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Anton Giulio Barrili
Uomini e bestie: racconti d'estate

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  • I DUE RAMARRI.
    • V.
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V.

 

Venuto a questo punto della sua narrazione, il poeta sospirò e tacque. Anch'egli aveva dato il suo guizzo, come la lucerna che si spenge.

- Finito? - domandò l'avvocato.

- Finito; - rispose il poeta.

- Così? - entrò a dire la signora Elisa, la bellissima bruna dalle labbra vermiglie.

- Così, signora mia. Con due morti. Che cosa si domanda di più?

- Due ramarri. Gran che!

- Capisco, signora, è una cosa da nulla. Ma io volevo raccontare per l'appunto la storia di due ramarri, e non la mia, che è semplicemente un contorno.

- Eh via, questo è uno scherzo; - gridò la signora Elisa. - E se noi volessimo il rimanente della vostra?

- Signora, mi duole, non potrei contentare questa nobile udienza.

- Perché?

- Perché la mia storia rimase interrotta.

- A quel punto?

- Come ho avuto l'onore di dirvi.

- Strano! - esclamò la signora Elisa, - E non avete più riveduta la dama?

- No, e neanche ho cercato di rivederla.

- Ed eravate parenti!

- Alla lontana, per verità. La mia nonna materna era cugina d'un prozio di lei, o qualche cosa di simile. Queste parentele, quando fanno comodo, si tirano in mezzo; poi, quando non servono più, si rallentano.

- Capisco; - disse la signora. - Ma l'amore.... si rallenta anche quello?

- Ahimè, signora! Come dirvi queste cose? Non vorrei parervi un filosofo moderno, un positivista, un materialista, e che so io; ma il fatto è che molte cose non nascono per vivere. Osservate, per esempio, quante nuove esistenze si affacciano ogni giorno alla luce allegra del sole, e la più parte destinate a sparire, senz'aver compiuto il loro corso di speranze, d'inganni, di ebbrezze. Così è degli amori, pur troppo! Nascono forti e rubicondi, coi capegli d'oro, il sorriso sulle labbra, le ali agli omeri, la faretra ad armacollo e l'arco nel pugno; spiegano il volo, aggiustano la mira, scoccano la freccia, e poi, che è che non è?, si dileguano. Dove sono andati a battere? È inutile cercarlo; il mondo è vasto e lo spazio infinito. Volete, signora mia, una immagine più volgare? Il ciambellaio....

- No, ve ne prego, niente di volgare! - gridò la signora. - Preferisco l'immagine classica, quantunque non mi spieghi nulla. E non avete neanche sofferto? Questo sarebbe più brutto, ve ne avverto, più brutto del paragone con le ciambelle.

- Ho sofferto, sì; - rispose il poeta. - Fui sulle prime per dare un tuffo nello scimunito, e per un pezzo ancora credetti che il cuore mi fosse diventato di sughero. Poi, a poco a poco, mi sono calmato, ho ricuperato il mio senno.... almeno quel poco! e il mio cuore....

- È ridiventato di gomma elastica! - suggerì il colonnello, ridendo.

- Che vuoi? - disse il poeta, inchinandosi. - Dio misura il freddo all'agnello tosato.

- Povero agnello, che se ne andava a Massa Ducale travestito da lupo! - osservò il naturalista.

- Professore! Tu sei crudele, ora.

- Ah, sì! Vorresti darci ad intendere che soffri ancora? Il mondo vi conosce, o poeti: facili a sentire, e felici di rendere in descrizioni e racconti le vostre sensazioni più dolorose.

- Che c'è di strano? Sentiamo come voi; ma, poichè facciamo professione di esprimere gioie e dolori, amori, odii, ed ogni altro stato dell'anima, è naturale che avvenga entro di noi il fenomeno della azione riflessa. Non è anzi questa una delle particolarità che distinguono la coscienza dell'uomo da quella degli altri animali?

- A proposito di animali, - entrò a dir la signora, - diamo un pensiero a quei due poveri ramarri, sepolti vivi per opera del tiranno, ma anche un poco per colpa vostra.

- Che cosa vi dicevo io, fin da principio?- replicò il poeta. - Essi portarono la pena delle mie debolezze, pagarono il fio della loro dimestichezza con me. Amate l'uomo, o ramarri; mescolatevi alle sue passioni; ecco quello che potrà capitarvi. E il cane! Il cane, che ci ama tanto anche lui, e che noi destiniamo alle nostre esperienze fisiologiche! Domandatene al naturalista, che potrà parlarvene ex professo. Magendie, il gran Magendie, ne ha uccisi quattromila per dimostrare gli uffici di un certo paio di nervi, e poi altri quattromila per convincersi di aver osservato male.

- Vecchie storie! - esclamò il naturalista. - Anche tu sei curioso, con la tua sensibilità. Se ami tanto le bestie, va in India, a farti Giaìna.

- Eh, perchè no? È una religione che non mi dispiacerebbe. Tra coloro che amano le bestie e coloro che sentono tanta tenerezza per l'uomo da far soffrire le bestie, l'animo mio rimane qualche volta perplesso. Del resto, anche ammessa l'utilità di certe esperienze, è certo, e me lo lascerà dire anche un professore di fisiologia, che se voi, o cani, non cedendo alla debolezza dell'amicizia, foste rimasti lupi, l'uomo vi avrebbe trattati assai meglio: vi avrebbe uccisi in caccia, all'aperto, d'un buon colpo di carabina, senza farvi soffrire coi buchi nello stomaco e con le rotelle d'osso segate dal cranio. Quanto a voi, o ramarri, se in questi cespugli ce n'è che mi ascoltino, date retta a un amico disgraziato: seguitate a fuggire. Non vi confondano le cortesie, non vi illudano le briciole di pane, non v'ingannino le manate di mosche; fuggite, per il vostro meglio, fuggite sempre, come se aveste alle calcagna un usciere. L'uomo, ecco il nemico, la bestia feroce, l'usciere, il tiranno, il professore, e chi più n'ha ne metta.-

- Bel complimento a noi! - esclamò il naturalista.

- E nessuno alle dame! - soggiunse il colonnello. - Eppure, tu lo avevi promesso per chiusa.

- Mi pare di averlo fatto nel mezzo, - rispose il poeta. - Ma se credete, lo ripeterò, e serva pure di chiusa. Tra gli animali inferiori il maschio è sempre il più bello; solo nella specie umana è più bella la donna. Creda altri come vuole: io preferisco lei.-

Il signor Lorenzo Brunelli, cavaliere e padrone di casa, diede una guardatina al suo orologio.

- Diamine! - esclamò. - Son quasi le sei.

- Moralità della favola! - disse l'uomo politico. - Leviamo la seduta, e andiamo subito a pranzo; con molto appetito, se debbo giudicarvi tutti da me, e con la onesta coscienza di non avere aggiunto nessuna legge nuova, alle tante che affliggono l'umanità.-


 

 

 




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