Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Carolina Invernizio
I misteri delle soffitte

IntraText CT - Lettura del testo

Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

PARTE SECONDA

 

Virtù d'amore.

 

 

I.

 

Sonavano le nove di sera, pioveva a dirotto.

I commessi del magazzino dove era stato impiegato Fabio si erano già tutti ritirati, il facchino stava mettendo le bande alle vetrine del negozio, e il principale, dato uno sguardo ai conti della giornata, si accingeva a recarsi a cena, quando una giovane vestita a lutto, pallida, bellissima, entrò vivamente dirigendosi verso lui.

- Signor Berardo! - balbettò con voce commossa.

- Ilda, voi? Finalmente!... Siete guarita?

- Sì, signore, e desidererei parlarle. Mi perdoni se vengo a quest'ora, ma desideravo che fosse solo per non essere veduta.

- Aspettate un momento, entrate nel mio gabinetto; faccio terminare di chiudere, prendo le chiavi, mando via il facchino e sono da voi. -

Ilda obbedì, e poco dopo il signor Berardo la raggiunse chiedendole con bontà:

- Che avete da dirmi, Ilda? Che posso fare per voi?

- Lei può farmi molto bene, signore; e poi, è l'unico cui possa confidarmi, senza timore che le mie parole vengano ripetute. -

Il signor Berardo sorrise.

- Vedo che mi conoscete bene. Orsù, dunque, coraggio!

- Oh! ne ho, signore, nonostante la doppia sventura che mi ha colpita. Le scrissi, tempo fa, dicendole che poteva disporre del mio posto, perchè io non mi sarei sentita la forza di rimanere nel luogo dove tutto mi ricordava Fabio. Aggiunsi inoltre che la morte improvvisa di mia madre aveva finito con l'abbattermi e che ero malata....

- Sì, lo ricordo, ho la vostra lettera. Ebbene, ora volete tornare con noi? -

Ilda scosse il capo.

- No, signore: i motivi che mi impediscono di rimanere qui, sussistono sempre. E poi, io ho bisogno di molte ore di libertà per giungere allo scopo che mi sono prefissa: ritrovare colui che spinse Fabio ad un così esecrando delitto. -

Il signor Berardo la guardò, commosso.

- Vi auguro di riuscire. Intanto, che posso fare per voi?

- Ascolti ancora un momento, abbia pazienza, non voglio nasconderle cosa alcuna. Dopo la morte di mia madre, io lasciai la casa dove dimoravo e mi recai ad abitare nella soffitta stessa dell'assassinata, senza dire chi fossi. Per non essere riconosciuta dagl'inquilini che assistettero al processo, porto di solito una parrucca bionda, mi tingo le guance col minio, metto sotto il corsetto un'imbottitura che mi ingrossa, e con lo stesso artificio ingrosso i miei fianchi.

- Perchè stasera non siete truccata così?

- Perchè non volevo farle brutta impressione. Ma d'ora innanzi ella mi rivedrà trasformata. Nella nuova casa ho assunto il nome di Laura Favre, che è quello d'una mia bisnonna, nata e morta ad Aosta. Ora io sono a pregarla di procurarmi del lavoro in casa, per guadagnarmi da vivere.

- Il guadagno non sarà lauto.

- Io non sono esigente: pochi soldi bastano a mantenermi.

- Ma incontrerete delle spese per lo scopo che vi proponete.

- Ho venduto una parte dei mobili della mia povera mamma e diversi oggetti d'oro, e ne ho ricavato trecento lire, metà dello quali restituii a persona che me le aveva prestate per i funerali della mamma.

- Perchè non vi siete rivolta a me?

- Ero così stordita dai colpi ricevuti, da perdere la percezione delle cose. Quella persona mi offrì allora i suoi servigi, che non ricusai. Ma volli tosto sdebitarmene, perchè non ho fiducia in costui, benchè sia un gentiluomo. Così mi rimangono centocinquanta lire: un piccolo tesoro! -

Il signor Berardo appariva commosso.

