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Neera Una passione IntraText CT - Lettura del testo |
NEERA.
Neera (Anna Radius Zuccari), nacque a Milano il 7 maggio 1840 e vi morì nel luglio 1918. Il massimo elogio che si può fare di lei come donna e come scrittrice, è questo: tale fu nell'arte, quale fu nella vita. Non sono molti gli scrittori di cui si può affermare che operarono come scrissero, che tennero fede ai principii proclamati noi loro libri, che fecero loro divisa la sincerità. Neera visse davvero i suoi ideali e, tra le miserie del male terribile che la tenne a lungo nelle sue spire prima di ucciderla, si esaltava o si abbatteva alle vicende or tristi or liete della nostra guerra, e ardeva di tutta l'immensa passione della patria.
Il suo ideale di donna, il suo ideale etico, il suo ideale d'arte è in Teresa, la creatura che ha visto cadere ad uno ad uno, come foglie morte, portati via da una continua necessità di sacrificio, i sogni più ardenti della sua giovinezza senza sole, oppure consacra il suo melanconico tramonto a un'opera di dedizione, in cui prodiga tutto il suo chiuso fervore giovanile, con assoluto oblìo di se stessa.
Ma le eroine de' suoi romanzi, si chiamino Teresa, o Lydia, o Marta, o Miriam, o Editta, tutte accettano il dolore con viso dolce e rassegnato e cercano in sè le forze buone capaci di dominarlo. Chi trova nella gioia della maternità compenso alle delusioni dell'amore di sposa; chi rinunzia alla sua passione per lasciar che l'amato segua la sua via, che nella vita è una sola e, perduta, non si ritrova più; chi fa la stessa rinuncia prima che la sazietà uccida la passione; chi sacrifica il sogno d'irraggiungibili mete sentimentali per adattarsi alla vita semplice e tranquilla delle persone comuni...; ma tutte, tutte, col loro sacrificio e con la loro rassegnazione, accettano coscienti il dominio di una legge morale, che sola rende le creature degne di vivere al mondo.
Neera esercitò davvero l'arte come un sacro ministero. Non conobbe, nè volle conoscere, le effimere vertigini della fama e della moda letteraria. La rinomanza non la trasse dal suo austero isolamento, nè il vacuo, sonoro estetismo, che ebbe giorni di clamorosa fortuna, la sviò dalla semplicità del sentimento e della espressione, a cui rimase costantemente fedele, fino a parer disadorna. Tornire e forbire, cercare frasi e immagini, accogliere nelle parole fuggevoli la maggiore armonia di suoni o la maggior copia di colori, non fu mai sua cura e delizia. Ella guardava le cose con occhi intenti, ne riceveva intense impressioni e le rendeva con calda immediatezza, senza che tra la visione e la espressione s'intromettesse alcuna maniera o reminiscenza erudita. Così, semplicemente, naturalmente, ella non di rado si elevava a vera e grande poesia, colmando i cuori di emozione.
Neera fu anche uno spirito riflessivo, e dalla sua forza e dirittura di criterio, dal suo acuto raziocinio nacquero alcuni libri di idee che non sono la più trascurabile parte dell'opera sua. L'educazione della gioventù e la questione femminile ne accesero gli spiriti e le dettarono scritti di polemica e di battaglia, in cui sono posti e risolti gli stessi problemi che si affacciano imperiosi a chi legge i suoi romanzi. Tale fu l'unità della sua coscienza d'artista e di donna.
Morì in silenzio come era vissuta, senza scomodare molta gente per il funerale, nè occupare molte colonne dei giornali per il necrologio. Ma quante abbaglianti meteore saranno spente nella memoria degli uomini, quando ancora vi brillerà la tenue luce della sua stella!
E. F.