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Carolina Invernizio
I misteri delle soffitte

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IX.

 

Era la sera di ricevimento in casa di Cleo, o piuttosto di Ilda. Luce e fiori a rifascio.

Gli invitati dovevano giungere alle dieci.

Erano le otto pomeridiane, e nello spogliatoio Ilda stava discorrendo con Aldo, che in abito da società aveva l'aspetto di un principe.

Anche Ilda era affascinante nell'abito impero, adorna di perle e di brillanti.

- Siete sicura che egli venga? - chiese il giovane gravemente.

- Lo vedrete. Quell'uomo non abbandona la preda che agogna. Ma ricordate bene la vostra parte.

- Credo che il pensiero della contessa basterà a rendermi superiore a me stesso. -

Ilda guardò l'orologio e mormorò:

- Il cavaliere Trani dovrebbe già essere qui. -

In quel momento una cameriera apparve, portando sopra un vassoio d'argento un biglietto da visita.

- È lui! - esclamò con vivacità Ilda. - Che entri, che entri subito! -

Il cavaliere Umberto Trani apparve.

Il magistrato, sorridente, stese la mano alla giovane, dicendo:

- Vedo con piacere che mi trovo fra conoscenti. Veramente il vostro biglietto firmato Cleo non mi avrebbe fatto sospettare che si trattava di voi. Bravissima! Mi rallegro che non abbiate più quelle idee singolari che conquistarono il pubblico a vostro favore.

- V'ingannate, signor Trani; - rispose Ilda - quelle idee sussistono sempre, ed è per ciò che mi vedete trasformata nella cortigiana Cleo e che trovate il signor Aldo in mia compagnia. -

I due uomini si erano stretti scambievolmente la mano, ma alle parole di Ilda il cavalier Trani guardò i due giovani con serietà e stupore.

- Mi spiegherete...? - disse.

- Vi ho pregato di venire da me un'ora prima che giungano gli altri invitati appunto per parlarvi liberamente, - rispose Ilda. - Favorite sedere e vi spiegheremo subito tutto. -

Il magistrato obbedì.

- Parlerò io, signor Aldo, - soggiunse la giovane volgendosi allo studente, che fece un cenno affermativo. - Voi sapete, signor Trani, come io stia cercando colui che spinse il mio fidanzato a commettere un delitto?

- E l'avete trovato?

- Non ancora, ma ho degli indizi. Il signor Aldo, divenuto mio amico, come aiutò in quella notte funesta ad arrestare l'assassino, così mi aiuterà a scoprire colui che armò la mano del disgraziato. Per giungere a tale scopo io, povera commessa, sono divenuta la ricchissima cortigiana Cleo; Aldo, il nobile e povero studente, passerà per l'uomo che mi mantiene. -

Lo sguardo del magistrato si fissava intensamente su Ilda.

- Ed i mezzi, chi ve li procura?

- Il signor Moreno, a nome della contessa Bianca Rossano sua figlia. Essa vuole ad ogni costo scoprire il mistero di quell'assassinio o piuttosto il segreto delle parole pronunziate dell'assassinata appena l'ebbe veduta. -

Umberto Trani era divenuto pensieroso.

- Ascoltatemi: - disse - io dovrei distogliervi da tali idee, tanto più che, se riusciste a scoprire più di quello che ho scoperto io, passerei per un magistrato da poco. Ma io ho cuore e coscienza, ed apprezzo il vostro nobile intento; per cui mi unisco a voi, pronto ad aiutarvi in tutto, pronto ad attestare di essermi ingannato, ma ancora in tempo a prendermi una rivincita.

- Grazie, grazie! - dissero ad un tempo Aldo ed Ilda. - La contessa e noi non dubitammo un istante del vostro appoggio. -

Umberto sorrise, orgoglioso di quello slancio sincero.

- Ditemi dunque qual parte mi avete preparata e su chi cadono i vostri sospetti.

- Su persona che voi conoscete e che vi sembrerà impossibile abbia avuto rapporti coll'assassino: il conte Rossano, - disse Ilda.

Il magistrato trasalì.

- Il conte non conosceva Fabio.

- Fabio stesso lo presentò a me. -

Umberto Trani divenne agitatissimo.

- E voi me lo nascondeste?

- Feci male, ma Fabio me l'aveva imposto; e se ora manco al giuramento fatto al mio fidanzato, è perchè mi sono persuasa che il conte non merita alcun riguardo. E dire che Fabio mi aveva raccomandata a lui. Ah! povero disgraziato! -

La giovane raccontò al Trani quanto noi già sappiamo e concluse:

- Del resto, sarà difficile smascherarlo. -

Essa parlò ancora a lungo, senza che il magistrato la interrompesse.

