GIOVANNI V. SCHIAPARELLI
IL PIANETA MARTE
Estratto dalla rivista Natura ed Arte,
Anno XIX, n° 1,1° dicembre 1909
Come suol fare a periodi alternati ora di 15 anni, ora di 17 anni,
il pianeta Marte nell'autunno scorso passò ad una delle sue minori distanze da
noi, avvicinandosi alla Terra fino a 47 milioni di chilometri, ed apparve
luminoso e magnifico più che mai non sia stato dal 1877 a questa parto. A quella
distanza, il globo di Marte, di cui il diametro arriva a circa 7600 chilometri,
sottendeva nell'occhio dell'osservatore terrestre un angolo di 25". Sopra
un tal globo ed a tale distanza si possono discernere, con telescopi di
sufficiente potenza, le configurazioni topografiche del pianeta con un grado di
minutezza e di precisione di cui si può avere un'idea dai qui annessi disegni.
E reciprocamente, ad uno spettatore collocato in Marte non riuscirebbe troppo
difficile distinguere sulla Terra particolarità del medesimo ordine di
grandezza. L'esperienza dimostra, che con un istrumento di dimensioni affatto
comuni, munito di una lente obbiettiva di 20 centimetri di diametro, una
macchia luminosa su fondo oscuro (od oscura su fondo luminoso) si può distinguere
senza troppa difficoltà in Marte alla sopradetta distanza di 47 milioni di
chilometri, quando ad un discreto contrasto di colore essa congiunga un
diametro reale uguale a 1/50 del diametro del pianeta, cioè a 153 chilometri.
Epperciò, usando sufficiente diligenza, si potranno scoprire in Marte, con un
obbiettivo della detta dimensione, tutte le isole non minori della Sicilia e
tutti i laghi non minori del Ladoga, isole come l'Islanda e Ceylan; laghi come
quello di Aral ed il Victoria Nyanza devono esser molto cospicui. Similmente
una striscia luminosa su fondo più oscuro, secondo le fatte esperienze,
dovrebbe essere ancora visibile quando la sua larghezza non fosso minore di 1/100
del diametro di Marte, cioè di 80 chilometri o giù di lì. Quindi lingue di
Terra od isole oblunghe come la Jutlandia e Cuba e l'istmo centrale Americano;
stretti di mare e laghi oblunghi come il Tanganyika, il Nyassa od il Mar
Vermiglio di California dovrebbero esser visibili da un ipotetico abitante di
Marte, che vi ponesse molta attenzione. Facilissimi dovrebbero essere per lui
oggetti come l'Italia, l'Adriatico, il Mar Rosso, Sumatra e Nippon.
Tali sono press'a poco i limiti a cui può arrivare la visione dei
particolari di Marte esaminato con una lente obbiettiva di 20 centimetri in
quelle occasioni, in cui si trova alla minor possibile sua distanza da noi.
Negli ultimi tempi tuttavia gli ottici hanno imparato a costruire lenti
obbiettive di molto maggior potenza così per riguardo alla amplificazione, come
per riguardo alla precisione delle immagini; quindi i limiti sovra accennati
sono stati spesso oltrepassati, malgrado che le difficoltà di esatta
costruzione crescano in misura assai maggiore che le dimensioni di questi
telescopi giganti.
La superficie di Marte presenta un insieme di macchie diversamente
colorate, che costituiscono un sistema topografico sotto certi rispetti analogo
a ciò che si vede sulla terra, sotto altri invece molto differente. Marte ruota
intorno ad un asse come la Terra, ed ai due poli si veggono per lo più brillare
di luce vivissima due macchie bianche, le quali presentano vicende periodiche
di grandezza, e alternamente crescono e diminuiscono secondo il ciclo delle
stagioni, che per Marte è di 687 giorni, mentre per noi è un poco più di 365.
Appena si può dubitare che tali macchie bianche polari siano immense estensioni
di nevi o di ghiacci. Non sono esse da confondere con altre macchie di candore
per lo più meno puro e meno intenso, che talvolta appajono qua e là in tutte le
latitudini, prediligendo anche certe regioni della superficie, e che sono state
interpretato talvolta come nuvole, o strati di nebbia o condensazioni simili
alla nostra brina; si vedono or qua or là senza regola manifesta, e coprono
talora vastissime estensioni.
