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Anton Giulio Barrili
Uomini e bestie: racconti d'estate

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  • IL GABBIANO
    • IV.
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IV.

 

Mancando l'infido Ciurillo, mancava l'occasione di veder Caterina sulla soglia del magazzino. Tommaso sarebbe entrato volentieri a cercarla, ma con quale pretesto? Infine, ella era così bruna! Tommaso credeva all'amicizia, e per conseguenza agli amici. Niente lo guarì mai da questa nobile infermità. Ora, Giuseppe Carli gli aveva assicurato che Caterina Rocca, per comparir bella, avrebbe dovuto esser più bianca. Si poteva egli mettere in dubbio una asserzione di Giuseppe Carli? Avvenne così che egli rimanesse qualche giorno perplesso. Poi, la fanciulla non si vedeva più sulla soglia; rare volte egli la scorgeva per via, quando ella andava alla messa.

Infine, che vi dirò? Chiamato da certi suoi interessi, dovette partire per Tunisi, e rimase colà una buona parte dell'estate.

Ritornò a Loano sui primi d'agosto. L'antica consuetudine lo guidò spesso sulla strada della marina, ma per più giorni senza frutto. La stìa era , al suo posto consueto. Niente si mutava, negli usi di Loano. Una stìa, presso quell'uscio, ce l'ho veduta ancor io, trent'anni dopo. Forse, anzi senza il forse, era un'altra stìa; ma il quadro e l'effetto morale restano quelli di prima. Scommetto che se andate voi a Loano, sulla strada della marina, trovate anche voi quella stìa, col suo beccatoio davanti. Sarà un'altra, lo ammetto, anzi ne sono certo, perchè le stìe, esposte al sole, alla pioggia, all'aria marina, non durano certamente trent'anni; ma il quadro, ve l'ho detto, e l'effetto morale sono rimasti quelli di prima.

Una di quelle mattine, mentre era a contar gli argani e i pali della spiaggia, il mio amico Tommaso vide uno stormo d'uccelli, che venivano ad ali distese verso terra. Al volo li riconobbe tosto per gabbiani, e il suo pensiero corse all'infedele Ciurillo. Ma a farlo a posta, uno di quei gabbiani, e proprio il capofila, affrettò il volo, si calò sulla spiaggia, e venne diritto, veloce come una freccia, a posarsi sulla stìa.

- Ciurillo! - gridò egli, ammirato. - Ciurillo!-

Il gabbiano intimorito spiccò il volo, ma non si allontanò altrimenti dalla spiaggia, su cui gli altri dello stormo volavano a tondo, quasi menando la ridda.

Tommaso si appressò al magazzino e bussò all'invetriata.

- Caterina! - gridò. - Venite a vedere!-

La fanciulla, che stava dentro, lavorando d'ago accanto alla tavola, si alzò e venne sulla soglia, dove salutò il giovanotto con un cenno del capo, come se lo avesse veduto a mala pena il giorno innanzi.

- Che cos'è? - gli disse ella, guardandolo co' suoi grandi occhi neri e profondi come la notte.

- Ciurillo! - rispose Tommaso. - È tornato Ciurillo.

- Siete matto?

- Come sempre, e non c'è da farne le meraviglie; - replicò il giovanotto, cercando di dare alla sua voce le soavi inflessioni che sapete. - Ma vi dico che è lui. Vedetelo ; è il primo della schiera. Eccolo, che si avvicina; chiamatelo voi.

La fanciulla guardò, vide il gabbiano che Tommaso le indicava, e, per compiacere il suo interlocutore, chiamò ad alta voce Ciurillo.

Era lui davvero. Vide la sua signora, sentì la chiamata, e venne diritto a posarsi sulla stìa, donde spiccò un altro volo per venirle sul braccio, stridendo il suo amoroso ciurì; poscia ritornò indietro a chiamare i compagni, che si aggiravano timidi, anch'essi stridendo, lungo la spiaggia, ad una certa distanza da lei. Ed ora da un lato, ora dall'altro dello stormo pauroso, ora insegnando la strada, ora incalzando da tergo, tanto fece e tanto disse nella sua stridula lingua il bravo Ciurillo, che i suoi compagni si calarono davanti alla stìa. Compiuta la diffìcile impresa, il gabbiano mise un grido di contentezza, e andò al beccatoio, dove insegnò ai compagni come un larus ridibundus Linnaei possa, senza venir meno al suo carattere ornitologico, partecipare al pasto del gallus Brissonii.

