Capitolo
Secondo
Adhue multiplicabuntur in senecta uberi.
Salmi 61, 62
Les femmes
regardaient Booz plus qu'un jeune homme,
Car le jeune
homme est beau, mais le vieillard est grand.
Le vieillard,
qui revient vers la source première,
Entre aux jours
éternels et sort des jours changeants;
Et l'on voit de
la flamme aux yeux des jeunes gens,
Mais dans l’œil
du vieillard on voit de la lumière.
V. HUGO, Booz endormi
Se aprite un libro di
fisiologia, vi leggete che la donna fra i quarantacinque e i cinquanta anni vede cessare il tributo lunare e che l'uomo dopo i sessanta non può più
combattere le dolci battaglie d'amore.
Queste cifre son varie
secondo gli osservatori, varie secondo
i climi e la costituzione di ciascuno; ma oscillano sempre fra punti
molto vicini.
Queste cifre crudeli ci dicono quindi che, come nelle piante così nell'uomo, la vita dell'individuo
sopravvive a quelle della specie e che
il carattere più saliente della vecchiaia è forse quello di dover rinunziare ai piaceri d'amore.
L'igienista ricalca i suoi precetti sui dati che gli porge
il fisiologo, e ci insegna di non tormentare organi condannati dalla natura al riposo e ci dice di non cercar
fiori fra le nevi e i ghiacci
dell'inverno.
Un organo morto non può esercitare funzione alcuna: un organo morto non ha bisogni, né desideri, e il
vecchio non dovrebbe soffrire del
digiuno d'amore per la semplicissima ragione che, non avendo bisogno di
magiare, non ha fame.
Noi altri fisiologi e scienziati però siam sempre costretti,
quando cerchiamo di segnare i contorni di un
fenomeno o di formulare i regolamenti
di una funzione, a recider sempre qualche cosa, a mutilare qualche nesso, che
tien riunito il fenomeno o la
funzione con tutti gli altri fenomeni e tutte le altre funzioni, che si muovono o vivono con essi.
L'uomo di scienza parla
coi dogmi e coi numeri, e la natura
strilla e talvolta anche si ribella contro le necessarie prepotenze dei dogmi e dei numeri.
Anche i codici parlano lo
stesso linguaggio, ma quando essi si
trovano faccia a faccia con gli uomini vivi, si vede quasi sempre che il
verbo non corrisponde allo spirito, che la scienza non si può saldare con la
pratica, e ad aggiustarli alla meglio
vengono i regolamenti, i commenti e ahimè la densa schiera degli avvocati, vengono gli uomini della
toga e vengono i giurati.
Nella pratica della vita
abbiamo dunque avuto molti e anche
parecchi vecchi, che non hanno rinunziato ai piaceri d'amore, sia perché sono eccezioni ai dogmi e ai
numeri scritti nei libri; sia perché
con artifizi diversi mantengon viva la
fiamma del desiderio, che dovrebbe spegnersi con l'atrofia dell'organo.
Ma lasciamo la scienza e
scendiamo al piano della vita.
L'amore coi suoi dolci
tormenti e le sue care voluttà non tramonta a un tratto, come il sole all'equatore,
ma ha lunghi crepuscoli, che negli organismi robusti e non logorati dagli abusi, rammenta quelli polari. Il giorno non è
finito, e la notte è cominciata
appena; e questa lotta della luce con le tenebre si fa così lentamente,
così insensibilmente, da durar tanto quanto
la vita.
E l'amore del vecchio,
luce e tenebra in una volta sola, crepuscolo misterioso del polo, non
tramonta che con l'ultimo sospiro e senza
ch'egli abbia dovuto pronunziare le terribili e nefaste parole papali: non possumus.
Questa ideale perfezione
è privilegio singolare dell'uomo monogamo e virtuoso, che continua ad amare la
sua compagna anche quando le si imbiancano i capelli e incomincia il
naufragio della forma.
Allora la consuetudine
supplisce a ciò che il tempo ci toglie
e l'esser invecchiato insieme dà quasi una nuova e più stretta
parentela, che non sia quella che unisce due giovani sposi. La lunga e non
interrotta catena dei dolci ricordi, le burrasche
superate insieme, l'eguaglianza nella debolezza e il bisogno dei reciproci perdoni; un intendersi
tutto con uno sguardo solo, formano ai due vecchi un clima tutto
speciale fatto di tepori e di morbidezze; che se non è proprio amore, è qualcosa che molto gli rassomiglia e che in ogni
modo è largo dispensatore di intime
compiacenze e di occulte e misteriose
voluttà.
