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Anton Giulio Barrili
Uomini e bestie: racconti d'estate

IntraText CT - Lettura del testo

  • NEMBROT E IL SUO CANE
    • III.
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III.

 

Così disse Alessandro Dumas, e si fermò, perchè la sua leggenda era finita. Ebbe applausi, come potete pensare; ma io non ero persuaso.

- Scusate, maestro.... - gli dissi.

- Che? mettereste in dubbio?...

- Tolga Iddio! Credo bene alle leggende che sono lo spirito stesso della storia, anzi l'unico che si possa cavare da questa rapa.

- Ah, dicevo bene! - esclamò il narratore.

- Sì, ma vedete, maestro? Le mie restrizioni, poichè n' ho qualcheduna da fare, non risguardano la leggenda; bensì la conclusione, la moralità della favola. Io ci ho un aneddoto da raccontare, che proverebbe contro la vostra conclusione.

- Fuori l'aneddoto, allora.

- Non lo racconterò come voi la leggenda, e non mi farò applaudire dall'udienza. Ma sarò breve, e sarà l'unico modo per farmi tollerare.

- Sia breve l'esordio!

- È finito; ed ecco la storia:

Un amico mio, cacciatore appassionato, poteva stimarsi un buon cacciatore, poichè aveva un buon fucile; si stimò un cacciatore valente quando ebbe acquistato un cane famoso. Il cane si chiamava Parigi. Non so se abbaiasse alla Luna, o se avesse mai sperato di prenderla; certo è che puntava maravigliosamente, e levava a quel dio. L'amico lo comprò fatto, e lo pagò una bella moneta. Incominciava allora il passo delle quaglie; ottima occasione per l'amico di provare il suo cane. Noi fummo invitati alla strage; come testimoni, s'intende. Le quaglie erano calate a migliaia, sul pian di Varazze, dove accadde il gran fatto; nei prati, nei campi di frumento, nelle fruttaglie, non c'era che da levare e sparare.

L'amico entra in caccia, e Parigi lo precede a venticinque passi di distanza. Fiuta una quaglia e si arresta: l'amico il cenno, e Parigi la leva. La quaglia spicca il volo, e l'amico spara. Disgrazia per il cacciatore, fortuna per la quaglia, che non è toccata, e vola via. Il cane si volta al cacciatore, lo guarda, ed ha l'aria di dirgli: che è stato?

Si ricomincia; e avanti da capo. Parigi fiuta un'altra quaglia, si ferma, ha il cenno, e la leva. L'altro spiana il fucile e lascia andare la botta. Niente! la quaglia non è toccata, e vola via. Parigi si volta ancora, guarda un po' più lungamente il cacciatore, ed ha l'aria di dirgli: a che giuoco giuochiamo? Ma egli è un buon cane: ha fatto l'obbligo suo, e si rimette in cammino tra l'erbe.

Altra quaglia, a cinque passi di , puntata e levata. Noi attenti a guardare, pensando in cuor nostro il proverbio: la seconda si perdona, ma la terza si bastona. Terza schioppettata; niente; la quaglia è incolume, vola via come le altre. Volete credere? Questa è verità sacrosanta. Parigi si volta; ma non solamente col muso, bensì con tutto il corpo, e ritorna indietro, accostandosi al cacciatore e guardandolo fissamente; lo fiuta anche; pare ohe lo disprezzi, se dobbiamo giudicarne dall'atto. Ma forse non è che un atto di degnazione signorile, una specie di benservito che gli si rilascia. Infatti, se ne va, compiuto l'atto, abbandona il padrone. "Parigi! qua, Parigi!" Niente. Parigi tira di lungo per la sua via, come se non dicessero a lui. più fu visto, più si seppe dove fosse andato Parigi.

Il cacciatore era furioso, mentre noi tenevamo a stento le risa. "Vedete che cane? E me l'avevano dato per buono! Sul più bello mi lascia! Non so chi mi tenga dal mandargli una trombonata nella groppa!" Così diceva egli; ed uno di noi gli rispose: "Non lo fate, per carità! Non si sa mai; potreste anche colpirlo". A voi ora, maestro! Dite ancora che per essere un buon cacciatore basta avere un buon cane.

- Ma foi! vous pourries blen avoir raison; - rispose Alessandro Dumas, - Fors'anche il vostro non è che un caso, e prova che ogni regola ha le sue eccezioni. Del resto, - conchiuse bonariamente, - a buon cacciatore buon cane; a buon cane buon cacciatore.

- A tutt'e due selvaggina! - sentenziò placidamente sir James.

- Amen! - si rispose tutti in coro.

Questa è, lettori, la vera leggenda di Nembrot e del suo cane. E perchè c'era un cane, era giusto che ci fosse anche la coda.




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