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Anton Giulio Barrili Capitan Dodero IntraText CT - Lettura del testo |
VII.
Eravamo rimasti tutti tre muti, e nessuno di noi sapeva che dire, allorquando saltò fuori un quarto interlocutore, precorso da uno strepito grande e da strilli di femmine impaurite.
Rugiada del mattino, al vederlo entrare e saltarmi addosso, diè un grido di spavento e balzò dal lettuccio; ma si riebbe tosto, poichè vide com'egli non che mostrarmi i denti, mi faceva le capriuole dattorno per giungere a lambirmi la barba, e mi mugolava le più tenere cose del mondo.
Povero Apollo! Me lo avevano tolto i cortigiani di Urutucte, innanzi di mandarmi in gattabuia, ed io quasi non volevo dirlo a me stesso, ma temevo forte non me lo avessero conciato in salsa, all'usanza cinese. Fortuna che non ci avevano pensato ed egli, cogliendo il momento che non badavano a lui, s'era emancipato, per venire a fiutare le mie pedate fino alle stanze della principessa.
— Ho l'onore, — disse Labsolu, che voleva proprio essere un mastro di cerimonie — di presentare alla mia graziosa principessa un animale domestico delle nostre contrade, e il vero amico dell'uomo... quand il ne le mange pas. Alcuni popoli lo chiamano chien, altri dog, altri hund, altri perro; insomma ha una gran varietà di nomi, ai quali egli non contrappone di suo che un bau, adoperato con svariate inflessioni e gradazioni di pronunzia, a significare ogni suo pensiero, ogni suo bisogno. Potete accarezzarlo; esso è più respecteux di que' vostri uccellacci verdi e rossi che tentano sempre di beccarmi le dita, e mi gridano «tucrà» appena mi scorgono da lunge. —
Mi pare di avervi già raccontato che nella lingua di Ocuenacati tucrà vuol dire imbecille.
La principessa rimaneva tuttavia un po' dubitosa, non osando stendere liberamente la sua manina al cane, che andava scorrendo e fiutando in mezzo a noi tre.
— Egli è — dissi allora io — l'unico amico rimasto a Caila Lapi, innanzi che conoscesse Labsolu e s'avesse a protettrice la bella Rugiada del mattino. Suvvia, Apollo, venite qua; ritto! e salutate la signora. —
Il barbone, con quella pronta obbedienza e con quell'acume d'intelletto che sono le doti de' suoi pari, e non sempre dell'uomo, si rizzò sulle lacche, e stette duro come un dio Termine, col muso e gli occhioni voltati verso Rugiada del mattino. Ella, imitando i miei atti, lo accarezzò, e quel fortunato gaudente potè baciarle la mano.
Si ha ben ragione, quando taluno vi guadagna il punto innanzi in checchessia, a dirgli cane! Ciò che una bella ritrosa diniega, o fa sospirare, al povero mortale innamorato, il cane l'ottiene di primo acchito. Noi comunemente gli gettiamo sotto la tavola i rilievi del pranzo, ossa spolpate da rodere; ma il cane assapora innanzi di noi le dolci primizie della carne. Io ho veduto un giorno il ritratto di una gran dama di due secoli fa. Che viso, Dio santo, e che mano! quanti cavalieri, pensavo, tra me, quanti cavalieri, coetanei di quella bellissima dama, non avranno sospirato, e sempre vanamente, la grazia profumata di baciarle almeno il sommo delle dita! Ed essa, la gran dama, s'era fatta dipingere con un veltro, che la baciava lui, quella mano stupenda!
Da quel giorno e da quell'ora la fortuna di Apollo fu fatta. Egli passò dalla mia potestà a quella di Rugiada del mattino, accarezzato da lei, rispettato, venerato da ognuno, e se non fu nutrito a zuccherini, dovette darne cagione al paese, che non avea pur sentore di cosiffatte dolcezze.