Ai disinganni
dell'estetica pensano poi le tenebre tanto indulgenti e pietose. Molte
tenebre e un po' di fantasia rattoppano di
grandi strappi e celano di grandi piaghe e tanto da superare il più abile
ortopedico del mondo.Volesse Iddio che valessero anche a nasconderci le piaghe
morali e le deformità dell'anima!
Oh quante volte un
vecchio arzillo dopo un lauto pranzo innaffiato
da vini troppo generosi, volle fare un piccolo strappo alla realtà coniugale e di soppiatto andò a comperarsi un po' d'amor giovane.
Ma con quanti rimorsi e
quanto desiderio ritornò al talamo usato, maledicendo la corsa fatta in
campi non suoi e l'umiliante compassione e la
tolleranza mal simulata e il prezzo cresciuto
all'eccesso della grazia accordata.
Con quanta gioia
riabbracciò la fidata compagna, a cui trent'anni prima aveva dato la prima
lezione d'amore, con quanta
compiacenza riandò con lei sei lustri di carezze e riandò le scoperte fatte insieme e le nuove terre
esplorate e i pudori rinascenti sotto
i loro piedi nel dilettoso viaggio, come fiori sbocciati al fiato della
primavera.
Oh quanta differenza fra
la commedia schifosa rappresentata nella commedia della voluttà e il
lungo e memore abbandono di due esistenze saldate insieme da anni!
Oh quanta differenza fra un bacio comprato e quel bacio cercato nello stesso tempo in due e in due
assaporato lunghissimamente; quel bacio sempre eguale e sempre diverso, che a guisa di suggello ha segnato in ogni più
piccola parte del corpo, e in ogni fibra del cuore e in ogni più
profondo nascondiglio dell'anima ha
intrecciate insieme le due parole: mio, nostro!
Napoleone, cinico ed
egoista, ma profondo conoscitore della
natura umana, disse, che se l'uomo non invecchiasse, non gli darebbe una
moglie; e con queste poche parole segnò a
grandi tratti e molti anni prima del Balzac quasi tutta la fisiologia e
la filosofia del matrimonio.
Sì, egli aveva ragione. Se
il matrimonio è ancora la forma meno cattiva
del contratto d'amore fra l'uomo e la donna; è poi sempre l'unico vincolo, che permette all'uomo e alla donna di amarsi, anche quando fisiologia e igiene
li avessero messi all'indice.
Il volgo ripete ogni
giorno con volgarissima menzogna, che fra due sposi l'amore si trasforma a poco
a poco in amicizia.
No e poi no: il
sentimento che lega due vecchi che hanno attraversato insieme una lunga vita, non è amicizia, ma è ancora amore e amore sessuale. Non è l'amore
ardente e vulcanico del giovane, non l'amore dotto e ingegnoso dell'adulto; ma
è sempre amore.
Un amore pieno di dolci e
misteriosi ricordi, ignoto al mondo tutto e che formano il delizioso ed
esclusivo segreto di due corpi e di due cuori.
Un amore pieno di indulgenze, di concessioni, di generose
bugie e di tenerissime ipocrisie.
Un amore pudico, perché ha molto da perdonare e da farsi
perdonare, un amore che osa esser libertino, ma senza violenze, che sa di non poter peccare; un amore
ritornato puerile e timido, ma rimasto parecchio birichino e
capriccioso.
Un raggio di sole, che
squarcia le nubi nere di un temporale
e cade sopra la candida neve polare, e par che la riscaldi e la disciolga con un fiato di calda tenerezza!
Se l'amore di due vecchi
può esser giocondo, diventa poi giocondissimo, se è benedetto dalla
fecondità. Allora rassomiglia in tutto al più
caro e al più bello fra gli alberi, il limone; sempre verde di foglie, sempre profumato di fiori, sempre ornato di
frutti.
I nostri figlioli sono specchi viventi, nei quali due
creature di sesso diverso si guardano e si contemplano con intima e misteriosa
compiacenza.
Un figlio guardato nello
stesso tempo dall'uomo e dalla donna,
che li hanno fatti, è lo spettacolo più giocondo per gli occhi, più inebriante
per l'anima.
Più d'una volta due felici
mortali, da quello specchio vivente riportano gli occhi sopra se stessi,
scambievolmente e lungamente. Un sorriso in
due dice loro, che si son ricordati della
stessa cosa e nello stesso istante. Un ricordo che il mondo ignora e che porteranno essi solo nella
tomba. Il ricordo di una carezza
diversa da tutte le altre, e che ha generato quella creatura; una voluttà non mai dimenticata e da tutte le altre diversa e che rimase improntata in
un lineamento, in un gesto; che è
fusione di due carni e di due sangui.
