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Anton Giulio Barrili
Uomini e bestie: racconti d'estate

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  • IL GABBIANO
    • III.
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III.

 

Quel giorno il mio Tommaso fu di cattivo umore. Diede una capatina nella loggetta, dove si criticava la politica dell'Inghilterra e si meditavano le conseguenze della "quadrupede alleanza"; ma non prese parte alla disputa, neanche per collocare una celia, come qualche volta faceva.

- Ti senti male? - gli disse il suo amico Giuseppe Carli. - Vieni al fiasco dell'amicizia, e beviamo.

- No, Pippo, ti ringrazio; sono stanco dalla camminata, e me ne vado a casa.-

Escì, come aveva detto, ma non andò altrimenti a casa. Attraversò la via maestra, infilò un vicolo e andò ad appostarsi dietro il muro di un orto, che era alla marina, famoso per un ceppo di vite, i cui tralci coprivano un pergolato lungo una quarantina di metri. Di poteva vedere la stia e il giaciglio della sua vittima. Vide anche la buona Caterina, che era escita sulla soglia e si chinava presso il ferito; ma lo prese il timore di essere veduto da lei, e se la svignò lestamente verso la fiumana. Rientrò poscia in paese, e questa volta per andarsene davvero a casa, dove stette a recitare il paternostro della bertuccia.

Per un gabbiano! direte. Sì, ed anche per il dispiacere d'essere stato colto in flagrante di ferocia cinegetica, da Caterina Rocca.

L'amava egli, forse? No; l'aveva osservata qualche volta a passeggio, o in certe solennità, lungo la salita di Monte Loreto. Caterina Rocca era una bella bruna, come ho già avuto occasione di dirvi, ma della sua bellezza egli non aveva fatto a tutta prima un gran caso. Non era una di quelle bellezze bofficione e sgargianti, che dànno nell'occhio e fanno pensare alle Madonne dei quadri. Inoltre, vestiva con molta semplicità. Aveva centomila lire di dote, e andava a messa, le domeniche, con un fazzoletto di seta annodato sotto il mento. Ma quella mattina, veduta , davanti al magazzino, col suo bel viso dipinto di tanta malinconia.... Insomma, vi ho detto che egli era di cattivo umore, e credo non ci sia altro da aggiungere.

Quella notte dormì poco e male. Ebbe anche certi sogni!... Figuratevi che vedeva un prete con la cotta e la stola, ritto davanti all'altar maggiore della chiesa parrocchiale. Lui entrava in chiesa vestito di nero; Caterina Rocca gli veniva accanto, vestita di bianco.... Ma un gabbiano passava tra loro, stridendo dolorosamente e sbattendo le ali sanguinanti. Ed egli non vedova più Caterina, il prete. Maledetto gabbiano!

La mattina seguente si arrisicò fino alla spiaggia. Il libeccio non soffiava più, respinto dalla tramontana, che scendeva dalle gole di Toirano e di Ranzi; il cielo era sereno, il sole splendido, l'aria tiepida e pregna di fragranze, rapite agli aranceti della collina. Tommaso ritornò dalla spiaggia, piegò a destra fino all'orto della vite smisurata, battè in ritirata, si diede cinque o sei volte dello stupido, e finalmente ripigliò l'offensiva. Quando fu per mancargli il coraggio, non era più in tempo di darsela a gambe; Caterina Rocca appariva sull'uscio, e aveva la faccia rivolta verso di lui.

- Buon giorno! - le disse, avvicinandosi.

- Buon giorno! - rispose la fanciulla.

- Ebbene? - riprese allora. - Come va il poveretto?

- Vedetelo qua; - replicò ella, sorridendo, ma non a lui, che ancora non era degno di tanto.

Tommaso si accostò e vide il ferito, che si trascinava a stento verso il beccatoio delle galline.

- Vuol mangiare; - continuò la fanciulla, sempre sorridendo di compiacenza al gabbiano; - buon segno, non è vero?

- Buono, sicuramente, come è vero che siete buona voi.

- E voi cattivo! - ribattè ella prontamente.

Tommaso rimase un istante perplesso.

- Parlo, o non parlo? - diceva egli tra .

Finalmente si fece coraggio, e le mormorò all'orecchio, mentre ella guardava il gabbiano, che stava attaccando col rostro aguzzo il becchime dei polli:

- Proprio mi odiate, Caterina?-

E fatta la sua confessione, stette tremante ad aspettare la sentenza.

Caterina si volse, levò lentamente i suoi grandi occhi neri, lo guardò con aria di stupore, e rispose:

- Non ne so niente.-

La risposta vi parrà forse evasiva. Ma era sereno lo sguardo di Caterina e pacato l'accento; si rispecchiava nella frase tutta la tiepida calma di quel giorno di sole. Tommaso si sentì scendere una insolita dolcezza nel cuore. Tanto per fare qualche cosa, si era chinato per accarezzare il gabbiano.

- Non lo toccate! - diss'ella, battendogli del dito sulla mano. - Non lo toccate ancora!-

Ancora! Soavissimo avverbio, denso di promesse arcane! Il giovinotto ci pensò tutto quel giorno.... e la notte appresso,

/*     Infin che il novo sol nel mondo uscìo. */

La storia del gabbiano si era sparsa per tutto il paese, e molti erano andati alla marina per vedere il ferito, che viveva accanto alle galline dei Rocca e mangiava nel loro beccatoio, come se fosse un pollo, o un colombo. Per una quindicina di giorni il gabbiano andò saltelloni dal suo nido alla stia; poi cominciò a provar le ali; un mese dopo svolazzava qua e , dalla casa alla spiaggia, e finalmente da un capo all'altro del paese.

