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IL LAMPO A SECCO.
Non più sul tronco fragile
Di
pioppe vuote
Il verde picchio il valido
Becco
percuote;
Chè ormai di sotto al tepido
Guancial
dell’ala,
Come s’imbruna il vespero,
La
testa ei cala.
Niuna pe’ campi eterei
Nube
veleggia,
Tranquillo è il cielo e nitido,
E
pur lampeggia.
Diresti, che in tripudio
Là,
vêr ponente,
L’aura di razzi illumini
Festiva
gente.
Lampeggia; ma benefica
Piova
non scende
Sui colli che implacabile
Arsura
offende.
Sembra talor che l’anima
Così
t’avvampi,
Lisa, di vivi e súbiti
E
arcani lampi.
Ma son fallaci, e passano,
Senza
che cada
Mai d’una nobil lagrima
La
pia rugiada,
Che temperi gli spasimi
D’un
mesto amore,
E il lungo desiderio
D’un
arso core.
Errai. Te falsa e mobile
Pensai
sovente;
Mobil non sei, nè perfida;
Tu
se’impotente.
LE ONDINE
D’un lago
tacito
Cinto di betule
Sopra le immobili
Onde turchine
Ridde volubili
Danzano, intrecciano
Famiglie aeree
D’agili Ondine.
Volano,
volano
In giro languide
Coi bracci pendoli,
Come chi dorme,
I veli nivei
Tessuti d’alito
Lasciano scorgere
Le dive forme.
Le membra
àn gelide,
Le labbra pallide,
Il crin cinereo,
Non ànno il core.
Sono una nuvola
Di fredde vergini,
Che mai non seppero
Che fosse amore.
Lieve uno strepito,
Come per l’aride
Foglie fa il zefiro,
Danno i lor balli;
Altere ammirano
Le proprie immagini
Pinte sui liquidi
Cupi cristalli.
Quando la candida
Luna le irradia,
Sembrano un’orbita
D’iride stanca;
Ombre di giovani,
Larve di silfidi,
Altro che l’anima
A lor non manca.
Con volo instabile
Girano in garrulo
Vortice assiduo
I tuoi pensieri,
Elisa, simili
Ai fochi fatui,
Che a notte danzano
Pei cimiteri.
I tuoi sarebbero
Baci adorabili,
Se non sentissero
Di labbra spente
Degne degli angeli
Le tue blandizie,
S’elle non fossero
Fatte di niente.
O sciolga il tenero
Cinto di Venere,
O inesorabile
Ricusi amore,
Sereno, gelido
Sempre ed immobile
In solitudine
Stagna il tuo core.
Superba e vacua
Divina statua
Non ài delizie,
Non ài tormenti;
L’inerzia vegeta
Ne le tue viscere,
Leggiadra sterile
Di sentimenti.
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