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Aleardo Aleardi Canti IntraText CT - Lettura del testo |
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ELEGIE
AD UNA AMICA INVIANDOLE LE POESIE DI UNA CARA DEFUNTA
«Ossa quieta, precor, tuta requirescere in urna, Et sit humus cineri non onerosa tuo. ……………………………………… Effugiunt avidos carmina sola rogos.» OVIDIO, in morte di Tibullo.
Ella, fa un anno, ripassò con languido Piè la riva del Po, quasi un desire La traesse a veder la sacra Italia Pria di morire.
Ed or giace là dentro a una funerea Stanza, senz’aria e senza luce alcuna, Ella che tanto amava i campi, i fulgidi Astri e la luna,
E il coglier fiori! Ella che amava ai rigidi Verni la vampa di giocondo foco, Ora il freddo la stringe! Ella sì pavida, Laggiù, in quel loco,
E sempre sola! Io la morente all’ultime Ore non vidi; e me ne piange il core, Pensando pur che verso me la misera Nutría rancore;
E mi lasciò così, senza una placida Ricordanza d’amor, senza un addio. E a perdonar di molte amare lagrime Le avevo anch’io.
Nina, ricordi tu de’ nostri celeri Anni il mattin, quando fìoríano unite, Come tre fìde foglie di trifoglio, Le nostre vite?
Or di lei non rimane altro che l’avida Tomba e dei canti l’immortal volume; Quali rimangon d’un augello splendido Alcune piume,
Che fuggendo lasciò cader per l’aere, E manifestan col gentil colore Quanto ponesse in lui l’Eterno artefice Cura ed amore.
Come al racconto di pietosa istoria, Letta da malinconica pupilla, Ad or ad or su la faconda pagina Piove una stilla;
Così i miei versi, quasi fosser lagrime, Piovon sul triste foglio, or che t’invio Questi canti di lei, che troppo giovine Ascese a Dio.
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