Sarà questa una gioia
egoista, ma è anche una gioia umana;
quella cioé di star seduti e di veder gli altri in piedi.
Sarà nel piccolo teatro della commedia o della tragedia o
nel gran teatro del mondo sociale; ma voi siete arrivato prima e avete trovato una sedia e vi restate. La vostra
età vi dispensa di offrirla anche alle signore e vi restate.
Non è forse vero, che tante e tante volte siete rimasto in
piedi, stretto e soffocato dalla folla, che vi pestava i piedi e vi apppestava
con il suo fiato?
Non è forse vero, che per
molti anni avete ceduto il vostro posto
alle signore perché donne; ai poveri perché infelici; ai bambini perché piccini; a molti e molti perché
prepotenti?
Ma oggi siete vecchio e
avete diritto a sedere prima d'ogni
altro e vi sedete senza rimorsi; magari forse in una soffice e profonda poltrona, che vi abbraccia tutto
quanto, che vi fa sentire dal capo ai
piedi che ogni particella del vostro
corpo s'adagia e riposa.
Se poteste, alzandovi e
cedendo il vostro posto, far sedere tutti
quelli che stanno in piedi, lo fareste ben volentieri; ma ahimé sono troppi e son più giovani di voi e più
forti. Pazienza! Si siederanno
anch'essi, quando voi, facendo l'ultimo
viaggio, avrete lasciato loro libera la vostra sedia; quando anch'essi avranno i capelli bianchi.
Per ora il sieduto siete
voi, e vi perdono anche, se sorridete
un pochino, cedendo l'andare e il venire e l'affannarsi e lo strepitare dei molti, che cercano invano una
sedia; fosse pure di paglia o di legno.
Tutti gli uomini nati sotto il sole possono sedere, dacché a
tutti quanti la mamma ha dato l'organo per
poterlo fare; ma pur troppo non sono
gli organi che mancano, ma le sedie. Anzi
è appunto in questo squilibrio fra i sederi e le sedie che sta il grande
problema sociale e per la cui soluzione son tante le proposte, quanti sono i
cervelli umani.
Sia ad una conferenza o in
una chiesa, in un teatro o in un meeting;
se voi guardate d'un colpo d'occhio tutti gli atteggiamenti dei seduti,
vedrete quanto sieno diversi secondo la loro
età. I giovani son sempre seduti per metà, quasi volessero mantenersi pronti alla partenza. Hanno troppo da
vedere all'intorno, signore o amici o
nemici. E poi hanno sempre come un
piccolo rimorso di star seduti, quando molti stanno in piedi e guardano allora in terra o fanno il
distratto e guardano per aria, come chi
commette un peccato. C'è là nel fondo una signora in piedi, c'è un
conoscente che è zoppo, c'è un loro maestro,
che invano hanno cercato una sedia. Ed essi
son seduti; ma il rimorso guasta loro la gioia del riposo e sono inquieti e
dispiacenti. La sedia c'è, ma nel cuscino ci sono nascoste delle spine
psichiche.
Il vecchio invece non ha
nel suo cuscino che voluttà; voluttà piena, senza alcun pentimento,
senza alcun rimorso.
Perché quesi signori che
sono in piedi non son venuti prima, perché non hanno fatto una corsa? Io
son seduto e ci sto bene, anzi benissimo. E
le mani del vecchio si appoggiano sul
bastone per aggiungere riposo a riposo e i suoi sguardi lentamente e lungamente girano all'intorno,
compiangendo i non seduti.
Egli possiede col diritto più sacro, quello dell'occupazione
legittima.
Egli pronunzia entro di sé le parole del romanzo antico, ripetute in Roma da un gran re moderno: hic
sumus et hic manebimus optime.
Dal teatro, dalla sala,
dalla chiesa portate il vecchio nel gran circo del mondo e anche là
vedrete ripetersi su più vasta scala la stessa scena; perché anche là nella
scala della gerarchia avete pochi seduti e molti in piedi, e le sedie son di
tante e più categorie che nel teatro, nella sala e nella chiesa.
E anche là il vecchio
rimane seduto beatamente e senza rimorsi, mormorando sempre:
Hic manebimus optime!