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Carolina Invernizio I misteri delle soffitte IntraText CT - Lettura del testo |
II.
Cinzia non aveva lasciato Torino, ma compiuta la sua parte con Livio si era rifugiata di nuovo in casa del marchese Passiflora.
Fu però assai sorpresa di non trovare nel gentiluomo quell'accoglienza che si aspettava per essere riuscita a smascherare il conte in faccia a coloro che lo volevano nelle mani.
- Non sei contento di me? - gli chiese con audacia. - Bada che io ritorno da Livio e non gli nascondo che la mia è stata solo una commedia per perderlo.
- Tu non andrai, - disse freddamente il marchese - se hai cara la tua vita: intanto non uscirai dalla tua camera, perchè se tu lo tentassi ti ucciderei! -
Cinzia si morse a sangue le labbra.
- A che giuoco giochiamo, vecchio mio? - esclamò. - Non sei tu forse che per il primo mi hai spinta a vendermi ai nemici del conte, non sei tu che mi hai allettata dicendomi che, compiuta un'impresa che avrebbe liberata la società di un birbante, mi avresti dato il tuo nome?
- È verissimo.
- E allora, perchè adesso sembri minacciarmi, invece di stendermi le braccia come meritavo?
- Il perchè lo saprai tra qualche giorno. Adesso, ti ripeto, sei mia prigioniera. Tu hai detto al conte che partivi per un viaggio, e deve crederlo.
- E se io non accettassi la tua condizione?
- Non discutiamo. Se tu tentassi di uscire dalla tua camera, ti farei saltare le cervella, salvo poi a fare altrettanto con le mie. Guarda! -
Le mostrò una rivoltella che teneva in tasca, ed aggiunse in tono più mite:
- Del resto, non è che una prigionia di pochi giorni, non ti mancherà nulla e ti servirò io stesso da carceriere. -
Cinzia non replicò, ma provava una rabbia profonda, mista ad un'angoscia orribile per qualche cosa d'impreveduto, che non poteva definire.
- È questa dunque la ricompensa per averti servito con tanto zelo? Senza di me, non avresti mai avuto il conte nelle mani.
- Questo è vero, - rispose con calma il marchese. - E senza di lui non t'avrei così bene conosciuta come ora ti conosco. -
Cinzia fu chiusa nella sua camera, ed il marchese, acceso un sigaro, si ritirò nel suo salotto, dove si mise a fumare nervosamente, camminando in su e in giù, gesticolando.
Il marchese Passiflora, come sappiamo, aveva commesso un giorno una viltà, facendo ritirare dalla posta lettere dirette alla contessa, lettere che la condannavano, benchè pura ed innocente, scoprendo al conte il legame fra Aldo e la contessa.
Inoltre Passiflora, trovatosi solo, senza affetti, si ora dedicato a Cinzia, che gli pareva creatura fatta proprio per lui.
Col proporle di vivere insieme, il marchese aveva avuto lo scopo di conoscerla meglio, e la maliarda aveva saputo agire in modo, che egli si era innamorato di lei fino a sentire il bisogno di darle il suo nome, onde rialzarla ai propri occhi ed a quelli degli altri.
E quando il Trani, rimasto suo amico, gli propose di servirsi di Cinzia per indurre il conte a confessione, il marchese dapprima rifiutò. Non era bastato a Livio di togliergli Bianca, e gli toglierebbe ora anche la sola compagna che gli abbisognava?
Ed in uno sfogo di passione, di gelosia, disse al magistrato:
- Cedergli Cinzia? Mai, mai! -
Il Trani guardò l'amico con commiserazione, gli prese una mano, che tenne stretta nella sua.
- Tu commettesti un giorno un'azione indegna dl te, - disse - ma puoi ancora ripararla, perchè in fondo sei un gentiluomo onesto, nè vorrai macchiare il tuo onore per una donna indegna di te.
- Tu calunni Cinzia! - gridò il marchese.
- Ti proverò che ella si ride di te, che se l'intende di nuovo con Livio, - disse il Trani.
Un fiotto di sangue salì al cervello di Passiflora, gli imporporò il viso.