A proposito di cibo, io credo che il briccone avesse il giorno innanzi venduta la sua timorata coscienza europea per le costumanze dell'isola. E mi pareva satollo e svogliato come un padre guardiano, e certo quell'ariona beata non gliel'avevano potuta conferire i frutti del cocco od altra maniera di pasto vegetale. Ma non mi venne fatto cavargli nulla di bocca; il muso e' l'aveva pulito ed asciutto, e l'orribile arcano, se c'era, se n'è disceso con esso lui nella tomba.
Mezz'ora dopo, io presi commiato dalla principessa; chè per una prima visita si era stati oltre il debito, e me ne andai col mio Mentore, ambedue pregati a tornare il giorno seguente. Intanto, per non avere a perder tempo, mi messi allo studio della lingua, e il maestro non patentato di ocuanacatese mi diè subito da imparare una filza di vocaboli attinenti agli usi più comuni e ai primi bisogni della vita.
Io dovevo badare a far lunga strada in brev'ora, chè la necessità del farmi capire era ridossata dal desiderio di piacere.
A chi? Già lo avete inteso; a lei, alla divina Rugiada del mattino. Ero innamorato, amici miei, innamorato cotto. Qui, ne' nostri paesi, avevo già provate le prime trafitture di quel brutto male; ma la donna che me le aveva accoccate, pensava a me come a quell'arnese domestico su cui piantava le spille; vo' dire che se ne ricordava soltanto quando c'era da trafiggermi, e fatto il colpo le pareva ch'io dovessi starmene contento e non chiedere più altro. La principessa di Ocuenacati doveva riuscirmi crudele del pari? Io non lo chiesi, o, a dire più veramente, non ebbi tempo a chiederlo; pigliai la botta innanzi di vedere il pericolo.
— Pas des betites, mon garçon! — mi disse Labsolu rovistando nelle tasche della sua giubba a coda di rondine, per cercare un fazzoletto che non c'era più da diciott'anni. — Qui ci vuole giudizio, e del migliore che abbiate. Io vedrò volentieri che la mia scolara non sposi un selvaggio, il quale mi mandi a male il tesoro che ho formato con tanta fatica. Ma badate, c'è Tururù, il feroce Tururù (vi dirò en passant che Tururù vuol dire Grand'orecchi) il quale, come primo ministro del re e primo personaggio di Ocuenacati dopo il sovrano, s'è fitto in capo di averla egli in isposa, e non guarderà tanto pel sottile a farvi freddare. Poichè siete in vita e la principessa penserà a tirar le cose in lungo, egli vi bisognerà mettere tutto il vostro ingegno ad entrare nelle buone grazie del re, e rendervi necessario a lui con qualche art d'agrement. —
— Io?
— Si, voi, Voyons, que savez-vous faire?
— Ma... io... che v'ho a dire? Conosco la geometria, l'algebra, l'estrazione delle radici...
— Comment?.. des racines? Seriez-vous horticulteur?
— No, parlo delle radici quadrate e delle cubiche.
— Ah, ah, je vois... ou plutôt je ne vois pas a che cosa possano tornarvi utili questi negozi. E altro?
— Ho fatto il corso classico alle scuole; ho studiato il De viris illustribus e facevo anche dei distici latini non troppo fallati ma ora non farei a fidanza colla memoria, poichè è già passato molto tempo. Se avessi una Regia Parnassi, per le lunghe e le brevi... chi sa?
— Sta bene, ma qui i librai non ne tengono! — rispose Labsolu, che stava da buon francese alla celia. — Pensiamo ad altro. Se sapeste ballare... io sono già vecchio, e potreste surrogarmi; che ne dite?
— Vi confesso candidamente che non ho mai potuto imparare una monferrina.
— Diable! andiamo di male in peggio.
— Ah, sentite! Ci ho i miei strumenti di navigazione, che ho dovuto lasciare sulla spiaggia, una bussola, un sestante, un compasso e una carta nautica... Si potrebbe andarli a raccattare, e poi...
