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Anton Giulio Barrili
Uomini e bestie: racconti d'estate

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  • I DUE RAMARRI.
    • II.
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II.

 

- C'è poco da ridere, o signori; - incominciò il poeta; - c'è piuttosto da sospirare. Concedano gli Iddii immortali che giungiate tutti ad una tardissima vecchiaia; ma rifarvi giovani come allora, e come queste belle dame che mi ascoltano, non potrebbero neanche gli Iddii. Ero giovane, adunque, e innamorato, se non vi dispiace. Giovinezza e amore sono due belle cose e stanno bene insieme, come la primavera ed il fiore. Madonna, poi, era bella....

- Se non vi dispiace; - interruppe a mezza voce il deputato.

- Oh, non farò di queste restrizioni, non dubitate; - ripigliò tosto il narratore. - In certe materie il vero accordo tra gli uomini è quello di non andare d'accordo. Madonna piaceva tanto a me, che sarei stato il più felice degli uomini se non fosse piaciuta a nessuno. Ma io desideravo, pur troppo, una cosa impossibile, poichè ella era una bellezza stupenda: alta e di forme aggraziate, bianca rosata di carnagione, con due occhi turchini, le labbra vermiglie, i capegli d'oro filato, a farvela breve, una divinità antica. Fu una colonia greca, quella che popolò il territorio di Massa? Certo, la donna amata da me era un miracolo di greca bellezza, e meritava di essere effigiata nel marmo di quei monti, che guardavano la sua villa dai soffi della tramontana.-

Inutile il dirvi ora per quali ragioni io fossi tanto di frequente a Massa Ducale. Mettete pure che io mi fossi impegnato a scrivere una dotta memoria sopra Alborico Malaspina, o che volessi sapere la verità vera intorno alle gelose vendette di Veronica Cybo. Si va in un luogo con un primo perchè; presto ce ne son due per ritornarci; a breve andare tre o quattro, confortati da altrettanti pretesti, per diventar di casa e piantar radici senz'altro. Massa Ducale non ha solamente un prefetto e un circolo di Assise, ma tesori archeologici ed artistici di prim'ordine; il suo palazzo Cybo, con due ordini di loggiati nell'interno, è veramente maraviglioso, anche per chi abbia veduti i più sontuosi edifizi di Roma e di Genova; tutti gli altri palazzi minori, elegantemente graffiti, che hanno fruttato alla gentile città il suo nome di "Massa pinta" son degni di attenzione e di studio, come bei saggi dell'arte del Risorgimento; infine, che dirvi di più? la sua piazza degli Aranci è una cosa unica al mondo. Massa Ducale, città di puri contorni, lieta di profumi, di colori e di sole, chi non ti ha veduta, vive nella ignoranza di una cosa bella; chi ti ha veduta, e non ti ama, merita di andar relegato.... a Montignoso.

La villa Madonna (permettete ch'io dica Madonna, all'antica, non pronunziando il suo nome) sorgeva sul pendìo della verde costiera, alle spalle della città e del castello di Alborico Malaspina. Così com'era, con le sue alte mura di sostegno, i suoi colonnati e le sue decorazioni superbe, pareva un avanzo di villa del magnifico Cinquecento; ma forse non era che un bel principio, rimasto non finito, per la morte del suo fondatore. Col signorile della fronte contrastava il rustico dei lati e l'interrotto delle logge, che nella mente del proprietario e nei disegni dell'architetto dovevano correrle intorno. Accanto al palazzo di quattro piani, ornato di una facciata a buon fresco nello stile severo del Mantegna, sorgeva da un lato la cappella; ma dall'altro, dopo un piccolo cavalcavia, sormontato da un terrazzo, si dilungavano alcuni campi in colle, sostenuti ancora da muri a secco. Infatti, la verde costiera si alzava proprio alle spalle del palazzo, donde la divideva una fossa profonda e stretta, e di risaliva fino alla gola della Tambura, della fosca Tambura, il cui nome rumoroso accenna forse al baturlo del tuono, che scende di lassù, in tutti i temporali di Massa. Credo di avervi descritto abbastanza il luogo; ma, perchè s'intenda meglio ciò che debbo raccontarvi, dirò ancora che al pianterreno del palazzo era il vestibolo, con la cucina, i suoi annessi e connessi, e finalmente la cappella: che al primo piano erano le sale di ricevimento, la sala da pranzo, e finalmente un salottino da lavoro, donde per una porta finestra si riusciva sul cavalcavia, fatto a terrazzo e sormontato da una fitta pergola di rose Bancsie. Il campo in colle, che si stendeva di dal terrazzo e sul suo medesimo piano, si chiamava, con nome antico, il giardino; ma in verità non era neanche più un orto. Incolto, insalvatichito, poggiava sopra un grosso muro di fabbrica, coronato da un lungo parapetto; ma il campo superiore non era sostenuto che da un muro a secco, rigonfiato dalle pioggie, e in più punti della sua lunghezza minacciante rovina.

