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Aleardo Aleardi Canti IntraText CT - Lettura del testo |
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TRAGEDIA COTIDIANA.
I.
Che fai, Psiche? qual cor, qual sentimento È il tuo, di brancicar con spensierata Crudeltà da fanciul quella farfalla? Non vedi già che l’opalina polve E i lembi d’ôr n’ài guasti, e l’agil luce Più non dipinge d’iridi sottili L’ali fatte col fiato? A lei che importa, Che con amor le prodigiose tinte Tu ne contempli e i fragili ricami, Che con vezzo a le tue guance di pèsca La prema e al labbro e a le recenti poma? Anzi sen duole e trepida. Già sai, Come espïasti curïosa un tempo Imprudenti desir di sapïenza: Or via, lasciala andar. — Un’altra Psiche Bella al paro di te, ma più crudele, Simil governo un dì faceva anch’ella Di mesta cosa che le avea donata. E quegli strazi mi scendean sull’alma Con vergogna e dolor, come il flagello D’iniquo Americano in su le spalle De la povera Negra, che le carni D’ebano sconta che le diede Iddio. E il mio cor si frangea, però che quella Malinconica cosa era il mio core.
II.
Perchè piangi così mortificata? Psiche, che cerchi? — Io già tel dissi; «Amore Non tormentarlo, chè volerà via.» Ed è volato, e senza più ritorno. Misero! mi narrâr che l’altra sera, Quando lasciò de’ tuoi lari la soglia, Iva come ebro; gli erano d’un tratto Imbianchite le chiome, e ne la sua Fuga accorata ei lagrimava, e d’ogni Lagrima spanta uscíano lucciolette Di gelato splendor. Ma poi che al ciglio Giunse del prato ch’è di fronte al colle, Irruppe dai conserti orni una gente Sinistra ad assalirlo; e ognun di loro Avea nome: Sospetto. Avvelenate Punte di stilo gli piantar nel fianco; E cadde spento. Indi passava a caso Amorosa dei campi e de la luna La Musa mia, che inorridì mirando L’atroce scena. Si raccolse in collo Il morticino, a cui pendean le braccia Tristamente, e la testa; e improvvisando Inni funérei, nottetempo al piede Lo seppellì del tiglio. Ignota a tutti Questa istoria credea: ma le cicale Concittadine ne cantâro a lungo L’epicedio indiscrete e le venture.
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