— E poi non servirebbero a nulla. Che volete si intenda e si diletti Urutucte delle vostre carabattole? Con siffatti amminiccoli potreste aspirare al comando dell'armata, se ce ne fosse una. Le cinquanta piroghe del possente Rumore del tuono non hanno mestieri di bussola, poichè non fanno viaggi più in la dalle isole vicine, colle quali s'è in guerra continua. Insomma egli non c'è da far nulla. Andremo, se così vi piace, a raccattare i vostri arnesi sulla spiaggia, ma non pensate che v'abbiano a giovare con questi barbari.
— Sia, pure — risposi a Labsolu. — Rileverò con essi la posizione dell'isola, per supplire al difetto delle nostre carte europee, sulle quali questo benedetto arcipelago non è pure segnato. —
Benedetto arcipelago! Dissi proprio benedetto; imperocchè le pupille d'indaco della principessa di Ocuenacati m'avevano stregato, e a chi m'avesse chiesto s'io volessi essere al mio paese, io vi giuro sull'onor mio, che, con tutte le dolorose memorie dei giorni innanzi, col pericolo della vita, col timore di non poter più mai scapolarmela di laggiù avrei risposto un bel no. Che cos'è l'amore, quando non ha i peli bianchi nella barba!
Da quel giorno fui sempre in faccende. Passavo le mie giornate ai fianchi di Labsolu, buona pasta di uomo, malgré ses blagues; andavo a far quotidianamente le mie genuflessioni al possente Urutucte, e, Dio mi perdoni, mi dinoccolavo in profondi inchini al brutto ceffo di Tururù, il quale se li pigliava per buona moneta.
La Corte andava quasi ogni giorno a caccia, su per la montagna, o alla pesca, lunghesso le spiaggie dell'isola, dove il pesce era in grande abbondanza. A questo ultimo passatempo io chiesi ed ottenni di partecipare; nè la mia intromissione fu inutile, dappoichè i selvaggi pescavano colle lenze, e mercè mia impararono a gettare il tramaglio, da me fatto con quello stesso lino setoso di cui erano tessute le loro sciarpe, e dimostrato di gran lunga superiore ai loro semplici ordigni, pel gran numero di pesci, che si giunse a pigliare col metodo nuovo.
— Voilà qui est bien! — gridava ammirato Labsolu. Proseguite a incivilire questi barbari; rendetevi necessario, e il colpo è fatto. Oh se io avessi avuto qui gli ingredienti della mia famosa manteca, allorquando il destino mi sbalestrò su queste spiaggie di cannibali, a quest'ora Ocuenacati sarebbe una seconda Parigi, et moi, j'en serais le Maire, ou mieux encore!
— Consolatevi! Siete stato il marito della regina madre...
— Ah, sì, marito de la main gauche! La graziosa Nube del tramonto era la più bizzarra donna del mondo; fantasque, volontaire, jalouse... mais jalouse comme une nègresse. Figuratevi che un giorno essa mi voleva cavar gli occhi con una zagaglia perchè non avessi ad accorgermi della bellezza delle sue dame di corte. Car, il parait que je m'étais oublié à en regarder une trois minutes de trop.
— E la dama, dal canto suo...
— Ah, pauvre femme, c'est qu'elle avait des yeux elle aussi; — mi rispose Labsolu, colla sua vanagloria consueta.
— La principessa Rugiada del mattino, — soggiunsi io — non somiglierà certamente a sua madre.
— Rugiada del mattino è un angelo in gonnella.... c'est à dire, lo sarebbe, se avesse la gonnella. Mais il ne faut pas s'y fier non plus, poichè tutte le donne si rassomigliano, quando si tratta di noi, e la più dolce colomba vi mette fuori tanto d'unghioni. —
Io mi ricordai in quel punto della curiosità di Rugiada del mattino, appena ella mi aveva udito parlare delle belle donne dell'isola, e senza figurarmela colle unghie affilate come la dipingeva Labsolu, immaginai che la dovesse esser gelosa come tutte le sue sorelle dei due emisferi.
Ma egli non era della gelosia della principessa che io dovevo darmi pensiero; anzitutto, mi amava ella?