- Peccato! - Mi avvenne di dire una volta. - Peccato non rifarne un giardino davvero!

- Perchè? - mi rispose il padron di casa. - Il giardino c'è già, qui sotto, all'entrata della villa,

- Sì, ma che succede? Che di giù si passa per entrare e per uscire, ma non ci si trattiene quasi mai. Ora, poichè la vita della famiglia e le consuetudini della ospitalità si concentrano in questo piano, un giardino potrebbe esser fatto qui, e tornar molto più utile, come quello che sarebbe visitato più spesso. In fondo, non ha già il nome con ? E questo, ohe cosa significa, se non che in altri tempi lo era già stato? Vedete, caro amico, che sarebbe proprio a due passi dal salottino dove lavorano le signore. È una striscia di terreno, mi direte; ma è abbastanza larga, per contenere due belle aiuole di fiori; inoltre, è così lunga, che riescirebbe una stupenda passeggiata per le ore calde del giorno.-

Il mio ospite ascoltava sorridendo, come si ascoltano per cortesia tanti vani discorsi di tavola; poi ci dormiva su. Dormiva sempre un'oretta, dopo aver pranzato; e in quell'oretta, rispettando il silenzio dell'anticamera, silenzio non interrotto che da una ritmica vibrazione di mantici (scusate il particolare poco poetico, pensando che siamo tutti mortali e soggetti alle infermità della creta), in quell'oretta, dico, Madonna esciva sul terrazzino a respirare i profumi delle rose, mentre le due cognate, due vecchie zitellone miopi e senza pretese, andavano e ritornavano dal salottino al cavalcavia, facendo qualche cosuccia e prendendo una parte molto discreta alla conversazione. Io passeggiavo, frattanto, ammiravo le rose ond'eravamo circondati e la prospettiva della valle che si apriva davanti a noi; qualche volta, rientrando nel salottino, contemplavo alcuni vecchi ritratti di dame della famiglia; più spesso guardavo una giovane figura originale, che spiccava, alta, bionda e rosata sul verde. S'intende che tutto questo viavai, consentito dalla intimità delle abitudini e ristretto ad uno spazio di pochi metri, non era senza fermate, sopra tutto senza chiacchiere. Madonna rispondeva volentieri, se i discorsi erano tali da interessarci tutti; altrimenti li lasciava cadere senza misericordia. Madonna era fatta così: le frivolezze gli piacevano poco, i complimenti meno ancora, le galanterie niente affatto. Quante volte, per conformarmi a quel suo temperamento singolare, e sebbene si restasse lungamente soli, quante volte non mi è avvenuto d'intrattenerla con ragionamenti di economia politica e perfino di diritto amministrativo, con deliberazioni di Consiglio provinciale e discussioni di Comizio agrario! Ero almeno sicuro di non darle noia, di sentirmi rispondere frasi intiere e un pochettino più vive. Si trattava ordinariamente di semplici domande, o di osservazioni giudiziose sulle cose esposte dal vostro umilissimo servo; ma gli occhi accompagnavano le parole con un mite raggio di luce azzurra; le labbra davano a quelle parole il colore vermiglio delle rose e come una tiepida fragranza di maggio; perciò il discorso non mi pareva freddo, e guardavo quegli occhi, e bevevo tacitamente non so quali emanazioni di luce e d'armonia, non senza il commento di un profondo sospiro. Lei allora chinava gli occhi e taceva; di rado, quando al sospiro ardivo sostituire una frase nulla nulla più calda delle solite, mormorava arrossendo: "Che matto!" Era molto, sapete; era per me il colmo delle beatitudini. Ma perchè non avevo sempre occasione di escire in quelle frasi più calde, e perchè spesso erano presenti le cognate, miopi sì, ma non sorde, e i discorsi volgevano allora sulla qualità del refe, sul color delle lane, sulla finezza degli aghi e su altre cose di eguale importanza, io solevo anche levarmi di , far due giri sul cavalcavia e andare a far le volte del leone sulla mia striscia di terra.

