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Carolina Invernizio
I misteri delle soffitte

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III.

 

Mentre il medico visitava Giulietta, le guardie rialzavano bruscamente l'assassino, che volgeva all'intorno sguardi spauriti e balbettava:

- Lasciatemi!... Non sono stato io!...

- È stato lui! L'ho veduto uscire da questa soffitta quando sono accorsa al primo grido della povera Giulietta! - urlò Teresa.

- Silenzio! - disse il medico.

Egli era chinato sul corpo straziato di ferite, e, dopo alcuni minuti, si rialzò dicendo:

- Non è ancora morta! Procurerò di richiamarla ai sensi. -

Frattanto la sconosciuta rimaneva presso la culla, tenendo appoggiata al seno la bimba, che continuava a dormire.

Il medico operò una prima e rapida fasciatura delle ferite, poi chiese dell'acqua con dell'aceto, e ne spruzzò il viso di Giulietta.

Ella si mosse, aprì gli occhi. Il medico non si era ingannato: viveva.

La sconosciuta non poteva più distogliere gli sguardi dall'assassinata.

A un tratto gli occhi di Giulietta si rianimarono, la bocca le tremò convulsamente e lasciò sfuggire un grido rauco.

- All'assassino!... Aiuto!... Prendetelo!... - disse con una voce che scosse tutti.

Ad un cenno dell'ispettore le guardie trassero presso il letto il pierrot, che invano volgeva il capo per non incontrare gli sguardi dell'assassinata.

- L'abbiamo arrestato, signorina! - disse l'ispettore. - Guardatelo: lo riconoscete? -

Giulietta stese un braccio con un gesto che parve una maledizione.

- Lo riconosco, è lui! - gridò. - Tenetelo, o mi colpirà ancora. Ed io.... non voglio morire.... -

E cacciando un urlo che sgomentò tutti:

- Mia figlia.... mia figlia.... la mia Gina....

- È qui, non temete; - rispose la sconosciuta con voce dolcissima - ne avrò cura io. -

Giulietta si volse al suono di quella voce, guardò la bella signora, poi si vide uno spettacolo singolare.

La ferita si era rialzata bruscamente sul letto afferrandosi alla sconosciuta con tutte le sue forze, guardandola avidamente e rantolando:

- Lei? Lei? Ma non sa...? -

Uno sbocco di sangue sgorgò dalle labbra di Giulietta, che ricadde sul letto irrigidita.

Questa volta il medico disse a voce alta;

- È morta! -

La sconosciuta vacillò, o sarebbe caduta con la bambina, se Aldo, che le era vicino, non l'avesse sorretta.

- Andiamo nella mia stanza: - disse - è inutile rimanere qui ancora. -

Ma l'ispettore osservava con sorpresa quella signora elegante e le disse:

- Mi permetta una domanda, signora: conosceva la giovane che hanno assassinata?

- No, - rispose la sconosciuta - l'ho veduta per la prima volta questa notte.

- Allora come spiega le parole della poveretta, rivoltasi a lei come a persona che non le fosse ignota?

- Non so spiegarle. -

Aldo fremeva a quelle domande.

L'ispettore proseguì:

- Per certo, signora, ella non deve far parte degli inquilini di queste soffitte. Perchè dunque si trova qui? -

Questa volta Aldo non si contenne.

Prima che la sconosciuta potesse rispondere, egli disse con voce sicura:

- La signora è mia sorella, venuta a passare gli ultimi giorni di carnevale a Torino. Essa era nella mia stanza, quando abbiamo udite le grida di questa disgraziata e ci siamo slanciati fuori. Io stesso ho fermato l'assassino.

- È vero, è vero! - dissero più voci.

- Se volete le mie generalità, - soggiunse lo studente - vi sarà facile averle, perchè in questa casa tutti mi conoscono. Mi chiamo Aldo Pomigliano, sono studente ingegnere, di San Giorgio Canavese: ho i genitori viventi e quest'unica sorella maritata a Ivrea. Ed ora, permettete che ci ritiriamo. -

La franchezza del giovane cancellò ogni diffidenza del funzionario di pubblica.sicurezza, che disse:

- Potete andare; ma forse avremo poi bisogno di voi.

- Sarò sempre a disposizione dell'autorità.

- E la bambina di quella disgraziata la tiene in custodia la signora?

- Sì; - rispose la sconosciuta - non ho figli; le farò da madre. -

Le comari fecero sentire un lusinghiero mormorìo. Teresa si avvicinò alla sconosciuta.

- Gina è la mia figlioccia; - disse con le lacrime agli occhi - se la signora lo permette, posso aiutarla a custodirla.

- Ne parleremo domani! - disse con un mesto sorriso la sconosciuta. - Adesso; il meglio che si possa fare è di coricarla nel letto di mio fratello. -

Pochi minuti dopo, Gina, avvolta in una calda coperta nel letto di Aldo, continuava a dormire il sonno degli angeli.

L'assassino fu condotto via fra le imprecazioni di tutti.

La povera salma dell'infelice Giulietta rimase vegliata da due guardie.

La sconosciuta, coricata che ebbe la bambina, si rivolse verso lo studente esclamando:

- Siete stato molto generoso con me! Non lo dimenticherò mai, sebbene la vostra generosità non impedisca che io sia perduta: domani si saprà, che non sono vostra sorella.

- Tranquillatevi! Nessuno può smentirmi, perchè io ho veramente una sorella maritata a Ivrea, una sorella che mi adora, alla quale scriverò subito per narrarle l'accaduto; e potete star certa non ci tradirà. -

La giovane, tornata a sedere sul divano, chiese a Aldo:

- Voi pure avete creduto che io conoscessi l'assassinata?

- Sì, - rispose egli. - La sorpresa che ha mostrato nel vedervi, le sue sconnesse parole, mi avevano fatto credere che la povera Giulietta sapesse chi siete.

- Eppure, - disse la sconosciuta - vi giuro che io non vidi mai quella sventurata prima di questa notte. E voi, la conoscevate?

- Come si conosco i vicini. L'incontravo qualche volta per le scale: ci salutavamo, ma non ci parlavamo. Sapevo che lavorava e che aveva fama di onestissima, sebbene quella bambina fosso il frutto d'una colpa. A proposito; volete davvero occuparvi di quell'orfanella?

- Sì, - rispose vivamente la sconosciuta, - Ma per riuscire, ho bisogno di voi.

- Sono interamente ai vostri ordini.

- Grazie! - mormorò commossa la giovane. - La poverina passerà dunque il resto di questa notte nel vostro letto: domattina la brava donna che si è offerta di custodirla avrà cura di lei; io sarò qui verso le nove, e combineremo insieme il modo di allevare quella creaturina, cui farò da madre.

- Ed io le farò da padre! - esclamò Aldo.

La sconosciuta si alzò, e avvicinatasi al letto, guardò a lungo la bella creaturina che dormiva, poi disse a Aldo:

- Datemi il mio domino, la maschera; bisogna che io vada via.

- Tornerete davvero alle nove? - chiese Aldo con voce tremante.

Essa gli stese la mano, e rispose con un accento che non ammetteva dubbio:

- Ve lo prometto.

- Grazie! Intanto ditemi il vostro nome, il solo vostro nome di battesimo.

- Speranza. -

E senza aggiungere altro, la signora, infilato il domino, uscì.

Aldo rimase immobile, col cuore in tumulto.

Speranza si era già impadronita di tutta la sua anima.

 

 

 




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