- È la verità, e, per quanto possa offenderti, non voglio nascondertela. Tu credevi di prendere una rivincita sul conte, prendendogli la donna che fu sua amante. Orbene, il domani stesso, i due si ritrovarono insieme. Nel rivedersi, sentirono risvegliarsi con nuova forza gli istinti bestiali di una volta; ma siccome Cinzia teme di perderti, finge un profondo disprezzo pel conte. -
- Se ne fossi certo! - esclamò.
- Che faresti? Vorresti imbrattare la tua mano di gentiluomo per un sgualdrina? Lascia quella parte al conte, che oramai ha perduto ogni senso di onore, e se ti resta ancora un atomo di affetto per la sventurata contessa che tu stesso contribuisti a calunniare, aiutaci a salvarla, a toglierla dalle mani del suo carnefice. -
Non invano il magistrato aveva fatto appello all'onore del marchese. Tutti gli istinti cavallereschi si risollevarono ad un tratto in lui, lo fecero ridiventare padrone di sè stesso.
Egli stese la mano ad Umberto.
- Ebbene, sarò con te: spiegami quale sia il tuo progetto! -
Umberto glielo disse. Passiflora ascoltò dapprima attentamente, poi ad un tratto interruppe:
- Ma se tu affermi che Cinzia è d'accordo con Livio, non accetterà di tradirlo.
- Lo farà; tu non conosci ancora bene quella donna: ella è venale e non vuol perderti. Tutti i giorni non le si offre l'occasione di divenire marchesa autentica. Io le farò la proposta, e vedrai che l'accoglierà con entusiasmo. Intanto domani la farò chiamare nel mio gabinetto, fingendo di volerle parlare da sola; tu sarai ad ascoltare.
- Accetto, accetto e ti ringrazio! -
Passiflora rimase così persuaso della perfidia e leggerezza di Cinzia.
Quando il magistrato le propose di sedurre novamente il conte per fargli confessare i suoi delitti, Cinzia simulò scrupoli di delicatezza, disse che non si sarebbe mai prestata a simile commedia.
Ma quando Umberto le dimostrò che egli non ignorava i misteriosi convegni di lei col conte nel nido del corso Grugliasco, Cinzia, spaventata, non potendo negare, balbettò con accento soffocato:
- È vero, non ho saputo sottrarmi al fascino che mi attira verso Livio; ma, per pietà, non mi perdete con Passiflora: che egli nulla venga a sapere, ed io vi servirò in tutto quello che volete!
- Il marchese stesso desidera di smascherare il conte, e dietro mia preghiera acconsente che voi l'attiriate nel tranello che io ho ideato: dalla mia bocca Passiflora non saprà nulla; ma guai a voi se ci tradirete col conte! -
Cinzia aveva ripresa la sua audacia.
- Potete fidarvi di me: ambisco troppo a divenire una marchesa autentica. -
Passiflora ebbe il coraggio di non muoversi, di non tradire la sua presenza con un solo movimento; ma appena Cinzia fu partita, si slanciò presso l'amico esclamando:
- Tu avevi ragione, io tenevo una benda sugli occhi per quella sgualdrina; ma ora è caduta e non macchierò il mio stemma per una tale femmina, come pure desidero rialzarmi agli occhi della contessa per ottenere un giorno il suo perdono. -
II marchese sentiva ormai troppa vergogna per quello che aveva fatto, ed avrebbe dato metà del suo sangue per rimediarvi.
Cinzia non sapeva che la notte della confessione di Livio, anche Passiflora era fra coloro che ascoltavano. Il Trani l'aveva introdotto nella villa sotto un travestimento facendolo passare per un suo fidato agente, ed il marchese si era allontanato dopo gli altri, in preda ad un disgusto orribile per quella coppia colpevole, assalito da uno spasimo angoscioso nel sentire con quanta freddezza il conte accettava di sbarazzarsi della moglie.
Allorchè Cinzia era ritornata a lui, fingendo con Livio di partire finchè tutto fosse finito, il marchese, ritenendo pericoloso che il conte sospettasse la presenza della cortigiana nella sua casa, e soprattutto perchè nessun ostacolo sorgesse ad impedire quanto il Trani aveva combinato, pensò di tenervela rinchiusa.
Cinzia, prigioniera da due giorni, incominciava a trovare la cosa singolare, e si pentiva di aver preferito il marchese al conte, dal momento che questi, una volta libero di sua moglie, si dava completamente in sua balia.