A poco a poco, quella passeggiata solitaria divenne una vera abitudine. Già, avevo preso quella di andar tutte le sante mattine a prendere il fresco. Era anche il luogo donde, senza averne l'aria, potevo spiare la discesa di Madonna dalle sue stanze del secondo piano, ovvero del terzo, se vi piace di contare anche il terreno. La prima sua visita, naturalmente era per il salottino da lavoro; di non era meno naturale che uscisse sul terrazzino, a vedere la gloriosa fioritura delle rose Bancsie; ed io, venendo su per la striscia un po' curva del così detto giardino, o un momento prima, o un momento dopo, vedevo la sua capigliatura bionda, illuminata dai raggi del sole, che fiammeggiava allora sulla bianca merlata della rocca di Alberico. Inutile il dirvi che accorrevo sollecito verso di lei, che ci davamo il buon giorno e che una stretta di mano suggellava l'augurio. Madonna rimaneva ancora un pochino davanti al parapetto, guardando verso la valle, ed anche se il cielo minacciava burrasca, verso le nere gole della Tambura. Io qualche volta mi arrisicavo ad offrirle un mazzetto di fiori salvatici, raccolti sulla collina, e che erano detti allegramente i fiori del mio giardino, quantunque il mio giardino non ne producesse neanche di quelli. Poi giungevano le cognate, e si facevano altre poche ciarle sul più e sul meno; finalmente capitava il padrone di casa, il mio ospite magro e segaligno, coi suoi eterni occhiali d'oro sul naso.

- Che fa il nostro filosofo peripatetico? - domandava egli immancabilmente.

- Ah, buon giorno! Son qui che medito.-

E tutti i giorni, bisogna dirlo ad onor mio, trovavo nuove ragioni di meditare.

Così passarono settimane che tanti anni dopo osai credere noiose, mentre furono le più belle, forse le sole belle, della mia giovinezza. Un sorriso, una stretta di mano, poche parole, dette a fior di labbro, sotto il pergolato delle rose Bancsie; che cosa si domanda più, se tutto ciò avviene tra due anime che s'intendono? Ma le noie inseparabili da quei lieti momenti, le cognate, gli occhiali d'oro.... Ahimè! Non è tutto bello, non è tutto eccellente, nel libro dell'esistenza. Per giungere ai bei passi, bisogna leggere molte pagine noiose; almeno almeno tutte quelle che non è dato saltare.

Settimane belle, ma niente più di settimane staccate, purtroppo! Perché, come vi sarà facile immaginare, io non potevo restarmene sempre a Massa Ducale, a Massa pinta, a Massa fiorita, fragrante, paradisiaca. Le necessità della vita mi richiamavano spesso ed imperiosamente a Pisa, dove ogni mattina la campana dell'università, nel quarto d'ora così molesto agli abitanti del Lungarno di destra, suonava anche per me. Quante infedeltà gli ho fatte, a quella povera campana della scienza, per correre al campanello della stagione! Torre del Lago, Viareggio, Pietrasanta, Serravezza, Massa! Signori, chi scende? Restassero pur tutti; scendevo io, e prima che venissero i frenatori a girar la maniglia, avevo aperto io lo sportello, col manico del bastone fatto ad uncino. Che amore per gli studi archeologici! L'autore della Tavola Peutingeriana non se lo immaginava mica, che mille novecento anni dopo di lui un cuore avrebbe dovuto battere così forte per la stazione di Taberna frigida! E neanche il buon prete Salvioni, a cui auguro cent'anni di vita, s'immagina adesso che il suo modesto e dotto libriccino sulle chiese di Massa sia stato letto con tanta diligenza, per dare ad un erudito di seconda mano la infarinatura necessaria.