- Un tesoro che finirà presto, - disse - benchè sappiate regolarvi. Però, ove foste in bisogno, ricordatevi di me. Intanto state certa che il vostro segreto sarà custodito; ora io scriverò il vostro nome, Laura Favre, fra le lavoranti in casa, e stasera stessa vi consegnerò una pezza di stoffa per farne camicette. Vi unirò gli ultimi figurini. Le misure per tali camicette già le conoscete. Invece di pagarvele un tanto l'una, come faccio di solito, vi passerò in complesso quattro lire al giorno, ed ogni sabato sera, quando saranno uscite le lavoranti, verrete a ritirare il vostro onorario. Non vi disturbate a venire a prendere e riportare il lavoro: vi manderò una piccola nuova, che non vi conosce. -

Ilda l'ascoltava con le lacrime agli occhi.

- Come è buono! In qual modo potrò dimostrarle la mia riconoscenza?

- Col rimanere onesta, come siete stata fino ad ora. Inoltre, badate di non commettere imprudenze nel ricercare il colpevole.

- Non dubiti! -

Il colloquio durò ancora pochi minuti, poi Ilda si accomiatò dal generoso negoziante e, preso il suo lavoro, si diresse verso casa.

Giunta nella soffitta, accese una lampada a petrolio, si svestì e indossò un vestitino semplice da casa, imbottito alle anche ed al corsetto, che ingrossò subito la sua svelta figura; sulle strette trecce nere pose una capigliatura, bionda, così bene accomodata che pareva vera, e che le cinse il capo come un diadema.

Quella capigliatura dette un fascino nuovo alla sua bellezza.

Si passò poi sul volto uno strato di veloutine e sulle guance un po' di minio.

Quand'ebbe finito, sentì bussare all'uscio.

- Signorina Laura! -

Essa aprì: era Teresa, la moglie del falegname.

- Uscite, signorina?

- Sono tornata a casa adesso, perchè mi sono recata a prendere del lavoro, - rispose Ilda. - Piove forte.

- Lo so, e siccome devo scendere per la cena prima che torni il mio uomo, vi pregherei di prestarmi l'ombrello.

- Volentieri. -

Uscita Teresa, Ilda si preparò anch'essa la cena.

La giovane aveva tenuti i suoi mobili migliori, e nulla le mancava del necessario.

Quando prese a pigione la soffitta, la portinaia non mancò di avvertirla che ivi era stato commesso un delitto, ma essa le disse:

- Per me, non ho alcun timore: l'ombra di quella povera morta, che non ho conosciuta, non verrà a turbarmi, , spero, mi accadrà ciò che accadde a lei. Io non ho amanti....

- Neppure Giulietta ne aveva: era una ragazza onestissima, di buona famiglia. Ebbe dapprima la sfortuna d'imbattersi in un farabutto che, dopo averla resa madre, l'assassinò, per sposarne un'altra.

- L'avete conosciuto, costui?

- A dirle il vero, no: questo casamento è troppo grande per tener d'occhio tutti.

- Si deve stare poco sicuri nelle stanze.

- Oh! per questo le devo dire che in dieci anni che io sono qui, non è mai accaduto un furto.

- Ho almeno dei buoni vicini?

- Ottimi, e saranno felici di esserle utili. -

Ilda pagò subito l'affitto di due mesi, ed il giorno dopo prendeva possesso della soffitta di Giulietta sotto il nome di Laura Favre.

Non era trascorsa una settimana, che aveva già fatto amicizia colle vicine, cui disse che era orfana e lavorava per conto di un importante magazzino.

- Un'altra Giulietta; - fu detto - ed ancora più bella!

- Auguriamoci che non faccia la sua fine!

Questi furono i discorsi delle comari; poi, nessuno si curò di lei più di quanto si usa fra vicini.

Ilda aveva il suo piano ed a poco a poco l'avrebbe messo in esecuzione.

Intanto si sentiva molto più libera in quella soffitta che nel quartierino dove la sua povera mamma era morta.