Caterina era fuori di dalla gioia, e non badò neanche, attenta com'era e desiderosa di comunicare la sua attenzione, che ella premeva forte con la mano sul braccio di Tommaso.

- Ho una gran paura, - diss'egli sottovoce, dopo un istante di pausa, - che gli abbiate dato un nome che non gli spetta.

- Perchè? - domandò ella, senza spiccare lo sguardo dalla scena maravigliosa.

- Perchè quello non è un Ciurillo, ma una Ciurilla. È di sicuro una femmina. Alla stagione degli amori ha preso il volo per altri lidi, ed è andata a fare il suo nido d'alghe tra gli scogli di Sardegna, o di Gàlita. Ha covato i suoi piccini, ed eccola di ritorno con la prole, che ha portata a farvi conoscere, come ad una cara madrina.-

La fanciulla rise di cuore a quella scappata del giovane, e riconobbe che egli aveva ragione. Tutti quei gabbiani nuovi venuti erano piccoli a confronto del vecchio. Evidentemente erano i suoi piccini; la madre non immemore li conduceva ai cari luoghi dove aveva sofferto e dove aveva ricevuto un benefizio.

- Vedetela, poverina! - esclamò la fanciulla, - Se l'aveste uccisa, col vostro fucile!...

- Ma non l'ho uccisa, per fortuna! - rispose il giovanotto. - -E da quel giorno non ho più toccato quell'arma che vi dispiacque tanto.

- Vero?

- Ve lo giuro.

- Neanche a Tunisi, non siete andato a caccia?

- Mai, sebbene da tutte le parti venissero le tentazioni.

- Dio sa quanto ci avrete sofferto! - diss'ella, col suo sorrisetto malizioso.

- Più si soffre a non far una cosa, e più se ne ha merito, non vi pare? - diss'egli di rimando.

- Eh! - fece Caterina, ancennando del capo. - Spiegata in questo modo, la cosa può andare.-

altro si disse per quel giorno. Tommaso era sempre "tra color che son sospesi"; non sapeva risolversi; un po' temeva di farla bassa col padre di lei; un po' s'impensieriva delle osservazioni che avrebbero potuto fare gli amici. Per altro, rendeva giustizia a Caterina.

- È bruna, sì, ma è bella; - diceva egli tra , cascando senza volerlo nel Cantico dei Cantici, - Giuseppe Carli non capisce niente, in materia di donne.-

Tutta Loano a breve andare fu piena del ritorno di Ciurillo. E il bravo e sensibile gabbiano volava continuamente sulla rada, scendendo qualche volta alla stìa, ma senza trattenercisi molto. I piccini erano sempre salvatici, e dopo la prima calata non avevano più voluto ritornare al beccatoio domestico. Evidentemente quei giovani gabbiani non avevano le stesse ragioni della madre, per continuare quell'omaggio alla specie umana. Se avessero saputo quello che so io, e che vi ho già raccontato dei crudeli disinganni toccati ad altre bestie amiche dell'uomo, si sarebbero astenuti anche dalla prima discesa.