Dopo una settimana passata in alternative di speranze e timori, Cinzia non ne potè più.
Ella voleva ad ogni costo uscire dalla sua reclusione.
Picchiò, risoluta, all'uscio, decisa a farne saltare in aria la serratura od a chiedere aiuto dalla finestra se il marchese non compariva.
Ma al primo clamore Passiflora accorse.
- Che c'è? - chiese, - Che vuol dire un tal chiasso?
- Vuol dire che sono stanca di rimanere qui! - esclamò Cinzia con accento rabbioso.
- Se tu avessi avuto pazienza, questa sera stessa ti avrei liberata, - risposo Passiflora. - Ma non importa: sarà forse meglio anticipare, perchè è giunto il momento di una spiegazione importante fra noi. -
Cinzia ristette indecisa, turbata, e senza rispondere si mise a sedere.
Passiflora fece altrettanto e, senza alcun preambolo:
- Sai dove si trova in questo momento il tuo amante? - chiese.
- Il mio amante? - ripetè. - Vuoi forse parlare del conte? Vuoi prenderti giuoco di me? Sai bene che mi sono sacrificata a ritornare con lui per alcuni giorni onde compiacere te ed il tuo amico Trani. -
Passiflora lasciò sfuggire una lugubre risata.
- Ed i tuoi ritrovi anteriori erano pure fatti per compiacermi? -
Cinzia si morse le labbra, ma non chinò per questo gli occhi.
- Il tuo amico mi ha calunniata!
- Lui? Egli non ha aperto bocca sul conto tuo: tu stessa ne parlasti trovandoti nel suo gabinetto, senza pensare che altri poteva ascoltarti.
- Ebbene, se fosse vero? Forse che non vi ho dato il conte nelle mani, non vi ho serviti lealmente, mentre potevo tradirvi ed essere a quest'ora molto lungi di qui con lui?...
- Ne convengo: tu hai mantenuto i tuoi patti e meriti una ricompensa. Per cui, invece di consegnarti alle guardie come complice del conte, ti condurrò io stesso fino a Genova, ti metterò a bordo di un bastimento che ti condurrà lontana dall'Italia....
- Siete pazzo! - interruppe Cinzia. - Non partirò!
- Preferisci dunque la prigione alla libertà? Perchè, se tu rimani, sarai denunziata per aver preso parte all'assassinio di Giulietta Lovera, conoscendo fino da allora quello ed altri intrighi orditi dal conte, e di avere ultimamente istigato il conte a sbarazzarsi di sua moglie.
- Cinque testimoni, persone onorate, attesteranno come tu sola abbia spinto il conte Rossano a sbarazzarsi con un delitto di sua moglie. -
Cinzia, còlta al laccio, gettò un grido di rabbia e disse:
- Siete una massa di vigliacchi! -
II marchese, livido, trasse di tasca la rivoltella.
Allora la sciagurata si vide perduta, e folle di terrore si gettò ai piedi del marchese.
- Perdonami!... Perdonami!... Non mi uccidere!... Partirò. Farò quello che vorrai! -
Gli occhi del marchese brillarono di una gioia sinistra.
Nascose lentamente la rivoltella e trasse di tasca un foglio in cui era scritto che Cinzia si obbligava ad obbedirlo.
- Eccomi in tua balìa! - disse poi. - Non avrei mai pensato, il giorno in cui mi giuravi di amarmi, che tutto sarebbe finito così! -
Ella lo fissava cogli occhi umidi di lacrime, e Passiflora, temendo di cederle, lasciò quella camera per andare a rinchiudersi nella propria.
Gli occorrevano alcune ore per ricuperare tutta la sua fermezza onde giungere alla fine del suo compito.
Ma quando ritornò da Cinzia, trovò la camera vuota. Aveva dimenticato di rinchiuderla, e la cortigiana ne aveva profittato per svignarsela.
Passiflora si sfogò in invettive, quindi finì col calmarsi.
Doveva avvertire Umberto di quella fuga? Sì, era necessario.
E senz'altro, il marchese si recò dal cavaliere Trani per avvertirlo di quanto accadeva.
Ma il magistrato aveva egli pure lasciato Torino.