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Aleardo Aleardi Canti IntraText CT - Lettura del testo |
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IN MORTE
Donna, di te so poco più del nome: Non so se fosse azzurro o bruno il lume Degli occhi tuoi; non so se di tue chiome Fosse il volume
Biondo, fulvo o corvin. Solo ho saputo Ch’eri bellezza gracile, uno stelo Frale col fiore che sentia un acuto Odor di cielo:
Seppi che quando ti affacciavi ai balli O ad un teatro, od alla chiesa, od ivi Tratta in cocchio dai rapidi cavalli Lungo i tuoi clivi;
Al veder la tua faccia pallidina Si fermava la gente intenerita E dicea sospirando: O poverina! Ha poca vita:
Seppi che più delle patrizie sale Tu visitavi, e Dio ti benedica, Per vie romite, su per buie scale Qualche mendica.
Pur non so come, io sento una devota Confidenza con l’anima d’un morto Anche se ignoto; e chiedo a quella ignota Lume e conforto.
Dimmi, Virginia, e, per pietà, ci svelli Questo dubbio crudel che ne divora: Hai tu veduto sotto questi avelli Spuntar l’aurora
D’un’altra vita? Oppure l’amorosa Anima tua si è tutta tramutata In terra, in aura, in onda, in questa rosa Oggi sbocciata
Sulla tua fossa? — Ed or che sei? — Qual forma Ti distingue dall’altre? — Ove dimori? – Che fai? — Che senti? — Serbi ancora un’orma Dei vecchi amori?
Ricordi ancora i dì tristi o giocondi De la terra? — Conosci l’armonia Dei Veri eterni? — Oh, per pietà, rispondi, Virginia mia.
Io notte e giorno con orecchio teso Stetti daccanto al tumulo seduto; Ma stetti invan: non ò mai nulla inteso: L’avello è muto.
EPICEDIO PER UNA BIMBA.
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