Fuori di queste regioni bianche o biancastre la superficie del
pianeta non è tutta di colore uniforme; nella maggior parte dei luoghi il fondo
è formato da diverse gradazioni di rosso chiaro, o di aranciato o di giallo.
Quello che rimane è occupato da vere macchie, in cui dominano colori di un tipo
più scuro, diversi in diversa località, con intensità differente. Prevalgono il
grigio, il bruno, qualche volta il nero, ma solo sopra linee o strisce di poca
ampiezza. Spesso le aree coperte da colori differenti sono divise da una netta
linea di separazione; ma non di raro accade che dall'un colore all'altro v'è un
passaggio graduale, quello che si dice una sfumatura. Tutto l'insieme dà l'idea
di un magnifico e ricco musaico di gemme sparse su fondo d'oro diversamente
ombreggiato, che nessun pittore fino ad oggi ha saputo rappresentare nemmeno
con lontana approssimazione. Le immagini di Marte che gli astronomi disegnano
il meglio che sanno stando ai loro telescopi, oltre all'imitazione quasi sempre
molto imperfetta della linea, per difficoltà che qui sarebbe lungo e inutile
descrivere, non danno alcuna esatta idea dei colori. Ciò che si stampa nei
libri sono figure assai imperfette, per lo più assai lontane dal vero, e
trattate in semplice chiaroscuro: da esse altro non si può ricavare che un'idea
approssimata della grandezza e della disposizione delle macchie più salienti,
senza che dei colori si possa dedurne alcuna notizia. Nè bisogna immaginarsi di
veder sempre in Marte le medesime cose; e che, messo il pianeta nel campo telescopico,
ad altro non si debba pensare, che a far un ritratto somigliante più o
meno a quello che si vede nel suo dischetto. Appena cominciato il suo lavoro,
l'osservatore si avvede ben presto che le macchie, le linee e tutto il resto
vanno cambiando d'aspetto lentamente, ma pur in modo sensibile in capo ad una
mezz'ora; la scena dopo tre o quattro ore si trova intieramente diversa, nuove
cose compajono mentre gli oggetti di prima o sono scomparsi, oppure se ancora
si vedono, sono talmente cambiati di posto, e deformati nel loro contorno, da
esser appena riconoscibili. Questa è una conseguenza della rotazione di Marte
intorno al suo asse, la quale si compie in 24 ore e 40 minuti: ed è facile
vedere quale imbarazzo nasca da questo fatto a chi debba rappresentare tante
particolarità a misura d'occhio.
Considerando le cose in massa, si distinguono nella superficie di
Marte le regioni di color più chiaro, le quali sono anche le più luminose; ad
esse, in conformità di ciò che si usa anche per la Luna, si suole dare la
qualificazione di terre o di continenti, mentre alle parti
ombreggiate con tinte più oscure si assegna il nome, egualmente convenzionale,
di mari e di laghi. Questi nomi non servono che per uso di
classificazione non interamente rigorosa, essendovi (oltre alle bianche calotte
polari) alcune regioni di carattere intermedio. Vi sono anche regioni di colore
variabile, che sembrano appartenere ora all'una ora all'altra classe secondo la
direzione in cui il Sole le illumina, o secondo la direzione in cui son vedute
dall'osservatore, in dipendenza di cause per adesso ancora sconosciute. Tali
variazioni possono farsi entro limiti estesissimi, che dal bianco puro possono
andare sino al nero assoluto, passando per gradazioni diverse di rosso, di
giallo, di grigio e di bruno. Di tali vicende alcune si ripetono ad ogni
rotazione del pianeta con una certa regolarità, altre hanno un andamento
parallelo alla stagione che domina nella località considerata del pianeta. Il
quale è soggetto alle stesse varietà di riscaldamento e d'illuminazione che ha
luogo nelle diverse regioni della Terra. Alcune di tali vicende d'aspetto sono
in diretta connessione collo stato meteorologico e termico, ed è possibile che
vi si rendano in qualche modo visibili a noi i diversi stadi di un ciclo
vegetativo, secondo un'ipotesi abbastanza probabile, studiata e propugnata
principalmente dall'astronomo americano Lowell. Ma l'osservazione prolungata
per molti anni ha fatto riconoscere un'altra classe di fenomeni che non
sembrano dipendere dal periodo delle stagioni, e potrebbero anche essere
irregolari. In certe località un dato aspetto di cose che sembrava permanente,
viene a mutarsi d'un tratto per intervalli, dà luogo ad altre combinazioni, che
scompajono alla loro volta, per dar luogo ad un rinnovamento più o meno esatto
del primitivo stato di cose; tutto questo saltuariamente ed in modo che si
potrebbe dire accidentale.
