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Carolina Invernizio
I misteri delle soffitte

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VII.

 

Quando Ilda tornò a Torino, dopo essersi trattenuta due giorni alla tenuta di Bianca, non sembrava più la stessa di quando era partita.

Un raggio di gioia brillava nei suoi occhi e dimostrava il suo contento. Dopo tante angosce, Ilda sentiva nel suo cuore alitare le più soavi speranze.

Ella aveva trovato due buone creature che si sarebbero unite a lei per smascherare il conte, punirlo se era il vero colpevole, dischiudere, se possibile, le porte del carcere all'infelice che si sacrificava.

Ilda aveva discusso molto col signor Moreno circa gli strani rapporti fra il conte e Fabio. Per certo fra loro esisteva un misterioso legame, che aveva reso l'uno lo schiavo sommesso dell'altro. Ma come scoprire tale mistero, che sarebbe la chiave di tutto?

La giovane sperava di riuscirvi.

Con Bianca ed il signor Moreno avevano ideato un piano per conseguire l'intento desiderato.

Ilda, col fine discernimento della donna, aveva indovinato il puro amore di Bianca per lo studente Aldo, e pensava che quei due erano degni l'uno dell'altra.

- Se non ci fosse il conte! - diceva fra e .

Quella sera Ilda, a tarda ora, si recò a bussare alla soffitta di Aldo.

Il giovane stava studiando.

Tuttavia aprì. La vista di quella giovane, che egli aveva appena intraveduta due volte nel corridoio, lo sorprese.

- Che desidera, signorina?

- Ho una lettera da consegnarle. -

L'aveva tratta dal corsetto e gliela porse.

Il giovane riconobbe subito la calligrafia di Bianca.

- Entri; si accomodi, la prego! - disse con premura.

Aldo si assorbì nella sua lettura. La contessa gli faceva parte di tutto quanto era accaduto in quei giorni: della comparsa di Ilda, del colloquio con lei, dell'apparizione improvvisa del signor Moreno, del perdono di lui, e di tutto quanto avevano combinato insieme con la fidanzata di Fabio.

/# «Noi saremo separati per lungo tempo, mio caro Aldoterminava la lettera «ma le nostre anime non si divideranno mai. L'avvenire sarà forse migliore del passato. Mettiti ad intera disposizione di Ilda: essa ti dirà qual parte dovrai assumere in ciò che abbiamo ideato; accettala, te ne prego. Ilda stessa ti presenterà a mio padre: ubbidiscilo in tutto e ti troverai contento.» #/

Lo studente, terminata la lettura, alzò gli occhi su Ilda con tenerezza, e con accento familiare:

- Siete voi, - disse - la fidanzata dell'uomo che assassinò la povera Giulietta? -

Ilda rispose, grave:

- Sono io; ma per certo non mi avreste riconosciuta sotto questo travestimento. È stato necessario per venir ad abitare nella camera dell'assassinata.

- Avete avuto tanto coraggio?

- Il mio amore per Fabio mi ha dato la forza e l'energia di tentar tutto per scoprire la verità.

- Sospettate il conte Rossano?

- Sì.

- Ma l'assassinio fu veramente compiuto dal vostro fidanzato.

- Il conte fu senza dubbio l'istigatore. -

Aldo era pensieroso.

- Perchè non faceste il nome di lui all'udienza?

- Fabio me l'aveva proibito.

Lo studente trasalì.

- Come? -

La giovane raccontò dei rapporti del suo fidanzato col conte, come questi passasse per un benefattore, e si diffuse sulla riconoscenza di Fabio verso quell'uomo.

Parlò quindi dell'offerte fattele dal conte quando il giovane fu condannato, della fuga di lei, della sua scoperta il giorno in cui si era recata ad Ivrea, di tutto ciò che aveva raccontato a Bianca.

- Continuerete ad abitare la soffitta della povera Giulietta? - chiese Aldo, quando essa ebbe finito di parlare.

- Sì, ma vi farò le mie apparizioni di quando in quando, dovendo d'ora innanzi vivere altrove. -

I due s'intrattennero ancora a lungo.

Quella sera Ilda rientrata nella sua soffitta dopo la mezzanotte, prima di coricarsi pregò fervorosamente, chiedendo a Dio di sostenerla nella lotta che stava per intraprendere.

Quindici giorni dopo, sotto il nome di Cleo, essa prendeva possesso di una elegantissima palazzina, acquistata a suo nome dal signor Moreno.

Tutti parlavano della eleganza, del lusso della nuova stella.

Ogni sera la giovane scriveva un minuto ragguaglio di tutti gli avvenimenti della giornata, una specie di diario che veniva segretamente inviato a Bianca.

Il giorno del suo incontro col conte Livio davanti alla pasticceria Baratti, Ilda tornò a casa agitata.

Finalmente la lotta comincerebbe ed ella vi si apprestava con energia.

La sera stessa il signor Moreno si recò da lei ed ebbero un lungo colloquio insieme.

Ilda, fino dai primi giorni della sua nuova esistenza, si era incontrata con Cinzia, e la fissò con uno sguardo pieno di disprezzo o di sfida.

Due giorni dopo l'incontro di Livio, Ilda se ne stava nel suo salotto, allorchè una cameriera le consegnò il biglietto di un visitatore.

Ilda lesse: «Conte Livio Rossano

- Introducilo subito nel salotto rosa, - disse alla cameriera.

Ilda indossava un abito da casa che le stava a meraviglia. Aveva i capelli negligentemente annodati e trattenuti da un pettine di brillanti.

Ella passò nel salotto, dove, in attesa di lei, il conte, pallido come un cadavere, esaminava lo splendore di quella stanza, un gioiello di buon gusto.

Sentendo aprire un uscio, si volse e rattenne a stento un grido di ammirazione.

