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Ulisse Barbieri
Lucifero

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CAPITOLO V.

 

Sempre così . . . . . .

 

Abbandono!... suona ben trista sul labbro questa parola.... Quante memorie di piaceri, di speranze.... di gioje sfumate, di desideri incompiuti.... che passano dinnanzi allo sguardo lasciando nell'animo lo sconforto ed il dolore!...

Se l'autunno è la più mesta stagione dell'anno, se l'Ave Maria è l'ora più mesta della sera.... l'abbandono è la più mesta parola che amareggi anima mortale nell'ora dell'affanno, quando egli batte inesorabile alla nostra porta chiedendo ad ognuno la sua quota di lagrime.

Era sparito il roseo incarnato che faceva così belle le guancie della fanciulla.... i suoi occhi hanno perduta la loro gioviale vivacità, eppure quanto sono ancor belli!...

Invano la buona madre le sta intorno con affannose domande: — inginocchiata innanzi ad un'immagine di Maria che imparò a pregare sin dall'infanzia, essa prega.... e confonde alle parole rotti singulti. Per chi prega essa?...

Carlo non frequenta più cosí assiduo la famiglia.

— La nostra posizione ha bisogno di riguardisusurra egli all'orecchio della giovinetta.

Un sinistro presentimento getta la tempesta in quel povero cuore; un terribile pensiero la spaventa; nelle angoscie del dubbio ella si strugge sotto gli occhi di colei che daria la vita per veder rifiorire sul suo volto quel sorriso che la faceva tanto beata!

 

*

*    *

 

Passano i mesi, e col rapido fuggire di essi, cresce la cupa melanconia di Adelia. Un non so che di vago, di indefinibile, la agita, la turba.

Quasi con timore ella fissa i suoi occhi in quelli di Carlo.... le dolci parole di sua madre la conturbano.... Ella china il capo quando favellandole amorosa le siede appresso.

— Forse che più non m'ami?... Egli mi deve amare!... mormorò un giorno fra , come reagisse disperatamente contro l'immagine d'un pensiero!... Che.... che.... debba avvenire.... è d'uopo che egli sappia.... E non finì; un singhiozzo convulso le soffocò la parola nella strozza, si coperse il volto colle mani e pianse.

È raccolta la famigliuola nella saletta da lavoro, il fratello di Adelia che era ritornato da qualche giorno, è ripartito per Padova.

Una zia di Adelia, sorella della signora Caterina venne dalla campagna in quella vece a romper la noja per qualche giorno. Le due donne lavorano; Adelia pure trappunta; le sue mani piccole, bianche, agili, scrivono un nome sulla fina tela!... un nome che le suona così dolce sul labbro!... che gli echeggia così caro nel cuore!...

Carlo arriva.... egli è più gajo del solito; il sorriso di Adelia si anima tosto della sua gioja.... egli se ne impronta rapido come il cristallo che riceve la luce e che la spande d'intorno.

Eppure tutto ciò ha una forma vaga.... assomiglia la calma del mare quando vicina freme la tempesta; tutti sono muti e sono tristi pensieri al certo che concentrano intorno a quel crocchio domestico quel silenziocupo.

Adelia ha trascurato i suoi fiori, poi ha pianto per qualche esile pianticella che trovò appassita; le sembrò che fosse una speranza di meno che si sfrondava dall'albero delle sue illusioni!

Chè chè avesse però fissato.... venne il giorno che nel suo pensiero Adelia ebbe fisso.

Carlo era secolei sul terrazzino; ve l'aveva tratto con dolce violenza; pareva che la fanciulla sentisse il bisogno d'annodarlo al suo passato, evocandone la dolce memoria.

Egli pareva fuggire con ogni studio quel colloquio....

Cosa si dissero?... che avvenne?... Un grido disperato d'angoscia.... come il singulto di un'anima che franga i suoi vincoli di carne, ha eccheggiato lungo i deserti appartamenti ed arrivò fino all'orecchio delle due donne che lavoravano.

Esse accorsero.... trovarono la fanciulla sola sul terrazzo.... teneva gli occhi fissi sovra la scala dalla quale qualcuno era sceso.... quando si riscosse si gettò singhiozzando nelle braccia della madre.

Povero cuore!... quanto doveva aver sofferto. . . . . . . . . . . .

È una fredda mattina di febbrajo; una fitta nebbia fa argine ai pallidi raggi di un sole senza calore. Il passero se ne sta rattrapito sulle grondaje e par restío di spiegare il suo volo agile e leggiero. Il funebre rintocco di una squilla vaga mestamente per l'aria pesante, umida, bassa.

Adelia curva la fronte dal dolore, eppure calma e serena nella coscienza di stessa attende l'ora funesta che gli aleggia intorno.

Pallida più che le bianche cortine del suo letto, ella giace .... e nel suo sguardo fisso, quasi immoto, nuotano ancora le memorie dei giorni troppo presto trascorsi!...

Tutto è silenzio.... e soltanto il soffocato singulto della povera madre che veglia al capezzale della giacente, turba quella quiete solenne.

La giovinetta si scosse; il suo occhio incontrò quello della madre umido di lagrime.... colla scarna mano si strinse al seno quella fronte amata!... Le loro labbra si toccarono.... mandarono un sospiro... non dissero una parola!... qual incomparabile poema d'affetti!... quante pagine del cuore umano svoltesi in un attimo!... quante rivelazioni arcane comprese in un fremito!... qual domanda di perdono!... o qual risposta di adorazione!...

— Ancora non venne!... mormorò ella, distogliendo lo sguardo dalla porta che rimanevasi chiusa.... Sempre chiusa!...

La povera madre non le risposta: e sì che aveva tante cose a dirle!... La poveretta comprese quel suo pensiero; le sorrise.... le sorrise con quell'abbandono straziante che indovina il riposo della tomba!... e solo gli increbbe di lei.... di quella povera donna che lasciava sola, con un pensiero da accarezzare, con una memoria da amare, con un sepolcro su cui piangere!...

Sorgeva il sole del domani: una donna raccolta in uno di quei profondi dolori per cui la parola non ha conforto, per cui il labbro non ha nome, pregava sovra una fossa appena scavata nel cimitero. Intrecciava pochi fiori ad una croce, li baciava e sembravagli che col loro olezzo le parlassero l'ultimo addio del suo povero angelo.

L'istessa sera i vetri di una casa riflettevano la luce di dorati doppieri. Carlo volteggiava con una vispa donzella tra le melodie d'un valtzer, e mormorava all'orecchio della sua danzatrice la solita menzogna di tutti, e di tutti i giorni: t'amo!...

 

 

 

 

 

 

FINE

 




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