Caterina appariva sull'uscio, e il gabbiano ritornava ad ali distese verso di lei. Bastava che ella lo chiamasse, col nome che gli aveva imposto fino dai primi giorni: Ciurillo!

Era un nome formato per onomatopèa, poichè il grido del gabbiano rendeva il suono articolato di Ciurì.

Quando capitava Tommaso davanti alla soglia del magazzino, Ciurillo spiccava il volo, ed erano necessarie le voci più tenere di Caterina, per farlo ritornare almeno sullo spigolo della stia, ad una rispettosa distanza dal nuovo venuto.

- Vedete? - diceva lei, col suo accento malizioso. - Non vi vuol bene.

- Ditegli che non lo farò più! - rispondeva il giovinotto, chinando la fronte in atto di preghiera, e dando alla sua voce le più soavi inflessioni.

Caterina abbassava i grandi occhi neri e non ribatteva più altro.

Frattanto, poichè si era nel cuore dell'autunno, gli amici della loggetta cercavano Tommaso per condurlo a caccia. Gli uccelli di passo abbondavano; i lucherini calavano a sciami; i cardellini e le cingallegre venivano a stormi, a legioni; i palombi volavano alti, di pendice in pendice, come invitando i cacciatori ai colpi difficili. Ma lui duro: non voleva guastarsi con la buona Caterina dai grandi occhi neri e profondi come la notte. Sulle colline avevano vedute le quaglie, dal volo basso e ineguale; nelle forre avevano sentito cantare le pernici; nei campi avevano visto ballar le lepri; nel bosco avevano scoperto il covo della volpe; ma invano; Tommaso non si lasciava smuovere; sorrideva o rispondeva: "Andateci voi; quanto a me, ho rinunziato alla caccia."

Giuseppe Carli, il suo migliore amico di quei tempi, non si sapeva dar pace di quella rinunzia. Se Tommaso fosse stato un politicante, pazienza. Se fosse stato un giuocatore di briscola, pazienza ancora. Ma era sempre stato un cacciatore, anzi il più appassionato, il più feroce dei cacciatori, al cospetto di Dio. Che voleva dir ciò? Era forse innamorato? E di chi?

- Vuoi saperlo? - gli disse un giorno Tommaso, messo alle strette dalle sue insistenti domande. - Il giorno che ho ferito quel povero gabbiano, ho promesso a Caterina Rocca che avrei posto il fucile in un angolo e non lo avrei più toccato.

- Ah, diamine! Ed è per questo?

- Per questo.

- Sei forse innamorato di lei?

- No; ma ho promesso ad una donna, e una promessa fatta ad una donna bisogna mantenerla.

- È giusto; - disse Giuseppe Carli. - Ma tu mi avevi già spaventato, lasciandomi credere che tu fossi innamorato. La Rocca non è bella.

- Oh, questo poi! Ti par brutta forse?

- Brutta neanche, ma così così. Se almeno fosse più bianca!-

Le parole di Giuseppe Carli erano cadute come uno spruzzo di acqua diacciata sull'incendio nascente del cuore di Tommaso. L'amico mio ci meditò sopra un giorno e una notte. Il giorno dopo vide ancora Caterina, e, scambio di farle qualchedun'altra delle sue confessioni, stette lungamente pensoso a guardarla.

- Sì, - disse tra , quando fu solo, - è bruna; ma, come dice il poeta, "il bruno il bel non toglie, anzi accresce le voglie". Ci ha poi i capegli così neri! Gli occhi paiono a dirittura carbonchi. Forse per questo ella sembra più bruna che di fatto non sia.-

L'inverno volgeva al suo fine. Ciurillo di giorno in giorno volava sempre più lontano da casa. Una mattina si avventurò fino al Borghetto e alla torre di Santo Spirito, donde ritornò, ma tardi, al suo beccatoio, sulla spiaggia di Loano. Un'altra mattina andò lungi, verso la spiaggia di Albenga; ma non fu più visto ritornare.

Caterina lo aspettò tutto quel giorno, ed anche il giorno seguente; poi si stancò e mise il suo cuore in pace. Per altro, non ne parlava senza un po'd'amarezza.

- Vedete che ingrato! - diss'ella a Tommaso, che era andato, secondo il solito, a chiedere notizie dell'infedele. - Gli abbiamo ridata la vita, e ci lascia.

- Non lo giudicate troppo severamente, Caterina; - rispose il giovanotto. - Forse quei del Ceriale gli avranno tirato. Ci sono dei cattivi, nel mondo, che quando hanno un fucile in mano.... e non hanno un angelo che li rimetta sulla buona via....

- No, no, - interruppe Caterina, girando largo intorno alla dichiarazione di Tommaso, - la colpa è sempre sua, d'essere andato così lontano. E poi, mio padre ha detto che questa è la stagione in cui i gabbiani spariscono.-

Il padre di Caterina ragionava benissimo. Il gabbiano comune (larus ridibundus di Linneo) conosciuto anche sotto i nomi di mugnaio, froncolo gaimone, corvo bianco, viene in autunno alle coste italiane, e ci resta fino ai principii di primavera; passa quindi alle isole del Tirreno, ed anche alle coste d'Africa, dove fa il nido in luoghi bassi, accanto agli estuarii, e depone le uova di un colore olivigno carico, spruzzolate di macchioline brune e nerognole.

 

 

 




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