La carta annessa può dare un'idea approssimata del modo con cui
sono distribuite le macchie principali di Marte e la loro disposizione rispetto
ai poli ed all'equatore del pianeta. Essa è divisa in due emisferi al modo dei
mappamondi ordinari, in maniera però da collocare in alto il polo australe ed
in basso il polo boreale; ciò per render più facile la comparazione con quello
che si vede nel telescopio astronomico. In questo, infatti, che rovescia le
immagini degli oggetti, suole il polo nord apparire nelle parti inferiori del
disco, e il polo sud nelle parti superiori17. La figura è di carattere
schematico, come accade nelle nostre carte geografiche; essa non ha per iscopo
di dare una pittura imitante l'aspetto del pianeta come se si volesse
farne un ritratto, ma serve soltanto a facilitarne l'esposizione descrittiva.
Astraendo dalle regioni polari, le quali sono sempre o quasi sempre occupate
dal bianco polare, si vede subito che le aree più o meno ombreggiate, dette mari,
occupano forse un terzo della superficie intiera di Marte, e sono divise in due
parti o gruppi molto disuguali. In basso abbiamo il Mar Boreo, che circonda
quasi da ogni parte il polo nord, e da una parte si avvicina all'equatore fin
quasi al parallelo 40°. In alto abbiamo il Mare Australe che è molto più
vasto e spinge entro le aree continentali una gran quantità di ramificazioni
denominate sulla carta coi nomi di Gran Sirte, Mare Eritreo, Golfo delle
Perle, Mare Cimmerio, Mare Tirreno, Lago del Sole, ecc. Fra quei due mari Boreo
ed Australe si stende la zona continentale, sparsa qua e là di linee e
di macchie più oscure. Entro i due grandi mari poi sono sparse regioni che si
mostrano come grandi isole o penisole, quali Hesperia, Atlantis, Hellas,
Argyre, Baltià, Nerigos, colorate in giallo per lo più, ma non in modo
permanente; talora impallidiscono, ed anche si oscurano e prendono il colore
grigiastro o bruno delle macchie propriamente dette; solo mostrano questo
colore con minor intensità. Già verso la metà del secolo passato molti
particolari di questa topografia areografica erano stati esplorati o disegnati
da abili osservatori, quali Secchi, Dawes, Kaiser, Maedler, Lockyer, ed alcuno
di essi aveva anche intraveduto qua e là curiose configurazioni di macchiette o
di linee: ma non erano riusciti ad afferrarne con evidenza la forma. Soltanto
nel 1877, trovandosi il pianeta in una delle sue maggiori vicinanze alla Terra
(in posizione poco diversa da quella occupata nell'autunno ora decorso), si
ebbe l'opportunità di studiare in buone condizioni e con maggior successo quei
particolari prima confusamente intraveduti e di convincersi che tutta la
superficie di Marte, ma più specialmente le aree luminose continentali, sono
occupate da un reticolato di linee sottili, formanti una specie di
triangolazione o di poligonazione, come si può vedere nella carta qui annessa.
Queste linee sono tracciate sulla superficie del pianeta o forse entro la sua
atmosfera; ognuna d'esse corre per lunghissimi tratti, serbando per lo più una
direzione costante senza angoli nè curvature violente, formando anzi
(rigorosamente o almeno prossimamente) sul globo di Marte ciò che i geometri
chiamano un circolo massimo. Il loro corso appare continuo, senza lacune
apprezzabili alla visione telescopica, e si estende da pochi gradi (un grado di
Marte equivale press'a poco a 60 dei nostri chilometri), fino ad occupare
talvolta in lunghezza un terzo od un quarto della circonferenza totale del
pianeta (la quale è di 21.600 chilometri). La larghezza è molto varia; per
alcuni giunge a 100 o 200 chilometri, altri ad alcune decine di chilometri, per
alcuni più sottili e più difficili a vedere la larghezza non supera che alcune
unità della stessa misura. Perciò assai diversa è la facilità con cui si
possono riconoscere e figurare con disegno; e bisogna aggiungere, che questa
facilità è molto variabile secondo il tempo e sembra dipendere in molti casi dalla
stagione che domina lungo il loro corso. Spesso si vede qualcuno di essi
traversare una delle nevi polari, formando una traccia nerissima, che ha tutto
l'aspetto di una spaccatura di esse nevi. Queste linee sono i così detti
canali di Marte, così denominati per pura convenzione analoga a quella per
cui alle grandi macchie si è dato il nome di mari e di continenti.
