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Carolina Invernizio I misteri delle soffitte IntraText CT - Lettura del testo |
VI.
L'assenza del conte Livio dalla villa si prolungava, ma egli aveva scritto a Fabio dicendogli che alcuni interessi lo terrebbero lontano per qualche settimana. Gli raccomandava la contessa, e aggiungeva che se ella avesse mostrato desiderio di scendere nel parco a farvi una passeggiata, lui e Milia l'accompagnassero, non staccandosi mai dal suo fianco.
Fabio nascose la lettera, quindi si recò dalla contessa per avvertirla che il conte non sarebbe tornato presto.
Quella mattina Bianca sembrava rianimata: era uscita un momento sul balcone e si appoggiava alla balaustrata. Vestiva un abito azzurro pallido, stretto alla vita da una cintura d'argento: aveva due grosse trecce pendenti sulle spalle.
Pareva una giovinetta.
- Signora contessa.... - disse Fabio alle sue spalle.
- Che volete? - chiese.
- Vengo a dirvi che il signor conte mi ha scritto.
- Che m'importa? - esclamò ella duramente.
- Egli s'interessa molto della vostra salute, mi scongiura di avervi ogni riguardo, e mi dice che, se desideraste passeggiare nel parco....
- Posso scendere nel parco? - interruppe vivamente Bianca con lo slancio di una bimba.
- Sì; - rispose Fabio - Milia ed io vi accompagneremo. -
Bianca non mise tempo in mezzo, e scese subito la scalinata; ma dovette fermarsi, ansante.
Fabio le chiese con premura: - Posso offrirvi il braccio?
- Voi?! -
Era in quella esclamazione tanto disprezzo e tanto orrore, che Fabio indietreggiò come se l'avessero schiaffeggiato.
Poi, chinando il capo, rispose:
E siccome Bianca aveva ripreso a camminare, la seguì.
Come mai era stato così audace da offrire il suo braccio alla contessa, lui, un servo, un assassino?
Come Bianca doveva sprezzarlo!
Ma anch'essa era stata colpevole, sebbene lo negasse; anch'essa aveva voluto commettere un delitto, associandosi con coloro che volevano sbarazzarsi del conte!
Pure, nel contegno di lei, nella sua fisonomia, non era quell'impaccio di persona che, essendo colpevole, sta continuamente in guardia temendo di tradirsi. E neppure poteva dirsi pazza: il conte s'ingannava su questo.
Fabio camminava colla testa china.
Bianca, giunta ad una panchina, sedette.
Fabio si appoggiò al tronco di un albero, non osando volgere lo sguardo sulla contessa.
- Che bei fiori vedo su quel prato! - disse ad un tratto Bianca. - Se avessi la forza di correre, vorrei coglierli. -
Fabio si allontanò e non tardò a tornare con un fascio di fiori, che depose sulla panca presso Bianca. Poi si appoggiò di nuovo all'albero.
La contessa spinse coll'ombrellino il fascio di fiori che caddero in terra, quindi si alzò e si diresse verso casa.
Fabio non disse parola, ma fremette e seguì Bianca con passo vacillante.
La contessa, giunta nella sua camera, disse che aveva bisogno di riposo. Fabio si ritirò nella propria camera, e lasciatosi cadere su di una poltrona, vi rimase tutto compreso dal dolore.
Egli non aveva mai provato tanta umiliazione nella sua vita.
Neppure nella solitudine del carcere ebbe mai una visione così chiara dell'infame delitto da lui commesso!
Dunque egli era un gran miserabile per avere sbarazzato il suo benefattore d'una donna che lo minacciava!
E lui non aveva provato vergogna del suo delitto, pensando solo di pagare un debito di riconoscenza al suo benefattore!
Ora tutto ciò gli appariva mostruoso!
Il disprezzo di Bianca gli aveva aperto gli occhi: egli capì l'avversione che la contessa doveva provare per lui. Ilda sola, Ilda che egli aveva amata di un amore puro e buono, non si era peritata a difenderlo innanzi a tutti, gli aveva stesa la mano.
Se Bianca avesse avuto ragione? Se il conte fosse il solo colpevole?