Una cameriera venne ad avvertire che i convitati cominciavano a giungere.

- Bisogna che io prenda il mio posto di padrona di casa, - disse Ilda, volgendosi ai due uomini. - Voi rimanete pure ancora qui. Aldo conosce la casa e saprà indicarvi da quale parte passare quando vorrete fare la vostra comparsa nel salone. A rivederci. -

Impossibile immaginare casa più ricca ed artistica di quella della bellissima cortigiana: una fila di stanze, splendidamente addobbate, fantasticamente illuminate, nel cui centro un salone circolare, adorno di arazzi. stava la fata del luogo.

I primi arrivati erano giovani dell'alta società, che accompagnavano due orizzontali assai note.

Ilda le accolse con un gentile sorriso, e mentre esse si mostravano entusiaste di ciò che vedevano e la coprivano di elogi e di complimenti, la giovane indicò loro di sedere e mosse incontro ad altri venuti.

Le sale non tardarono ad affollarsi: uomini distinti, alcuni appartenenti alla nobiltà, altri alla finanza, al commercio; non mancavano gli ufficiali, gli artisti, i letterati. Le donne erano in minor numero e sapevano contenersi bene. Ilda nel suo invito prometteva un po' di musica e il ballo; in ultimo la cena chiuderebbe il ricevimento.

Ilda era la Regina della festa. Sorrideva a tutti, ma guardava impaziente l'entrata del salone, spiando l'arrivo del conte.

Umberto Trani, che si aggirava pei salotti, si sentì dire a un tratto:

- Anche voi, severo magistrato, in questo tempio della ricchezza e dell'amore? -

Si voltò: era il marchese Passiflora, colà condotto da un amico.

Il magistrato sorrise.

- Tutti i luoghi sono buoni per me, per studiare i tipi....

- .... dei delinquenti? - interruppe con uno scroscio di risa il marchese.

- Perchè no? Chi vi dice che qui non vi sia qualcuno che finisca i suoi giorni in prigione? Anche la padrona di casa fu mia cliente e corse il rischio di essere rinchiusa.

- Come?

- Ma sì; la bella Cleo non è altri che Ilda, l'eroina del processo di Fabio Ribera, l'assassino di Giulietta Lovera!

- Chi la mantiene in questo lusso?

- Quel giovinetto che ora le sta vicino e le parla: Aldo Pomigliano. -

Passiflora sussultò.

- Vi saluto, marchese, - disse il magistrato, che avendo veduto entrare il conte Rossano, subito si diresse verso Ilda.

La giovane si era seduta al fianco di Aldo e lo guardava con amore.

Parlavano sommesso e ridevano, non curandosi del pianista che molti ascoltavano in estasi.

Ilda aveva veduto entrare il conte, che le si avvicinò per salutarla.

- Vi ringrazio di esser venuto! - diss'ella.

- Vi ringrazio io di ricevermi, signorina Ilda, - replicò il conte.

- Chiamatemi Cleo: è adesso il mio nome, quantunque qui conoscano tutti o quasi tutti la mia storia. -

Aldo, che frattanto fissava la giovane colle sopracciglia aggrottate, chiamò in tono imperioso:

- Cleo! -

Ella si voltò languidamente verso lui, chiedendogli:

- Che volete, amico mio? -

Aldo sussurrò alcune parole, che fecero scoppiare dalle risa la giovane.

- Sentite, conte, sentite: - esclamò rivolgendosi a Livio, pallido, convulso per la gelosia - il signor Aldo Pomigliano, che vi presento, credeva nientemeno che voi foste il mio ex fidanzato, colui che è in galera! -

Il conte rivolse uno sguardo feroce allo studente.

- Signore! - disse in tono di minaccia.

- Scusate; - interruppe Aldo, che appariva più sorpreso che confuso - ma voi avete col signor Ribera una rassomiglianza straordinaria; me ne appello al cavalier Trani -

Il magistrato, che era poco distante, si volse vivamente chiedendo:

- Che c'è? -

E veduto il conte Rossano gli andò incontro stendendogli la mano.

- Anche voi qui? - disse.

- Sì; - rispose Ilda, che subito narrò il piccolo incidente, mentre Aldo ripeteva:

- Me ne appello a voi: lo trovate somigliante al Ribera? -

Umberto Trani guardò il conte e disse giovialmente:

- Toh, è vero! Non lo avevo osservato. Avete perfino lo stesso neo sulla guancia sinistra! -

In quel momento uno scroscio di applausi rimbombò nel salone, diretti al pianista.

Ilda prese a braccetto Aldo e si allontanò.

Umberto Trani ed il conte andarono a fumare nella galleria, che metteva in comunicazione le sale con le stanze di Ilda.