Ma della loro natura finora poco o niente si è potuto accertare. Il nome di canali
però e la regolarità loro apparente ha indotto molti uomini di calda fantasia a
ravvisare in essi opere artificiali gigantesche di esseri intelligenti; ipotesi
questa che per ora non è ancora stato possibile dimostrare che sia vera o
falsa. Gli spiriti scettici hanno poi facilmente troncato la questione, negando
a queste formazioni ogni esistenza obbiettiva, e dichiarandole come fantasmi
creati dall'immaginazione sulla base di visione confusa ed imperfetta.
Quando un canale è collocato in modo da attraversare il disco di
Marte nel suo centro, appare come una linea retta formante un diametro. Ma
girando il pianeta intorno al suo asse, in capo ad una o più ore, il canale si
presenta in prospettiva molto diversa, e s'incurva tanto più fortemente in
apparenza, quanto più è distante dal centro. Queste variazioni di forma e di
curvatura apparente si possono spiegare esattamente secondo lo regole della
prospettiva facendo l'ipotesi, che i canali siano aderenti alla superficie del
pianeta, o almeno pochissimo distanti; la concordanza è tale, che di
quell'ipotesi nessuno può dubitare. Questo fatto, che è stato verificato
centinaja e migliaja di volte, basta da solo a dissipare qualunque dubbio
potesse nascere intorno alla realtà dei canali, e non lascia luogo a parlar
d'illusioni ottiche.
Tutti i canali hanno la proprietà di correre da un mare ad un
altro, o dal mare ad un lago o fra due laghi, o finalmente da un canale ad un
altro. Non si ha esempio di un canale, di cui un'estremità sia libera e termini
isolata nello spazio continentale che la circonda, senza connettersi da qualche
parte con un mare, o con un lago, o con un canale o con un gruppo
d'intersezione di più canali. Anzi tutte lo estremità dei canali là dove
terminano in uno dei mari o dei laghi, sogliono esser molto ben definite e
spesso sono segnate da una macchia oscura, che in molti casi presenta l'aspetto
di una larga foce in forma di tromba, per cui l'ipotetico canale potrebbe dirsi
sboccare nell'ipotetico mare vicino, o nell'ipotetico lago vicino. E similmente
quando due canali s'incontrano, spesso nella loro intersezione si vede una
piccola macchia oscura, per lo più di aspetto rotondeggiante e di diametro non
molto superiore alla larghezza dei canali medesimi. Simili macchiette sono
denominate fonti, per analogia col resto della nomenclatura. Il loro numero
è assai variabile, in alcuni anni se ne videro non più di due o tre, in altri
anni più decine e sembrano trovarsi frequenti in certe regioni del pianeta a
preferenza di certe altre. Nel 1907 la fotografia ne ha rivelato un gran numero
di nuovi, mentre altri prima evidenti cessarono di esser visibili. Quando un
canale ne incontra parecchi altri, avviene qualche volta che nelle sue
intersezioni con questi si vedono lungh'esso allineati molti di questi punti
oscuri, i quali formano una serie bene ordinata, come perle infilzate in un
filo. È da credere, che tutte queste fonti o piccole macchie rotondeggianti
siano ciascuna il risultato dell'incontro di due canali; ma ciò non risulta con
evidenza dall'osservazione, essendo frequenti i casi in cui essi appajono
isolati affatto nel mezzo dei continenti senza alcuna connessione. Ma è
probabile che la connessione esista e si faccia per canali troppo sottili per
esser veduti coi nostri attuali telescopi.
In parecchi luoghi della superficie dei continenti, i canali
s'incontrano tre o quattro o più insieme formando piccolo poligonazioni e dando
luogo ad un insieme di macchie più complicate. Nascono allora macchie oscure
per lo più irregolari del diametro di più centinaja di chilometri, e si vedono
sulla carta designati con nomi speciali, come Lago del Sole, Trivio di Caronte,
Propontide, ecc. Sono di forma più o meno regolare, secondo che i canali da cui
sono formati concorrono più o meno esattamente in un medesimo punto. Questi
laghi sono anch'essi molto variabili di colore, di forma e di estensione;
talvolta scompajono affatto, o si dividono in più parti, e presentano fenomeni
singolarissimi.