Ilda aveva terminato la sua modesta cena, quando bussarono di nuovo all'uscio.

- Sono io, sono Teresa, - disse una voce al di fuori.

La giovane aprì subito.

- Vi restituisco l'ombrello e vi ringrazio, - disse Teresa, - Ma perchè, invece di star qui sola sola, non venite a passare il resto della sera da noi? Faremo una partita a tombola; ci sarà anche un'altra giovane della vostra età, per scambiare quattro chiacchiere. Accettate?

- Con tutto il cuore! - rispose Ilda, che voleva accaparrarsi la simpatia delle vicine.

- Allora vi aspettiamo, - soggiunse Teresa. - Vado ad avvertirò anche Vigia. -

Ilda la seguì poco dopo.

Alla tavola coperta di un tappeto rosso sedevano il falegname, un giovane in abito da operaio ed una giovane sui vent'anni, dal volto sfrontatello ma seducente, con una bocca incantevole e bellissimi denti.

All'entrare di Ilda, tutti si alzarono, e dopo uno scambio di complimenti, le due ragazze sedettero vicino.

Vigia assunse tosto un tono familiare.

- Ho proprio piacere di conoscerti, - disse - perchè mi sei molto simpatica.

- Ti ringrazio, - rispose Ilda con un sorriso. - Io pure sono lieta di trovare tante amabili persone. Alla mia età l'isolamento pesa molto.

- Non avete parenti, in Torino? - chiese Teresa.

- No; - rispose Ilda - mio padre e mia madre erano d'Aosta.

- Che mestiere fai? - chiese Vigia.

- Lavoro in casa per un magazzino di mode.

- Anch'io sono sarta, ma stenterei parecchio se non avessi i miei genitori. Guadagnano poco anche loro, ma tutti insieme, si va avanti, E quando Nando mi avrà sposata.... -

Così dicendo si rivolse al giovane, che sedeva alla sua destra, e battendogli una mano sulla spalla:

- Via, di' anche tu qualche cosa, invece di guardarci a bocca aperta. -

E ridendo soggiunse:

- Vedi, Ilda, egli è più timido di me; ma in compenso è un buon ragazzo, guadagna una buona giornata, e sarò felice con lui.

- Lo spero, - si affrettò a dire il giovane - benchè non sappia mostrarti abbastanza il mio amore. -

Vigia continuava a ridere.

- Tanto lo sai, non mi piacciono le sdolcinature. Quando per la strada incontro qualcuno di quei giovani inamidati, che rivolgono alle ragazze complimenti al latte e miele, mi sentirei la voglia di schiaffeggiarli, perchè so bene che ogni loro parola è una menzogna.

- Avete ragione! - esclamò Teresa.

- Se la povera Giulietta, - soggiunse Vigia - l'avesse pensata come me, invece di attaccarsi a quel tipo che poi l'assassinò, avrebbe sposato un onesto operaio e sarebbe ancora viva e felice.

- Giulietta è la giovane che fu assassinata nella soffitta dove io abito? - chiese Ilda con accento di curiosità.

- Precisamente, - rispose Vigia - ed hai avuto davvero un bel coraggio. Io non starei in quella stanza per tutto l'oro del mondo! Mi parrebbe di vedere tutte le notti quell'ombra sanguinosa, oppure che mi comparisse dinanzi l'assassino.

- Era bella, quella ragazza? - domandò Ilda.

- Un angelo! - esclamò il falegname.

- E buona, onestissima! - soggiunse la moglie.

Vigia alzò le spalle.

- Io non voglio contestare i suoi meriti, ma dovete però convenire che, con tutte le sue buone qualità, era molto superba. Essa rifiutò ottimi partiti, perchè essendo bravi operai avevano le mani callose! E si attaccò a quel figuro, perchè lo credette un signore.

- E non lo è? - chiese Ilda.

- Ma che signore! È un semplice commesso di magazzino, se è proprio lui che l'ha sedotta.

- Come, ne dubiteresti? - proruppe Teresa con impeto. - E lo dici a me, che ho veduto quell'intrigante, quell'assassino?