Ilda appariva calma, sorridente.

- Quale sorpresa, caro conte! - esclamò.

- Che volete! Ho desiderato di accertarmi co' miei occhi se la Cleo che fa tanto parlare di a Torino eravate proprio voi, Ilda. Non volevo crederci.... mi pareva impossibile. Ma, disgraziata fanciulla, avete dunque dimenticato il povero Fabio, che per voi ha commesso un delitto? -

Ilda si sdraiò su di una poltrona con atto civettuolo.

Rideva, mostrando i denti bianchissimi.

- Conte, smettete le prediche: le detesto. E poi, come potete farvi il difensore della virtù dopo le confidenze da voi fatte alla sedicente contessa che era in vostra compagnia in un albergo di Ivrea? -

Il conte rimase a bocca aperta dallo stupore.

- Orsù, giuochiamo a carte scoperte! - proseguì Ilda. - Non è lo scrupolo per il condannato che vi ha condotto da me, sibbene il dispetto di perdere la preda che agognavate. -

Livio era in preda ad una grande confusione.

La giovane continuava a ridere.

- Osereste negare? - domandò.

- Ebbene, no, non lo nego! - rispose risoluto il conte. - E, se avete udite le mie confidenze, saprete fino a qual punto vi ami.

- Al punto di commettere voi pure un delitto.... Ah! ah!

- Non ridete così; se sapeste che male mi fate! Potevo io mai pensare che voi, così onesta, che respingevate ogni mia proposta, che fuggiste da me....

- Non ne indovinaste la cagione? - interruppe Ilda.

- No; ditela, ditela, ve ne prego! -

Ella inclinò vezzosamente la testa, ed i suoi occhi presero un'espressione di languore.

- Io avevo indovinato il vostro amore; - esclamò - capivo che la condanna di Fabio aveva fatto nascere nel vostro cuore un'insensata speranza....

- Perchè insensata?

- Perchè mai mi sarei data al protettore del mio fidanzato! Voi siete l'unico uomo che non avrebbe mai potuto trionfare di me.

- E me lo dite con tanta franchezza?

- Perchè mentire? Veramente io avevo risoluto di restar fedele a Fabio, ma dopo alcuni mesi di lotta con la miseria, vedendomi disprezzata dalla società che mi riteneva forse complice del condannato, convinta infine che Fabio era veramente colpevole, decisi di prendermi una rivincita su quelli stessi che mi disprezzavano, e siccome trovai, viaggiando, un'ottima occasione, non me la lasciai sfuggire. Come vedete, il mio protettore ha fatto le cose in grande. -

Una collera tremenda contraeva il volto di Livio.

- E se io ne avvertissi Fabio? -

Ilda alzò con disprezzo le spalle.

- Che m'importa? Io mi godrò la vita tuttavia!

- Ilda, io non dirò nulla, ve lo prometto, Fabio ignorerà tutto, ma voi non sarete crudele con me. -

Volle prenderle una mano, ma la giovane la ritrasse vivamente.

- Giù le zampe, caro mio; se volete che continui a ricevervi e che la mia accoglienza sia amichevole, dovete stare al vostro posto, altrimenti, se verrete un'altra volta, troverete l'uscio chiuso.

- Io non metterò più piede nella casa di un altro.

- Questa è casa mia, sapete! - disse con alterezza Ilda. - Il mio protettore me l'ha regalata: potete mettervi a suo pari?

- Sì, che lo posso! - gridò il conte. - Datemi una sola speranza, ed io metto ai vostri piedi tutte le mie ricchezze. -

Ilda l'interruppe con uno scroscio di risa.

- Le vostre ricchezze? - soggiunse. - Dimenticate, conte, di aver detto alla vostra sedicente contessa che vi trovavate al verde, che avevate bisogno di denaro per aver perduto duecentomila lire al giuoco ed impegnata la rendita di sei mesi? E minacciavate la vera contessa, che fortunatamente non poteva sentirvi, se non acconsentiva a pagare i vostri debiti! -

Il conte era livido.

- Ma dove eravate, voi, per sapere tutto questo?

- Accanto alla vostra tavola, dove voi pranzavate in compagnia della sedicente contessa. Oh! voi credevate che nessuno, , capisse il francese; ma c'ero io, e udii tutto. -

Il conte fremeva, ma Ilda era così adorabile, così provocante, che egli perdeva la testa.

- Ilda, abbiate pietà di me! - balbettò.

- Se vi sentisse Cinzia.... -

E divenendo seria:

- È inutile, - disse. - Forse, se non foste stato il protettore di Fabio, avrei potuto amarvi.

- Io rinnego il mio protetto dal momento che si è reso indegno di me, - diss'egli con voce ansante.

Ilda conservò il suo sorriso.

- Che m'importa, adesso? - esclamò. - Io non sono libera, e, quand'anche lo fossi, vi fuggirei egualmente. -

E stesa la mano ad un bottone del campanello, lo premè nervosamente.

Prima che il conte avesse il tempo di rispondere, una cameriera apparve.

Ilda era già in piedi, e con la massima disinvoltura:

- Accompagna il signor conte, - disse. - Ah! dimenticavo avvertirvi che il giovedì sera ricevo gli amici; si fa un po' di musica, poi si cena. Sarete il benvenuto. -

Il conte era stordito.

- Non mancherò, - rispose macchinalmente.

E seguì la cameriera, tutto fremente d'ira.

Appena in istrada si disse:

- Ilda si prende giuoco di me e di Fabio, che aveva piena fiducia in lei! Ma io l'avvertirò. -

Poi soggiunse con accento più cupo:

- Voglio conoscere il nababbo che la mantiene, ed agirò contro di lui per avere Ilda nelle mie mani. -

 

 

 




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