Ma riguardo ai canali e ai laghi il fenomeno più generale e più notabile,
e che nel mondo degli scettici ha provocato il maggiore scandalo è quello assai
frequente del loro sdoppiarsi, quando formano ciò che si chiama geminazione. Un
canale che prima appariva come linea schiettamente semplice, d'un tratto si
trasforma in un sistema di due linee, quasi sempre uguali e parallele fra di
loro. L'intervallo fra le due linee è diverso da un caso all'altro, come pure
la sua proporzione alla grossezza delle linee stesse. Anche queste geminazioni
sono variabili col tempo. Non solo sembra esser diverso in diversi tempi
l'intervallo fra le due linee, ma la visibilità di essa è soggetta a vicende,
di cui non è ancora stato possibile scoprire la norma. Talvolta una linea
diventa più debole dell'altra e finisce per sparire, l'altra rimanendo immutata
e visibile come canale isolato. I fenomeni che accompagnano la formazione delle
geminazioni non si sono ancora potuti completamente studiare; ma la durata del
processo non è mai molto lunga; le geminazioni compajono tali da un giorno all'altro,
durano qualche giorno o qualche settimana, poi si riducono di nuovo a canali
semplici, od anche entrambi i loro canali scompajono affatto. La loro
apparizione succede in diverse epoche con diversa frequenza; talora mancano
affatto o sono in piccol numero, in altre epoche il pianeta ne è quasi tutto
occupato, ed in certe occasioni se ne son viste fino a 30 simultaneamente. Esse
mancarono affatto nel 1877: frequentissime invece si mostrarono nel 1882, nel
1888 ed in altre epoche. Nell'apparizione dell'autunno passato (per quanto
risulta dalle notizie fino ad oggi pubblicate) esse non sono mancate, ma non
sembra fossero molto abbondanti. Un certo numero se ne trova pure nelle
splendide fotografie di Marte, che il professor Lowell ottenne durante l'apparizione
del 1907.
Di tutti i svariati e complicati fenomeni di Marte quello delle
geminazioni è il più singolare ed anche, a quanto sembra, il più difficile a
interpretare. Ad esso correlativo, e quasi contrapposto è un altro,
l'apparizione e disparizione dei ponti. Sono striscie luminose,
regolari, rettilinee ed uniformi, che di quando in quando compajono attraverso
dei mari e dei laghi, formando di essi una separazione completa. Il più facile
e più visibile di tutti è quello designato sulla carta col nome di Ponte di
Achille, che rassomiglia ad un argine o una diga posta fra il Lago
Niliaco e quella parte del Mar Boreo che è distinta col nome di Golfo
Acidalio. Il Ponte d'Achille è largo forse 200 chilometri e lungo poco meno
di 1000. È quasi permanente, ma talvolta si vede interrotto più o meno
completamente, come è avvenuto nel 1888. Un altro ponte divide in due parti
quasi uguali il Lago del Sole, ma non è sempre visibile: esso è apparso nel
1890 ed ultimamente nel 1907. Queste zone luminose in campo oscuro sembrano
aver qualche relazione con le zone luminose, che nelle geminazioni separano
l'una dall'altra le due linee oscure che costituiscono la geminazione.
Lo studio di tutti questi enigmi è appena cominciato; nulla ancora
vi ha di certo sui principi a cui si dovrà appoggiare una razionale
interpretazione dei medesimi. Tutto dipenderà dai progressi che farà nei
prossimi anni la rappresentazione fotografica di Marte. La questione farà un
gran passo quando si otterranno fotografie tali, che sopra di esso sia
possibile prendere misure precise.
Un altro passo importante è stato fatto dal signor Lowell,
inaugurando lo studio spettroscopico dell'atmosfera di Marte18. Egli
dimostrò che quest'atmosfera comprende, fra i suoi componenti il vapor d'acqua
e l'ossigeno. Con queste scoperte egli ha trovato un importante argomento in
favore dell'ipotesi da lui con molto ingegno e con gran copia di osservazioni
sostenuta, che Marte sia pur sede della vita, come la Terra; e che i fenomeni
di variazione osservati sul pianeta sian dovuti principalmente alla vegetazione
razionalmente governata da esseri intelligenti.
Giovanni Schiaparelli
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