La Bibbia dice che il
Creatore, dopo aver guardato il mondo fatto da lui, se ne compiacque e
sorrise.
E come non sarà divino il
sorriso, quando son due i creatori, che guardandosi nello specchio della
loro fattura, si rivedono vivi e giovani,
come quando in un amplesso potente e innamorato, riaccesero insieme la
fiaccola della vita?
È il frutto saporoso che
rammenta a quei due il fiore profumato, da cui nacque; è un mirabile
accordo del passato e del presente; è la visione vaga e misteriosa dell'avvenire,
di cui quei due sono gli artefici fortunati.
Se un raggio di sole,
toccando la punta di un ago lucente, si
frange in aureola scintillante di luce; se rompendosi nella gocciola
della pioggia, si distende nell'iride di un arcobaleno; gli sguardi dell'uomo e della donna, che insieme passano attraverso
la loro creatura, formano un altro arco di luce celeste, che congiunge il passato all'avvenire, riempiendo l'anima di estasi e di beatitudine.
È il creatore, che dopo la
creazione se ne compiace e sor ride!
Ma non tutti gli uomini vecchi hanno una moglie: abbiamo la lunga schiera dei vedovi e la lunghissima
dei celibi, ribelli per tutta la vita
al matrimonio e che in fatto d'amore son sempre vissuti di rapina o di
voluttà pagate.
Tutti questi infelici
hanno in generale perduto la loro virilità
prima dei mariti; dacché è un dogma, che nulla conserva certi preziosi poteri quanto l'ambiente costante e
tranquillo del matrimonio. In questo caso, avvezzi da lungo tempo ad una grande irregolarità nell'esercizio delle loro
facoltà riproduttive, abituati ai lunghi digiuni interrotti da pasti
gargantueschi (veri selvaggi dell'amore) si
rassegnano a intermittenze più
lunghe delle solite e di digiuno in digiuno sopportato facilmente per la
fame diminuita, giungono senza rimpianti
alla castità assoluta.
Ricordano il passato con compiacenza e si rassegnano al digiuno d'amore. Non ci rassegnamo forse a perdere
i capelli e i denti, a vederci il
volto solcato dalle rughe; non portiamo forse gli occhiali senza piangere e non assistiamo ad una festa da
ballo senza ballare?
L'uomo perfettamente sano
però e che ha navigato per tutta la
vita nel mare della voluttà, col timone in mano e con la bussola davanti agli occhi, muore anche oltre
gli ottant'anni, senza aver abdicato
mai del tutto alle dolcezze d'amore.
Gli rimangono le lunghe e estetiche contemplazioni di una
fra le più belle creature. Gli rimangono le innocenti carezze e tutte le svariate adorazioni di un Olimpo, che è
ricco di Dei e di Dee più del cielo indostano. E se scrivessi in India e
per gli indù potrei a questo proposito discutere e commentare e distinguere, conciliando l'igiene con la morale e
facendo camminare a braccetto la voluttà col galateo della penna.
Ma son nato europeo e
scrivo per europei, e la mia penna che
fu sempre ardita, ma che può vantarsi di non aver mai insegnato ai libertini una leccornia nuova, né di
aver mai rotta una maglia della fitta
rete che difende il pudore, s'arresta
e tace.
Il medico igenista si accontenta
di dire al vecchio:
Non usate mai e poi mai
afrodisiaci. Suscitano in voi falsi desideri, vi darebbero false gioie,
accorciandovi la vita; facendovi vergognosamente morire fra le braccia
dell’etere.
Se vi sorride un desiderio
spontaneo, naturale, entrate pure nel tempio, dove non si domanda mai la fede
di nascita ma si richiede la patente della virilità. E in ogni caso fate sempre
la metà di ciò che vorreste fare.
E se avete la fortuna di
conservarvi belli anche a sessant’anni, e se per di più un’aureola di gloria
illumina i vostri capelli bianchi e vi fa ancora desiderare dalle donne; fate
pure senza vergogna la parte del casto Giuseppe, e fatevi pregare, come se
foste una donna giovane e bella. Non tentate mai di conquistare, òa lasciatevi
conquistare. Il ridicolo è il più spietato assassino dell’amore. A lui nessuna
passione resiste e a lui si piegano sottomesse tutte le forze della terra.
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