- Non vi riscaldate! - soggiunse Vigia. - Io non voglio smentire la vostra asserzione, ma voi potreste giurare che l'assassino è veramente colui che Giulietta diceva suo fidanzato?

- Ma sì, sì! - replicò Teresa con un turbamento che si sforzava di nascondere. - L'ho riconosciuto anche dal neo sulla guancia sinistra. -

Ilda palpitava.

Teresa proseguì:

- Era biondo, di media statura. Infine, se non fosse stato lui, perchè avrebbe confessato il suo delitto?

- Sì.... sì; so benissimo che la mia è una idea stramba. Non se ne parli più. Giuochiamo a tombola! -

La veglia si protrasse fin verso le dieci. E quando Vigia si separò da Ilda, questa le chiese in tono calmo:

- Dove vai a lavorare?

- Sono stata fino a pochi giorni fa da una sarta qui vicino, ma ora che non c'è lavoro, ne profitto per completare il mio magro corredo.

- Allora, vieni a lavorare con me: ci terremo compagnia e il tempo passerà meglio.

- Accetto con tutta l'anima. -

Le due giovani si baciarono cordialmente.

Quella notte Ilda non dormì. Ella pensava:

- Era biondo, e aveva un neo sulla guancia sinistra. Anche il conte Livio ha lo stesso neo! Ma no, ciò ch'io penso è insensato! Per quanto Fabio amasse il suo benefattore, non sarebbe giunto al punto di commettere per lui un assassinio. Eppure, per chi altri Fabio nutriva tanta devozione o tanto attaccamento? -

E l'atroce dubbio diventava quasi certezza. In tali ansie, Ilda soffrì tutta la notte, e alzatasi all'alba si mise al lavoro.

Alle otto Vigia bussò all'uscio.

- Ti disturbo? È troppo presto?

- No, no, vieni pure. -

Per un poco parlarono di futilità. Vigia rideva sempre, mostrando i bianchi denti, ammirando i mobili della soffitta.

- Tu sei arredata come una principessa; - disse infine - la tua stanza può stare a confronto con quella del signor Aldo.

- Chi è?

- Uno studente che abita qui vicino; un bel giovinotto, sebbene troppo serio....

- Non l'ho ancora veduto; per ora non conosco che te, il tuo fidanzato e i coniugi Pavin. A proposito: ieri sera ti rimbeccavi con Teresa per il delitto commesso in questa stanza. Tu non credi dunque che l'assassino sia colui che è stato condannato? -

Vigia si sfogò volentieri.

- Io non nego che colui sia stato l'assassino; e sarebbe assurdo pensare altrimenti, dopo che egli stesso ha confessato. Dico soltanto che in quel delitto vi è un mistero; e se ti racconto in qual modo avvennero i fatti, sono certa che mi darai ragione. Ascolta: Giulietta era figlia di un militare in ritiro, aveva avuta una buona istruzione ed è forse per questo che sdegnava accasarsi con un operaio, Dopo la morte del padre dovette pensare a mantenersi. Lavorava per conto di un negoziante. Molti giovinotti del casamento le fecero la corte; ma erano operai e Giulietta li respinse. Voleva un signore ed un signore l'ha avuto.

- Conoscevi il suo innamorato? - chiese Ilda.

- Lo vidi una sola volta con lei, mentre l'accompagnava a casa. Io ero dietro alle loro spalle e rallentai il passo per non farmi scorgere. Ebbene, ti assicuro che non poteva essere un commesso; un giovane di negozio, specialmente nei giorni feriali, non veste con tanta eleganza, non porta guanti e bastoncino, come aveva il compagno di Giulietta.

- Lo riconosceresti, vedendolo?