- Chi avrebbe mai detto, - esclamò il Trani mentre accendeva un'avana - che quella modesta commessa sarebbe divenuta la bella Cleo, la mantenuta di colui che ne arrestò il fidanzato! -

Livio sussultò.

- Come? Il signor Aldo è colui del quale parlavano i giornali al tempo del processo? Ma, se non m'inganno, si diceva che era povero.

- È vero; ma si dice che abbia avuto un'eredità. -

I due uomini furono interrotti dall'entrata di una terza persona nella galleria.

Era il marchese di Passiflora. Questi, riandando nella mente il contenuto della lettera che il signor Moreno era giunto a carpirgli, fu persuaso che Aldo, il protettore della bella Cleo, fosse l'amante della contessa Rossano e gli parve di aver trovato il modo di vendicarsi.

Passiflora aveva veduto il conte Livio, e come se non ricordasse più l'affronto fattogli alla tenuta, gli andò incontro col sorriso sulle labbra.

- Tu pure in casa della bella Cleo? - esclamò giovialmente. - Discolo! Queste scappate dovreste lasciarle fare agli scapoli, non è vero, cavaliere? -

Così dicendo si rivolse ad Umberto Trani che conosceva.

- Ho moglie anch'io; - rispose il magistrato - ma non credo di commettere adulterio passando un'ora in amabile compagnia, tanto più quando non si ha altro scopo che divertirsi.

- Ciascuno ha il diritto di pensare come vuole. Livio, - soggiunse rivolto al conte - puoi star meco cinque minuti? Ho bisogno di parlarti. -

Umberto Trani s'inchinò, allontanandosi.

Allorchè il magistrato fu scomparso, il volto di Passiflora non espresse che una dolce melanconia, e prendendo a braccetto l'amico, gli disse:

- Memore della nostra passata amicizia, io provo per te in questo momento tanta e sì profonda compassione, che ti domando perdono se un giorno fui quasi brutale con te. -

Livio lo guardò con sorpresa.

Passiflora si prendeva giuoco di lui?

- Non ti comprendo! - esclamò. - Perchè ti faccio compassione?

- Possibile che tu non soffra? Possibile che non ti stia a cuore, se non l'affetto, almeno il denaro di tua moglie?

- Che c'entrano adesso i denari della contessa con un supposto inganno? - domandò Livio a denti stretti.

Un sorriso ironico increspò le labbra del marchese.

- Povero illuso, bisognerà proprio che ti spieghi tutto! Mentre tu folleggi, altri prende il tuo posto. -

Livio divenne livido.

- Parla chiaro! - esclamò con voce rauca. - Queste tue reticenze mi uccidono. Che sai? -

Il marchese lo trasse dietro un gruppo di fogliami, che li nascose intieramente.

- Hai tu osservato bene il protettore della bella Cleo? - disse con voce che parve un sibilo.

Agitato da una strana commozione, Livio rispose:

- Sì; ebbene?

- Sai di dove provengano quelle ricchezze, che gli servono a mantenere il lusso sfrontato che ci circonda?

- No.

- Il denaro che qui si spende è denaro di tua moglie, per conseguenza, tuo.

- Tu menti! - gridò il conte.

- Sapevo bene che non mi avresti creduto; - disse amaramente il marchese - eppure è la verità. Tu mi dirai perchè io cerchi di schiacciare in tal modo la contessa; ma sai che l'ho amata prima di te, ed ho avuto la debolezza di continuare ad amarla, sperando che il giorno in cui avesse aperti gli occhi sul conto tuo, sarebbe stata mia. Ebbene, il giorno venne in cui essa ti disprezzò; ma quando le offrii il mio appoggio mi respinse di nuovo. Allora, nella stessa guisa che avrei commesso un delitto per possederla, così avrei dato il mio sangue per vendicarmi del suo disprezzo. La feci spiare, ed ho scoperto che essa ha un amante, e che è madre di una creatura di lui. -

Il conte cacciò un urlo, afferrando il braccio del marchese.

- Non è vero; è una menzogna orribile la tua, e me ne renderai conto!

- Quando vorrai; - disse con calma Passiflora - ma quand'anche tu mi uccidessi, non potrai distruggere quello che è! -

Il conte passò a un tratto dal furore alla calma; i suoi lineamenti si distesero, e con accento cambiato:

- Hai ragione! - disse al marchese. - Un duello fra noi non avrebbe alcuna utilità. Io voglio vendicarmi del mio odiato rivale, e tu mi aiuterai.

- Ti ho avvertito e basta: ora tocca a te! -

Un momento dopo i due uomini rientravano nel salone, disinvolti come se nulla fosse stato.

 

 

 




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