In quei giorni, verso la fine di agosto, l'attenzione universale fu distratta da Ciurillo e dalla sua salvatica famiglia. Più saporiti ospiti scendevano da ponente nella valle di Loano. In tutti i gazzi (si chiamano così, dal medievale gadium, le ville in collina dei loanesi) erano disposti i paretai, per far caccia d'ortolani. Li conoscete, questi gentili uccelli, della famiglia degli Emberizidi, dai bei colori gialli, rossigni e cenerognoli, dagli occhi miti e malinconici, che popolano nella buona stagione le macchie italiane? Il maschio se ne sta spesso posato su qualche rametto, alto un braccio o poco più da terra, e canta continuamente, con un fil di voce, il suo verso, che non è punto sgradevole. Quest'uccello è un poetino anacreontico, un Vittorelli, un Savioli dei boschi. L'usignuolo sarebbe il poeta lirico, come a dire il Petrarca, laddove il passero solitario ci rammenta il Leopardi, che del resto lo ha cantato da par suo. Ma lasciamo da banda i paragoni letterarii, e parliamo degli ortolani. Incominciano nell'agosto a muoversi, per emigrare, e in quel tempo si loro la caccia. Il buon sapore della loro carne, e la facilità che hanno d'ingrassare (che non è solo dei poeti anacreontici, ma anche dei lirici maggiori, come ad esempio il Petrarca) rendono questi uccelli ricercatissimi. Son magri, quando si prendono; ma, chiusi in una stanzetta al buio, mangiano, non fanno moto, non hanno distrazioni peccaminose, e ingrassano come frati in convento. E il ghiottone li cova, e la foglia di vite li aspetta. Poveri ortolani! Io finirò il loro panegirico, ricordando che si prendono al chioccolo e all'abbeveratoio, ma in maggior copia al paretaio, dove, per richiamo ai creduli emigranti, sono esposti in gabbia altri ortolani, di quelli stati in chiusa, e serbati per quell'ufficio di traditori.

Si parlava adunque in Loano del gran passo degli ortolani, incominciato di quei giorni, e così abbondante, che da molti anni, anzi a memoria d'uomini, non si era veduto l'eguale. Nella loggetta non si guardavano più giornali; non si discuteva più la politica del Canning, quella del Guizot, si celiava più sulla "quadrupede alleanza". Erano tutti in moto per la caccia degli ortolani.

- Venite voi, Tommaso? - -chiedevano gli amici. - Si va questa notte al gazzo di Antioco, che è il posto migliore.

- Non mi parlate di caccia, - rispondeva Tommaso.

- Eh via! Siete sempre col giuramento?

- Fatemi sciogliere dal papa, e vengo subito, perchè davvero gli ortolani mi tirano.

- Non c'è bisogno di sciogliervi; - disse Giuseppe Carli; - potete venire; anzi dovete venire, o non vi consideriamo più come amico.

- Questa è una minaccia che non manca di gravità; - rispose Tommaso; - ma come la intendete voi, dicendo che non c'è bisogno di sciogliermi?

- Sicuramente, non c'è bisogno; - replicò Giuseppe Carli. - Che cosa avete giurato voi? Di non toccar più il fucile. E chi vi dice di prendere il fucile, per venire al paretaio? Non è caccia di polvere, questa, e il vostro giuramento riguardava la caccia di polvere. Aggiungete che non si tratta di uccidere, ma di prendere e di mettere in pensione.-

Insomma, tante ne dissero, che Tommaso si lasciò persuadere; egli che in Africa, per serbar fede alla data parola, aveva rinunziato ad una caccia alle gazzelle, con la prospettiva di combinare strada facendo qualche leone, o qualche pantera! Ma laggiù, dopo tutto, si andava col fucile; non si trattava che di reti; e le reti, a voler essere rigorosi, non entravano nel giuramento.

Andarono, e fu una caccia miracolosa. In tre ore di guardia al paretaio, si presero seicento ortolani. I creduli emigranti non davano neanche il tempo di sgomberare le reti; gli uni calavano dopo gli altri, come se avessero fretta di andare in gattabuia.

I cacciatori erano pazzi dalla gioia. Tommaso, che da tanto tempo aveva rinunciato a quei passatempi cinegetici, ne era come ubbriaco. Rimase, ancora al paretaio, che gli altri erano già andati, ed ebbe la fortuna di prendere egli solo gli ultimi centocinquanta ortolani. Giuseppe Carli, il capoccia della brigata, era andato via per il primo; dolente in verità di lasciare il divertimento e gli amici, ma ci aveva in paese un negozio di qualche importanza; aspettava una risposta quella mattina, e, se l'aveva nel senso che sperava, sarebbe anche partito nella giornata per Genova; tirassero avanti loro; che, per mangiar gli ortolani, ci avrebbe avuto tempo a ritornare anche una mezza dozzina di volte.

 

 

 




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