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Maria Antonietta Torriani Torelli-Viollier alias Marchesa Colombi Senz'amore IntraText CT - Lettura del testo |
VIII.
Prima d'andare a rinchiudersi, Vincenzo pensò a provvedersi di libri, per isfogare colla lettura, la passione che gli ferveva nel cuore. Comperò i romanzi di Guerrazzi, di Massimo d'Azeglio, di Tommaso Grossi, e li lesse e rilesse con l'avidità di chi morde un frutto proibito.
Ma, accanto ad ogni maschia figura d'eroe, egli trovava una dolce figura di donna, il cui nome si confondeva con quello della patria nel pensiero del guerriero innamorato. E, a misura che il tempo passava, il conforto che il povero seminarista aveva trovato nell'idea di farsi cappellano di reggimento, prete-soldato, non gli bastava più; tornava a sorgergli nell'anima, più ardente di prima, la ribellione contro il suo destino. Alle scene di guerra che avevano turbata la sua fantasia, ora succedevano le scene d'amore, che la turbavano ben più. Gli bastava di portare lo sguardo sulla tonsura de' suoi compagni, per sentirsi tutto ardere di sdegno. L'uscire in istrada colla lunga fila dei seminaristi era un supplizio per lui. Gli pareva che gli uomini ridessero nell'incontrarlo, e che le donne, nel guardarlo, non arrossissero come arrossivano guardando gli altri giovani della sua età. Si ricordava la contadina rubiconda che sulla strada di Santhià gli aveva detto: «Che bel prete!» E si mordeva i pugni e piangeva di rabbia. Egli non sarebbe mai altro che un bel prete!
Quei due anni, dal sessantaquattro al sessantasei, furono due anni di tortura per lui. La sua veste nera gli era divenuta addirittura odiosa. Non osava confidare a Vicenzino le angoscie segrete che lo agitavano; si vedeva preso inesorabilmente nella fatale alternativa di essere un cattivo prete o un figlio crudele, troppo debole per accettare il sacrificio, troppo buono per liberarsene ad ogni costo.
Intanto Vicenzino viveva nell'azzurro di un bel sogno d'amore. Stando in casa coll'Elena, omai vicina ai quindici anni, bionda, pallida, sentimentale come lui, dal cuore generoso, dalla mente elevata, era venuto a poco a poco a trattarla con intimità fraterna.
La Laura era nata massaia. Trottava tutto il giorno per la casa, dalla cantina al solaio, badando alla cucina, alla guardaroba, alle provviste per l'inverno, dando ordini, ricevendo conti. La Maria andava ancora alla scuola, e quand'era in casa correva sempre sulle calcagna della sorella più attiva. L'Elena invece aveva dei gusti signorili. Le sue mani erano sempre bianche, e ne aveva una cura grandissima; portava i suoi vestiti, più che modesti, con un garbo squisito, e trovava sempre modo d'avere un fiore nei capelli e qualche nastro sul petto. Delle faccende domestiche aveva scelta la più pulita. Riceveva e raccomodava il bucato. Il tavolino da lavoro dove altre volte si occupava come sapeva meglio la Caterina, ora era diventato il posto dell'Elena, che ne aveva coperto il cuscino con un ricamo, e ci aveva messo accanto un bel cesto di vimini ricamato anch'esso, nel quale riponeva la biancheria da rammendare. Nella cassetta del tavolino teneva sempre qualche libro, e tratto tratto lasciava il lavoro per leggere un poco.
Vicenzino studiava allo scrittoio poco discosto, e quando aveva finito, non aveva che da voltare la sedia per trovarsi accanto al tavolino dell'Elena, in faccia a lei. Le parlava del libro che stava leggendo, delle lettere di Vincenzo, della sua infanzia triste da fanciullo malato, dell'America; le confidava i suoi disegni d'avvenire.
- Sono avvezzo a studiare da solo. Nel tempo che sarò soldato studierò sempre, assiduamente, e quando ritornerò, potrò avere il diploma superiore per insegnare nei licei. Allora avrò una buona situazione.
Non diceva di più. L'Elena era troppo bambina perchè egli osasse parlarle d'amore. Ma pensava che nei due anni che gli rimanevano, avanti di essere chiamato alla coscrizione, la bambina sarebbe diventata una giovane, e l'avrebbe amato, e prima di partire per quella lunga assenza, col cappotto e la giberna, egli le avrebbe svelato il suo segreto, ed avrebbe portato con sè, nella vita rumorosa delle caserme, nelle marce faticose, nell'uggia delle manovre, nell'eccitazione della guerra, la soave fiducia d'essere amato, di trovare al suo ritorno quella dolce fanciulla bionda che lo avrebbe aspettato, che gli porgerebbe la mano, e gli direbbe «sono tua». E la situazione, guadagnata con tanto studio e tanta fatica, egli potrebbe dividerla con lei, colla sua sposa, solo con lei, in un lungo avvenire d'amore e di pace.