Il giovane è vagabondo,
versatile, amico del nuovo e dell'inaspettato.
Il vecchio è abitudianario
e gode nel fare le stesse cose alle stesse ore, di rivedere le stesse
persone allo stesso tavolino del caffé, di
trovare al mattino sullo scrittoio ogni cosa all'usato posto.
Dall'ordine delle cose e
del tempo egli trae un inconscio augurio, che anche in lui le funzioni
tutte camminino regolarmente, che il pendolo
misuri esattamente l'ordine dei suoi piaceri, delle sue occupazioni.
Il vecchio non ama le sorprese, perché sono per lui urti
improvvisi, che gli danno una scossa troppo forte. Ama invece il ripetersi preciso delle stesse cose alle
stesse ore; e quando l'appetito, la
sete, la voglia di fumare lo chiamano all'ora consueta e precisa, egli è felice di constatare l'armonia perfetta
di lui con le cose che lo circondano.
La simmetria vuol dire per
lui salute, la puntualità nei ritrovi
vuol dire galateo; il tic-tac del
pendolo poi non dice a lui le
desolanti parole, che mormorava all'orecchio del grande poeta americano:
ever never (sempre, mai); ma
proclama a voce sommessa, che l'ordine regna dappertutto: in cielo e in terra,
in casa e fuori, nel territorio del suo lo come nella gran patria, di cui è
cittadino.
Curar la simmetria,
mantener l'ordine, sono occupazioni carissime e quotidiane del vecchio;
son gioie che il giovane ignora quasi sempre e gode soltanto, quando una
vecchiaia precoce gli toglie le allegrezze
della propria età per dargli in cambio quelle della vecchiaia.