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Ulisse Barbieri Lucifero IntraText CT - Lettura del testo |
«Seguimi che altre cose ti vo' far vedere, mi diss'egli, e statti pur certo che sebbene librati nell'aere, staremo più saldi che nol fossimo sulla più salda rocca di granito!...
— Si può sapere, maestro, dove ci troviamo?...
— E che t'importa il dove?... guarda solamente sotto te; che vedi?...
— Un abisso in cui l'occhio si perde....
— Fu il Caos prima d'essere il mondo.... Or guarda bene e m'ascolta, Poeta, dacchè più nulla avrò dopo questo a dirti. Tutto ora noi dominiamo, dacchè il mondo che fu è sotto noi.... tu non vedi che tenebre, ma da quelle tenebre io non ho che ad evocare delle tradizioni per rivelartele; fissavi dunque lo sguardo e discerni. Eccoti l'Italia, la terra delle melodie. La terra dei fiori brutta di sangue; la Maddalena, come la disse un dotto alemanno, la quale colle chiome sparse sugli eburnei omeri, piange sovra sè stessa, troppo tardi pentita de' suoi errori. La Spagna, la terra delle favolose tradizioni; la Grecia, la terra dei giganteschi sagrifici, delle eroiche abnegazioni. L'Alemagna, il suolo delle fantasmagorie e dei sogni, il paese delle leggende. L'Oriente, la culla delle vergini. L'India, la terra dei miti... Nel turbinoso vortice dei secoli guarda come immani fantasimi passare la storia di tutte le nazioni; cosa che ne raccogli se non un solo gemito, confuso con un grido d'orgoglio?... Popoli ed individui che muojono, memorie e cose che si accavallano, che si succedono, virtù e colpe che si confondono, e dapertutto non v'è che la stessa armonia di disordine.... Il creato sin dal suo nascere col primo palpito dell'esistenza, inneggiò il mesto preludio de' suoi mali, e l'osanna delle sue glorie. Tutto si alterna; la vita ha bisogno di tramonto e d'aurora, il tempo di notti e di giorni; nella variazione è il prolungamento, la vita dei regni come quella degli individui ha i suoi punti estremi di contrasto.
Sulle atterrate città della Grecia, guarda sventolare la mezzaluna del Musulmano; sui vasti campi dell'Oriente, sulle sponde del Gange!... sovra il cadavere dell'Arabo feroce che sollevò ardito l'urrah! delle battaglie vedi battere l'ugna ferrata il cavallo del Crociato, che si disse guerriero di Cristo, inalberando la croce emblema di pace e di perdono a stendardo di scempi e di carneficine... Chi è più colpevole d'un'armata che in nome di una religione di fratellanza apporta la morte su terra non sua, oppure chi a prezzo di sangue difendeva il suo tetto, e la sua religione, quale essa si fosse?... Ogni avventatezza di principi degenera in pazzia. Pazzia dà frutto di colpa; da fanatismo di parte che bandisce un grido di libertà allorchè la tirannide vuol spegnerla nelle sue spire non v'è che un sol sasso e la tirannide briaca di sangue, vuol sangue, come l'ebbro il quale mal reggendosi in piedi stende l'avida mano all'ultimo bicchiere che terminerà il suo abbrutimento. Contempla la terra seminata di fratelli che armò l'uno contro l'altro la erroneità d'un idea, o la sagacia di pochi, che si fecero delle masse strumenti ciechi e formarsi un piedestallo di grandezza, e dimmi se più ti viene da ridere o da fremere sulle umane stranezze!... Dall'una parte astuti che comandano, dall'altra stolti che chinano la fronte ed obbediscono. Del sogno d'una notte l'uomo formò un simulacro, e disse: è d'uopo adorarlo. Vi furono gonzi che credettero, e sorsero le mille religioni che popolarono la terra di riti; altri risero, ma a guisa del mercante che tirato il conto di due somme piglia la migliore, pensarono quale utile ne potrebbe venire, e la menzogna patteggiando colla ipocrisia scrisse le favolose tradizioni che accettò il fanatismo. Il tiranno per conservarsi sul suo seggio ebbe bisogno di servirsene; la religione comprese d'esser forte, e coloro che si fecero suoi ministri armatisi del prestigio della loro posizione, la vestirono a pompa, come la prostituta, per vendersi a maggior prezzo o per sedurre più agevolmente, si adorna di ricchi abiti e sfavilla di diamanti. Sorse allora un potere fuori del potere, un mondo fuori del mondo, che fu gettato fardello pesante sulle spalle dei creduli, perchè si curvassero in modo che sui loro dorsi gli altri salissero a dettare la legge. Il capriccio, statuì le basi di vincoli positivi; la follia vestì il manto della verità, perchè la verità era falsata o perduta nel bujo delle tradizioni; i potenti vi si arrancarono, come il naufrago all'antenna galleggiante dell'infranto naviglio, ed una turba d'uomini si disse rappresentante di un Dio qualunque, alzando la bandiera della propria idea, che ebbero martiri, e vittime ed evocato come l'orco, il Cielo fu chiamato a patteggiare coi delitti e colle matezze umane.
