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Carolina Invernizio I misteri delle soffitte IntraText CT - Lettura del testo |
IV.
Nessuno, del casamento operaio, conosceva neppure di vista il pierrot, nessuno l'aveva mai veduto con la povera Giulietta.
Al primo e sommario interrogatorio, colui, non soltanto aveva respinto l'accusa di assassinio, ma non volle neppur dire il suo nome. Fu condotto in prigione, rivestito di altri abiti borghesi, lasciato solo, mentre si procedeva ad un'inchiesta sul conto dell'assassinata per scoprire la responsabilità dell'assassino.
Il giudice istruttore incaricato dell'inchiesta, benchè ancora giovane, passava per molto abile.
Era il cavaliere Umberto Trani, uomo simpatico e distinto, che aveva molto acume e molto tatto.
Egli si recò col cancelliere ed alcuni agenti in borghese alla soffitta, dove era stato commesso il delitto, e quando vide la vittima, fece un atto di stupore e pensò:
- Strano! Mi sembra di aver veduto costei e di averle parlato; ma non ricordo nè dove, nè quando. -
Dopo aver osservato le ferite che denotavano come la sventurata avesse dovuto lottare con un feroce assassino, le guardò le mani.
Manine bianche, lunghe, affusolate; l'indice della mano sinistra portava le tracce del lavoro. Nella destra aveva una ferita leggiera, e, fra le unghie, pezzetti di stoffa bianca insanguinata.
Fatte rapidamente quelle osservazioni, il giudice istruttore ordinò una verifica nella stanza, Il primo oggetto che gli cadde sotto gli occhi fu la culla.
- Nel rapporto dell'ispettore ho letto infatti di una bambina. Dov'è? - chiese.
L'ispettore che si trovava nella soffitta ed era rimasto fino allora silenzioso, rispose:
- È affidata alle cure di una brava donna, che fu sua madrina. Peraltro il signor Aldo Pomigliano, studente ingegnere, colui che arrestò l'assassino, ha dichiarato che egli e sua sorella s'impegnano di allevare la figlia della morta,
- Ne riparleremo; - disse Umberto Trani - proseguiamo le nostre indagini. -
La soffitta aveva il puro necessario. Dentro un baule fu trovato biancheria, una scatola con oggetti d'oro di poco valore, una piccola somma e una scatola contenente un fascio di lettere.
Il magistrato s'impossessò subito di queste.
Poi diede ordine che il corpo fosse trasportato alla sala anatomica per l'autopsia, ed egli interrogò gli inquilini delle soffitte.
Il primo a presentarsi fu il falegname Lorenzo Pavin, cui il magistrato così si rivolse:
- Ditemi tutto quello che sapete.
- Io non so altro che Giulietta era una giovane onesta, buona....
- Onesta.... - interruppe il magistrato. - Mi sembra che una giovane divenuta madre senza avere un marito.....
- Fu sedotta da un furfante! - soggiunse indignato l'operaio. - Oh! so io le lacrime versate dalla povera Giulietta!
- Conoscevate costui?
- Lo vidi due volte sole: era un bel giovane, elegante, di modi distinti....
- Sì, signore.
- Non vi è sembrato che avesse qualche rassomiglianza col seduttore? -
Il falegname rimase per un istante a bocca aperta, poi scosse il capo:
- No, ecco, non mi pare, sebbene non potrei giurarlo; era così impiastricciato di biacca e di sangue!
- Ebbene, ve lo faremo vedere ripulito; ma prima ditemi: vedeste ieri la vittima?
- Sì, signore. Verso sera mia moglie ed lo venimmo qui per dare a Giulietta delle caramelle. La piccina era seduta su quel piccolo tappeto e si baloccava; la mamma lavorava.
- La vostra soffitta è attigua a questa?
- Sì, signore.
- Non sentiste più tardi qualche voce d'uomo o il rumore d'una lite?
- No, signore. Mia moglie ed io, dopo cena, ci coricammo e ci addormentammo subito, Fummo svegliati all'improvviso da un grido di aiuto.
«- È Giulietta! - disse mia moglie saltando dal letto e infilandosi una sottana, mentre io accendevo il lume, e si slanciò fuori dell'uscio per bussare a quello della nostra vicina.
«In quel momento ne uscì l'assassino vestito da pierrot.
«Teresa si mise a urlare, e allora il signor Aldo acciuffò il miserabile.
«Ecco tutto, signore. -
Gli altri vicini non aggiunsero nuovi particolari a quelli dati da Lorenzo.
Anche Aldo fu interrogato.
- Voi pure abitate nelle soffitte? - gli domandò il magistrato.
- Sì, signore, - egli rispose. - I miei mezzi non mi permettono di meglio. Mia madre e mia sorella fanno già abbastanza sacrifici per mantenermi qui agli studi.
- Da quanto tempo abitate in questa casa?
- Da quasi due anni.
- Conoscenza da vicini; ci salutavamo incontrandoci per le scale, e nulla più.
- No. Io passai quasi tutto il giorno fuori di casa, essendo giunta mia sorella che desiderava passare gli ultimi giorni di carnevale a Torino.
- Sì; a un benestante d'Ivrea: il signor Rivalta: - rispose con disinvoltura Aldo. - Ieri sera pranzai con lei all'albergo, poi siccome ella aveva desiderio di vedere un veglione, andammo a prendere un domino, ed io venni con lei a casa per cambiarmi d'abito,
«Avevo finito di abbigliarmi, mia sorella stava per mettersi la maschera, allorchè un grido giunse fino a noi. Mi slanciai per le scale e fu allora che arrestai l'assassino. -
Il magistrato aveva ascoltato con molto interesse.
- Dove si trova adesso vostra sorella? - domandò.
- All'albergo a riposare, in preda all'emozione sofferta questa notte.
- Mi hanno detto che essa vuole incaricarsi della bambina della vittima?
- Sì, signore, se non vi è nulla in contrario. Benchè non siamo ricchi, abbiamo preso a cuore la sorte di quella creaturina. Per adesso l'abbiamo affidata a Teresa, una brava donna, che l'ha tenuta a battesimo. Poi, appena mia sorella sarà tornata ad Ivrea ed avrà parlato con suo marito, la ritireranno con loro.
- Faranno davvero un'opera di carità, della quale tutte le persone di cuore non potranno che elogiarli. -
L'interrogatorio era finito. La soffitta fu chiusa coi suggelli, ed il giudice istruttore lasciò la casa, promettendo una ricompensa a chi gli recasse indizi sull'assassino.
Umberto Trani condusse seco Lorenzo il falegname, cui Giulietta aveva presentato un giorno il proprio fidanzato. Il magistrato sperava che l'operaio lo riconoscesse nell'assassino.