Fabio gettò un grido che lo scosse, lo fece tornare in sè, e fu spaventato dei propri pensieri.
Dove mai lo trascinava la contessa col suo disprezzo?
Finiva col dubitare del proprio benefattore!
- È così che obbedisco alla mia povera mamma e alla mia defunta benefattrice? - mormorò colle lacrime agli occhi, fissando il ritratto della bellissima contessa Rossano.
Ma non tornò tranquillo: sentiva un cambiamento nel suo essere, e pregò Dio di liberarlo da quell'incubo, di aiutarlo nell'adempimento dei doveri prescrittigli dal conte.
Poi gli parve di aver bestemmiato con tale preghiera.
Si sentì soffocare e si alzò per aprire la finestra.
Nell'ora in cui Milia discese per desinare, egli tornò nell'appartamento della contessa.
Le si avvicinò umilmente, e piegando un ginocchio:
- Perdonatemi! - disse con voce tremante.
Bianca alzò il capo e lo guardò, stupita.
- Sì, perdonate il mio ardire di aver còlto quei fiori per voi! - soggiunse Fabio.
Un mesto sorriso rischiarò il bel volto di Bianca.
- Ho già dimenticato. - disse.
Fabio si chinò colla fronte sino a terra, baciandole il lembo dell'abito. Quando si alzò, aveva gli occhi inondati di lacrime, ma sul volto era un'espressione di dolcezza così commovente, che Bianca ne fu mossa a pietà.
Tuttavia rimase silenziosa, con gli occhi fissi nel vuoto, inerte.
Fabio la guardava e stupiva di vederla così tranquilla, con quell'aureola di candore sulla fronte.
Possibile che quella soave creatura avesse avuto un amante?
Aveva pur letto la lettera di Aldo; ma il dubbio ormai si faceva strada nella sua mente.
Ad un tratto si ricordò delle lettere scritte dal conte a Giulietta e firmate col suo nome: Fabio Ribera.
Egli aveva saputo quel particolare quando fu interrogato dal giudice istruttore.
Livio aveva dunque premeditato d'ingannare Giulietta, prendendo il nome di Fabio per sottrarsi ad ogni responsabilità.
Ora non poteva Livio avere scritto quella lettera firmata Aldo, per dimostrare la colpa della moglie? E se un giorno, stanco di Bianca, gli proponesse di sopprimerla?
- Oh! no, no, questo mai! - disse a voce alta, volgendo attorno gli occhi spaventati.
Bianca l'udì, si rivolse verso lui.
- Che avete, Martino? -
Egli si scosse, divenne di fuoco.
- Nulla.... contessa; - balbettò - il silenzio di questa stanza mi aveva assopito, e sognavo....
- Che il conte voleva farvi commettere un altro delitto? - interruppe sorridendo Bianca.
Fabio ebbe una gran vergogna di sè stesso.
- No, no!
- Quali sogni spaventevoli devono talvolta opprimervi! - proseguì la contessa. - Ditemi: non vi appare mai l'ombra di colei che uccideste per un altro? Non è venuta mai Giulietta a chiedervi conto della sua bambina? -
Le labbra di Fabio tremavano convulsamente.
- Non capisco, contessa, non so nulla, nulla! -
Ella ebbe un sorriso di disprezzo.
- Avete ragione, dimentico sempre che siete.... Martino. -
Milia entrava e Fabio fuggì nel parco.
Quando tornò, Bianca si accòrse che egli doveva aver pianto, perchè aveva gli occhi rossi.
- Avete ordini da darmi, contessa? - chiese con voce alterata.
- Sì, Martino! - rispose con dolcezza Bianca. - Se domattina il tempo è così bello preparatemi la poltrona a ruote: mi farete fare tutto il giro del parco. -
Il volto di Fabio s'illuminò d'improvviso.
- Sì, contessa.
- Vi diletta leggere, Martino?
- Sì, contessa.
- Ebbene, prendete questo libro: vi piacerà. -
Egli afferrò il libro con mano tremante, balbettò un ringraziamento.
Quando se ne fu andato, Bianca disse a Milia:
- Mettimi a letto, sono stanca, ma sto meglio.
- Dio sia lodato! - esclamò la vedova.