II.
Balzai in piedi sollecito e guardai il mio
interlocutore: facendomi coraggio, s'intende, perchè davanti a quella grandezza
ero rimasto confuso. Era là, davanti a me, il terzo poeta della Francia
moderna. I primi due, per me, erano Vittor Hugo e Alfonso di Lamartine. E per
me, allora, e per tutti i giovani della mia generazione, calda di spiriti
guerrieri, non era ancora terzo il Musset, poeta di languori intellettuali e di
voluttà dolorose; bensì era terzo il Barbier, il famoso autore dei terribili
Giambi, il possente Archiloco della rivoluzione.
E ritto davanti a lui, non sapendo che dirgli
di mio, gli sfrombolai l'unico complimento che si potesse fare al poeta, una
citazione dei suoi versi:
- C'est que la
libertè n'est pas une comtesse
Du noble faubourg Saint-Germain,
Une femme qu'un cri
fait tomber en faiblesse,
Qui met du blanc et
du camin....
Ed egli tosto, infiammato, a riprendere, con
voce di tuono:
- C'est une forte
femme aux puissantes mamelles,
A la voix rude, aux
durs appas,
Qui du brun sur la peau,
du feu dans les prunelles,
Agile et marchant à
grands pas,
Se plaït aux cris du
peuple, aux sanglantes mêlées,
Au long roulement des
tambours,
A l'odeur de la
poudre, aux loìntaines volées
Des cloches et des
canons sourds....
Non volli lasciare a lui l'onore e la fatica
di giungere alla fine della strofa, e ripigliai:
- Qui ne prend ses
amours que dans la populace,
Qui ne prête son
large flane
Qu'à des gens forts
comme elle, et qui veut qu'on l'embrasse
Avec des bras rouges
de sang.
E avanti di questo passo, a quattro versi per
uno, recitammo tutto il resto del componimento. Nè ci fermammo ai Giambi. Il
poeta aveva scritto poc'anzi un canto sulla insurrezione dolla Polonia, che
avevo letto nella Revue des deux Mondes. Anche quello, che io non sapevo
ancora a memoria, mi recitò egli tutto intiero, con quella sua voce poderosa e
con le inflessioni particolari dell'autore, che vuol farvi penetrare i sensi
più riposti dell'opera sua.
Fin qui eravamo nel noto. Augusto Barbier mi
condusse all'ignoto, recitandomi alcuni suoi componimenti inediti; tra gli
altri i versi À Mignon, un vero idillio campestre. Strano ingegno, che
passava con tanta balìa dalle ire superbe di Archiloco alle tenerezze pastorali
di Teocrito! Quei versi melodiosi li aveva scritti sul golfo di Napoli, donde
tornava allora allora; li aveva scritti tra le fraganze degli aranceti di
Sorrento e gl'incensi dei pini di Posilipo, davanti al nitido cobalto dei
flutti di Partenope e ai rosei lumi delle balze di Capri. E il sonetto sulla
tomba di Virgilio! Che versi deliziosi! Che soave malinconia di pensiero e di
ritmo!
Guardavo lui, profondamento commosso;
sbirciava a quando a quando le pareti della mia cameretta e i miei libri. Come
s'era fatto grande e luminoso quel mio bugigattolo! Come dovevano essere
contenti gli amici miei! come dovevano ballare allegri sugli scaffali, al degno
suono di una voce fraterna! E come doveva essere amato quell'uomo dalla bionda
gentile che avevo veduta dianzi con lui! Perchè il mio pensiero era corso anche
a lei, ma senz'ombra di torbidi desiderii. Che cosa è più l'immagine delle
sperate ebbrezze, davanti ai sorrisi della vergine Musa?
E pensando così delicatamente alla Malvina di
quell'Ossian, ricordai anche la guardata severa che due ore prima mi era
tornata così ostica. Ma mi aveva egli proprio guardato? Sicuramente c'era stato
un errore; avevo creduto rivolto a me lo sguardo casuale. Severo, sì, ma come
può essere lo guardo dell'aquila sulla rupe. Anche sazia di preda, la
regnatrice dell'aria gira intorno la pupilla baldanzosa. Ognuno seconda
l'indole sua; e Angusto Barbier non poteva mica essere un altro. Avevo creduto
di vedere un lampo di gelosia, od era invece la olimpica guardata del genio.
- Oui, mon enfant, - mi disse con
accento di paterna benevolenza il poeta, - tel que vous me coyez io sono
il povero autore dei Giambi, un avanzo della grande rivoluzione di
luglio. Bei tempi; senza speranza di ritorno per noi! Gloria a voi, Italiani,
che siete in pieno risveglio. Vengo dal mezzogiorno, dal campo di Flegra, dove
avete rinnovate, e con miglior fortuna, le pugne dei Giganti. Ah, l'Italia è
una fiera lottatrice! Speriamo di veder Roma libera, e presto.
- Pourvu que le Jupiter de la Seine....
- m'arrisicai a dire, tenendomi anch'io tra le nuvole.
- Il Giove della Senna! - esclamò egli. -
Dite piuttosto il colosso di Nabucodonosor. Ha infatti il piede d'argilla. A
voi di scagliare il sassolino che lo faccia ruzzolare. E il vostro giornale, -
soggiunse benignamente il poeta, - tiene alta la bandiera dell'indipendenza
italiana contro la volontà del malfattore.
- Guerre à l'Empire! - risposi, per
far piacere a lui. - Vive la France! - soggiunsi, per far piacere a me.
La distinzione andava da sè.
Disgraziatamente, non si poteva farla che a parole. Ma noi eravamo così,
allora, tra il ricordo d'Aspromonte e il presagio di Mentana. Anch'io, a
cavallo della mia distinzione, davo qualche volta i miei colpettini di penna
all'Impero, con grande rammarico d'un egregio francese, vice-console, o
cancelliere che fosse, al Consolato di Francia, Monsieur Bouillon, da me
conosciuto nel salotto d'una gentile artista polacca, fatta testimone e qualche
volta arbitra delle nostre tenzoni politiche. Le quali, come facilmente
s'immagina, finivano sempre con una stretta di mano; perchè io, alla fine dei
conti, non dimenticavo gli aiuti poderosi del 1859 ed ero volentieri il primo a
rammentarli.
- Sì, guerra all'Impero e viva la Francia; -
rispose Augusto Barbier. - Lasciatemi soggiungere, e con tutto il cuore, un
evviva all'Italia. Nous
marcherons ensemble, désormais, a la conquête de toutes les libertés. Le cose incominciano ad avviarsi; un poco di pazienza e giungeremo alla
meta. Io, frattanto, ritorno in Francia; con un salvacondotto, s'intende. Ho
dovuto chiederlo, pur troppo, per provvedere a certi interessi di famiglia.
- È doloroso, - osservai, - che Augusto
Barbier debba rientrare con un salvacondotto nel suo paese, che egli ha tanto
illustrato.
- Ma sì, ma sì, questa è la storia; - disse
egli, crollando malinconicamente la testa. - E ancora non sapete il peggio....
che dovrò pure raccontarvi. È questa infatti la ragione che mi ha condotto da
voi. Non me ne dolgo, del resto, poichè ci ho avuta l'occasione d'incontrare un
amico.-
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