Interroga le stragi di Messene e di Sparta, del Portogallo e dell'Africa; guarda gli altari dell'India su cui la vergine veniva sgozzata dal sacerdote, agli altari della Grecia sui quali la vittima cadeva incoronata di fiori. Guarda alle ecatombe di Roma, ai martiri caduti sotto il dente delle belve affamate e spiranti nelle carceri, e sugli aculei, o sotto la scure dei carnefici. Sotto le mura di Gerusalemme, cerca i mutilati avanzi di due popoli; interroga i gemiti delle orbe madri, delle spose derelitte, dei figli piangenti. Da dove vennero tutti questi mali? Da dove sorse questo grido foriero di tanta strage? di tanto furore, di tanta insania?... Dai misteriosi vaticini dell'antro di Delfo, ai responsi della sibilla romana, tutto è menzogna. Come un branco di augelli che seguono gli eserciti attendendo impazienti la notte che offrirà loro lauto banchetto di cadaveri, si divisero pochi eletti il frutto sanguinolento di tanto esterminio, e sui gemiti dei fratelli, rise il fiero riso della cupidigia chi all'ombra d'una larva si fabbricò un trono a rassodò l'edificio del suo potere. Ingiustizia e ingratitudine, barbarie e colpa dovunque.... Catone si immerse nel petto il ferro che impugnò per la comune libertà, quando sentì il trionfo di Augusto... Gli Ateniesi offrirono veleno al più virtuoso degli uomini.... La virtù è condannata al sagrificio perenne, perchè l'empietà ha troppi proseliti. Tarquinio invece passò col cocchio impudente sul cadavere di suo padre, e regnò, vero è che fu poi assassinato anch'egli.... Poichè fiore dà frutto.... colpa genera colpa.... ed il dispotismo evocato dall'io superbo del suo potere che crede d'andar diritto, è come il cieco che dà di cozzo in una parete e cade al suolo sanguinolento, tanto è vero che Alboino quando credette aver tocco il sommo della dispotica sua potestà, imponendo a Rosmunda di bere nel teschio del padre, segnò con quell'atto la sua rovina, e non si svegliò dal suo sogno di superba grandezza se non che per vedere la mano che gli cacciava un pugnale nel petto, ed Oloferne quando disse: è mia Betulia, e ne vagheggiò feroce l'ultimo scempio, fu allora che ebbe a fare un serio conto colla spada di Giuditta.
— Maestro, io ho sentito sempre dire che al diavolo abbrucia la lingua nominando santi....
— Ed io credo vi siano diavoli che valgano assai meglio di tutti i santi che registrò ne' suoi elenchi la Chiesa... La santificazione è una merce a buon mercato mi pare.... ed affè che se santa fosse invero Giuditta, sarebbe come trovare una perla in mezzo al fango.
— Mi pare paragone troppo sconcio parlando di santi, maestro....
— Ti capisco.... ma fa che torni lo stesso.... Sono fanfalucche come la storia del fico, e del diluvio.... e tante altre storie che si danno a bere a chi le vuole, io le butto di rimando, da cui mi vengono.
— Tutto è menzogna!... e che? vorresti tu darmi a credere di prestare fede a queste fiabe?...
— Io non ci credo.... Ma sento che il tuo sarcasmo mi fa rabbrividire.... il mondo che tu mi mostrasti è ben orrendo.... Vi sono ancora sublimi virtù nel mondo... Vi sono i sagrifici del genio.... le nazioni che di volo mi mostrasti nel loro nulla materiale, hanno anche splendide glorie.
— E vuoi tu vedere ove scompajono.... ove tocchi il fine di tutto?
— Maestro, lasciatemi....
— No. Vieni....
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