaggiù godere. Disvelarle potea con quai catene Allaccia il mando, e qual difficil cosa Sia lo sottrarsi da chi il piè vi tiene. Ma alla donzella, che nel sen riposa Della virtude e del divin consiglio, Non era alcuna veritade ascosa. Meglio ora posso con allegro ciglio Consolarmi con lei, che ha superato Ogni scoglio, ogni brama, ogni periglio. Rallegrarmi poss’io che a quello stato L’ha condotta l’Amor sacro e divino, Che in Cielo e in terra all’alme pure è dato. Quindi aprirmi potrei l’ampio cammino A tesser inni a sua virtù sublime, Al suo merito sommo e peregrino. Potrei cantar quanto di lei si stime L’innocenza assai più della bellezza, Onde il mondo l’esalta in fra le prime; E come ella pospone ogni ricchezza Alla felice povertà del chiostro, Trovando fra gli stenti ogni dolcezza. Donna la potrei dir del secol nostro Ornamento, modello e maraviglia, Scorno del vizio e dell’infernal mostro. All’ingegno disciolta avrei la briglia In altri tempi, e con sì nobil sprone Avrei corso cantando mille miglia. Ma questa, in cui vivo, ampia nazione, Perder l’uso mi ha fatto d’ogni lode E d’ogni metro, in simile occasione. Qui dai poeti accompagnar non s’ode La verginella che si dona al chiostro Colla canzona, col sonetto o l’ode, Anzi si beffan del costume nostro; Dicono che per tali sagrifizi Inutilmente spargesi l’inchiostro; Che s’ella è mossa dai celesti auspizi, D’uopo non ha di suoni né di canti, Ma d’orazioni e di divini uffizi. Detestano, condannano quei pianti Che fingono i poeti delle madri, Dei padri, dei parenti e degli amanti; Condannano, detestano quei quadri Che si fanno del mondo all’innocente Con colori sì vivi e sì leggiadri; Onde la vergin che non sa niente, Sente quel che ha perduto e che ha lasciato, E qualche volta di lasciar si pente. Io non mi sento ancor determinato A dar torto o ragione a questi o a quelli, E lascio il mondo come l’ho trovato. Il capitolo ho letto ai miei fratelli; L’hanno ascoltato digrignando i denti, Li ho tormentati a colpi di martelli. Non parver dei miei versi malcontenti, Ma tutti mormorar contro l’abuso Ch’Italia fa di simili argomenti. E detto m’han che dal consorzio escluso Stato sarei, se avessi mai pensato D’introdurre a Parigi un simil uso. E parmi già di vedervi invogliato Di saper quai fratelli in Francia io vanto, Dove il mio genitor non è mai stato. Ma voi sapete che amicizia tanto Puote, quanto natura, e ch’è più forte Della vera amicizia il nodo santo. Noi siamo nove; a ognun di noi le porte Sono schiuse dell’altro, e i beni e i mali Facciam comuni della nostra sorte. Di radunarci i giorni principali Le domeniche sono, e abbiam per questo Il nome assunto di Domenicali. Ciascun dona ai fratelli un pranzo onesto Nella sua casa, il giorno che gli tocca, Escluso ogni altro per comune arresto. Brilla ne’ pranzi l’allegria non sciocca, La critica discreta e salutare, Schiettezza in core, e veritade in bocca. Io che sapea con chi avea che fare, Quando lor lessi il mio componimento, Cercai l’animo lor di guadagnare. Dissi: Amici e fratelli, anch’io consento Ch’è stucchevole cosa e tristo impegno Formar poemi su tale argomento, Ma talor deesi assoggettir l’ingegno E sforzar la natura e l’intelletto, Quando il soggetto di tal cura è degno. Se conosceste il peregrino oggetto Dei carmi miei, la vergine sublime, Idea miglior vi desterebbe in petto. E certo son che colle vostre rime Eco fareste alla mia Musa umile Per esaltarla sulle aonie cime. Giovine vaga, amabile, gentile, Ricca di beni e ricca di talento, Nata per aver stato signorile: Mossa sol da virtù, da sentimento D’umiltà, d’onestà, di penitenza, A passar i suoi giorni in un convento, Merita aver da voi la preferenza, Merta che una nazion così cortese Prendasi, in grazia sua, simil licenza. Risvegliandosi allora il brio francese, Viva, dice ciascun, viva il suo zelo; Viva l’amor che la donzella accese. Ma compor versi? Ci difenda il Cielo.
|
Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License |