L'ospite non mi concedeva tuttavia il nome di archeologo; sotto altro aspetto gli apparivo io; sotto l'aspetto di filosofo, per quelle mie eterne passeggiate di dal terrazzino.

- Ah, ecco qua il nostro peripatetico! - gridava egli, stendendomi la mano. - Avete fatto bene a venire da noi a portarci un pochino di buon umore. C'è tanta noia, in questa valle del Frigido!-

Ci s'annoiava, lui, capite? ci s'annoiava. Ah, come è vero il detto del filosofo, che gli uomini passano accanto alla loro felicità senza conoscerla! Ed egli non ci passava soltanto; ci stava da mattina a sera, da sera a mattina! Povera valle del Frigido! Ci sarei vissuto io ben volentieri, in quell'angolo di mondo. Conoscevo la felicità, che era fatta per me; non avrei conosciuta altrimenti la noia.

Intanto, riprendevo per una settimana le mie passeggiate, fingendo di studiar problemi storici, ma sopra tutto almanaccando e sperando. Che cosa speravo? Che mi fosse dato di aprir l'animo mio, anzi il mio cuore, a Madonna; che ella mi ascoltasse pietosa, e mi dicesse pure: "Sì, t'amo, ma vattene!" Certo dell'amor suo, sarei andato in capo al mondo, a nascondere il mio dolore e la mia gloria.

Sono sinceri questi patti, che l'uomo innamorato è così facile a immaginare e a proporre? Certo essi scaturiscono dall'intima vena del cuore; ma chi ci vede, dentro? Le acque sotterranee passano per tanti strati, così diversi di composizione e di temperatura, che tutto è possibile allo sgorgo della fontana, anche uno zampillo d'acqua fresca e purissima.

Aspettando il momento, ragionavo qualche volta sul mio medesimo desiderio. - "Non saresti tu in errore? Ciò che aspetti di sapere da lei, non ti è forse già noto? Che tu la vedi volentieri, troppo volentieri, glielo dice abbastanza questo spesseggiar di visite alla patria del cardinale Alderano. Che ella veda volentieri te, non te lo dice abbastanza il sorriso che illumina il suo volto, quando tu giungi, lontano parente, alla sua cara presenza? Bada, amico, non chieder altro; conténtati di un: "che matto!" mormorato dalle sue labbra divine, e non turbare, con le tue curiosità feroci, la pace serena del suo spirito."-

E un certo senso di precoce esperienza aggiungeva: - "Non andare più in , se quella donna ti è cara. Il meglio del fiore è la vista o il profumo; il meglio dell'amore è il primo turbamento che non si spiega, la tenera sollecitudine a cui non si ancora un nome, la galanteria dei principii, che si ama confondere coi doveri della conversazione, e che fa passare sotto quella vecchia bandiera tanto contrabbando di speranze da una parte e di promesse dall'altra. Speranze, promesse: ecco il fior dell'amore."-

Andate a pensare queste cose proprio a dieci passi di distanza della donna che amate, e poi figuratevi un prigioniero che canta la libertà, stando con gli occhi rivolti alle sbarre del carcere. Il prigioniero misura a brevi passi i metri della sua celletta; io misuravo a passi più lunghi i trenta metri della mia fruttaglia incolta, di dal terrazzino che sapete.