- Sì, se lo vedessi per di dietro, con una donna: aveva un portamento signorile e chinava la testa verso Giulietta in un modo che non s'usa fra gli innamorati del nostro ceto. Ma per certo costui, quando ebbe ottenuto dalla ragazza ciò che volle, prese il volo. Nel casamento dicono che quel signore fosse il primo e il solo amante di Giulietta. Ma io credo invece che dopo costui, essa conoscesse il commesso, il quale le fece forse promesse che poi non voleva mantenere. Giulietta, scottata una volta, per non essere scottata la seconda l'avrà minacciato, e lui, per sbarazzarsene, la uccise. -

Ilda, che si era rianimata al principio del discorso, cominciava a perdere ogni speranza.

- Ah! tu credi che quel signore non entri nel delitto commesso?

- No; dopo tre anni di abbandono, perchè ucciderla? Lo avrebbe fatto prima. E che l'assassino non sia il padre della bambina lo ha detto egli stesso in piena udienza, sebbene molti non lo abbiano creduto. Ma le circostanze del delitto hanno del romanzo e del mistero, - soggiunse Vigia. - Quella sera io ero a letto, quando mi svegliai udendo passi e grida nel corridoio. Mi alzai, m'infilai una sottana, e via, con la mamma a vedere che cosa accadeva.

«Entrata in questa stanza, scorsi Giulietta distesa sul letto crivellata di ferite. L'assassino era tenuto da alcuni uomini. Ma ciò che mi stupì fu di vedere presso il letto di Giulietta, colla bambina della misera fra le braccia, una signora bellissima, adorna di gioielli, elegante, tanto da far restare a bocca aperta. Il signor Aldo disse che era sua sorella; ma io non lo credo: una signora con tutti quei brillanti non lascia il fratello in una soffitta. Dunque: primo mistero. -

Ilda sorrise.

- Sentiamo il secondo, perchè questo non mi sembra riguardi la morta, sibbene il signor Aldo. Quella signora sarà stata sua amante....

- È ciò che ho pensato anch'io. Ma viene lo strano. Giulietta, colle cure del medico, si riebbe un momento, e veduta la signora, gettò un grido di terrore e disse:

«- Lei? Lei? Ma non sa...? -

«E ricadde morta. Dunque: secondo mistero.

- Sì, ciò è strano. Ma quelle parole saranno state raccolte, la signora avrà dovuto comparire nel processo, e tu saprai adesso chi sia.

- Niente affatto, ed ecco il terzo mistero. La signora non fu citata fra i testimoni, e nessuno l'ha più riveduta. Il signor Aldo disse che era partita per Ivrea e si trovava indisposta; inoltre, essendo venuto un pezzo grosso della magistratura a prendere la bambina con un signore che si qualificò come il cognato dello studente, tutti prestarono fede a quella storiella, all'infuori di me.

- Che ne concludi?

- Concludo che fra Giulietta e quella signora doveva esservi qualche segreto, e penso talvolta che l'assassino sia stato un mandatario della sconosciuta, che ora si è impadronita della bambina volendo forse sopprimerla come la madre. E mi confermo sempre più nella mia idea, perchè il signor Aldo, dopo aver promesso a Teresa Pavin di condurla ad Ivrea per vedere la bambina, ha detto che la sorella ed il cognato sono partiti per la Spagna a cagione di un'eredità conducendo seco Gina, che ormai considerano come loro figlia. -

Ilda corrugò la fronte.

- Il signor Aldo sarebbe dunque un complice?

- Ne ho il sospetto, e ti confesso che mi era venuta la tentazione di spiarlo per sapere dove si reca quando si assenta per due o tre giorni.

- Si assenta spesso?

- Ogni quindici giorni; l'ho saputo da Teresa, alla quale ha dato ad intendere che egli fa dei piccoli viaggi per i suoi studi d'ingegneria.... Ma io credo che abbia altro scopo. Alla perfine ho pensato: che deve importare a me dei suoi intrighi? Perchè immischiarmi nei suoi affari? Giulietta non era mia amica e non tocca a me vendicare la sua morte. Così lascio correre l'acqua per la sua china. Ed ora sarà meglio che discorriamo d'altro. -

 

 

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

IntraText® (V89) Copyright 1996-2007 EuloTech SRL