- "C'è uomo più disgraziato di me, sotto le apparenze della fortuna? Vengo a mia posta; sono accolto benissimo, ma come sarebbe accolto ogni altro mortale. Lei buona, cortese, amabile con tutti, è come una santa nella sua nicchia, che sorrida a quanti le s'inchinano in chiesa, e un giorno dell'anno, se occorre, tirata fuori di chiesa e portata in processione per le vie, sorride egualmente al popolo e al comune. E Madonna non sente che inferno è la vita per me? Non sente che limbo è per lei? Tranquilla, serena, passa il suo tempo accanto a quel vecchio dalla parrucca rossiccia e dagli occhiali d'oro, come se fosse accanto ad Un Apollo. E lo sarà stato anche lui, un Apollo; non dico di no; ma quando egli era giovane e forse anche bello, Madonna non era ancora nata. Ed ora, che si fa? Si dice male dell'ospite, nell'atto di calpestare la sua terra? Sicuro, la sua terra che egli non ama, e di cui non si cura. Vedete qua; il campo più vicino alla casa, è trascurato come.... come tutto il rimanente. Io qui ci farei tanto volentieri un giardino, con la sua bella piantata d'aranci, o di limoni, che corresse di qua fino in fondo."-

Così pensando, mi ero fermato a guardare il muro a secco, che sosteneva il campo di sopra. Due occhietti vivi ammiccavano da una pietra sporgente. Il luccichio di quelli occhi mi attrasse, e guardai. Miracolo della moltiplicazione! gli occhi non erano più due, ma quattro, e due erano invece le teste, graziose, mobilissime, d'un bel verde giallo, con due gole di color canerino, che si dilatavano e si stringevano alternamente, secondando il respiro.

Erano due ramarri, come voi già avrete indovinato. Io stavo immobile, quattro passi discosto; ed essi, appaiati in tranquilla postura sul margine della pietra uscente di squadra, mi guardavano fissamente, muovendo la bocca ed ansando alla guisa dei cagnolini.

A tutta prima mi parve strana quella sicurezza in così sospettose bestiole. Ma pensandoci meglio, mi capacitai della cosa; quei due ramarri, che io vedevo allora per la prima volta, avevano il loro covo nella macìa, e certamente erano stati ad occhieggiarmi un centinaio di volte, lontano e vicino, intento alle mie meditazioni, dalle quali non mi distoglieva punto il guardare sbadatamente qua e . Ero dunque una vecchia conoscenza, per quei due giovani e felici amanti, dell'ordine dei saurii.

- Dafni e Cloe, miei piccoli amici! - esclamai. - Ho tanto piacere di vedervi. Non siete dunque come gli altri ramarri, fratelli vostri, che fuggono così rapidamente all'appressarsi dell'uomo? Voi dunque avete fiducia in questo bipede implume, in questo didelfo monoginio, che gli animali delle specie così dette inferiori debbono avere classificato tra le bestie feroci? Ciò è bello da parte vostra, e mi esalta nella mia propria considerazione. È anche bello questo amarvi che fate. Ah, ramarri miei dolci, beati voi che ve ne state a soleggiarvi sull'uscio di casa, l'uno al fianco dell'altro, innamorati e felici. Uno di voi sicuramente appartiene al sesso gentile, e l'altro,... non porta parrucca occhiali. Del resto, non sareste voi certamente che rimarreste uniti, seccandovi, come succede a noi, bestie privilegiate di ragione, armate di leggi, decorate di consuetudini, letificate di sbadigli. Giovani e belli, verdi di spoglie e di speranze, iridati d'amore, sciogliete il gran problema della vita col metodo più spiccio, che è quello di non averne nessuno. Serbatevi fedeli a questa norma sicura, custodite in cuor vostro questi nobili sentimenti, mantenetevi saldi in questa invidiabile condizione di ramarri. Essa è filosofica in grado superlativo, e voi sapete, o noi sappiamo per voi, che nella massima filosofia risiede la massima felicità.-

Mandato dal profondo dell'anima questo saluto ai due saurii, mi allontanai, proseguendo la mia strada. Tre o quattro passi più in mi rivolsi indietro a guardare. Essi erano sempre immobili sul margine della pietra, con le testine erette e rivolte dalla mia parte. Brillavano gli occhietti arguti, guardandomi; le nitide gole palpitavano verso di me, dando ritmici lampi di giallo tenero, che mi penetrarono il cuore di soavissimi sensi.

 

 

 




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