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Carolina Invernizio
I misteri delle soffitte

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V.

 

Fabio continuava con ardore gli studi, per rendersi sempre più degno del suo benefattore.

Tutta l'adorazione che il fanciullo aveva provata per la contessa, si riversò su Livio. Per Fabio non vi era nulla al mondo di più bello, di più perfetto del giovane conte, il quale se ne compiaceva.

Fabio era sui diciotto anni, allorchè un giorno Livio si recò ad avvertirlo che gli aveva trovato un buon posto di contabile in un grande magazzino di mode, dove avrebbe percepito per i primi mesi sessanta lire, che sarebbero andate crescendo fino a raggiungere la cifra di centocinquanta lire mensili.

Fabio ne fu felice.

Livio aveva preso, a nome di Fabio Ribera, due stanzette al quarto piano di un vasto casamento in via della Rocca, pagandone il primo semestre anticipato e le aveva fatte ammobiliare con una certa proprietà.

Quando vi condusse Fabio, questi, versando lacrime di riconoscenza, cadde ai piedi di Livio e gli baciò affettuosamente le mani.

Fabio Ribera si presentò al magazzino indicatogli da Livio e vi fu ben accolto.

Il conte Rossano regolò la vita del giovane in modo che nessuno dubitasse dei rapporti esistenti fra loro. Egli, sapendo che in quel magazzino cercavano un contabile, offrì Fabio, dicendo che gli era stato raccomandato da un gentiluomo che ne aveva fatto i più grandi elogi. Così, fu accettato.

Quando Livio capitava a fare qualche compra in quel magazzino, Fabio lo salutava con rispetto, ma nessuno avrebbe mai creduto che egli fosse in relazione col conte.

Non passava però settimana senza che il conte dedicasse una sera al suo protetto.

In questo frattempo Livio conobbe Giulietta Lovera.

Una mattina che il conte bighellonava per le strade, giunto al corso San Maurizio si fermò a guardare una giovane vestita con semplicità ma di una bellezza più unica che rara.

Il conte, affascinato, le si avvicinò, e con voce soave:

- Perdonatemi, signorina, - disse - ma l'involto che portate è senza dubbio troppo pesante per voi. Permettete che io ve lo porti. -

Giulietta guardò alla sfuggita quel giovane tanto gentile, e fattasi di fiamma rispose:

- Ci sono avvezza, signore; e poi, non ho da fare che pochi passi; abito qui vicino; grazie! -

E si allontanò in fretta.

Livio le tenne dietro e la vide fermarsi presso la porta di un vasto casamento, dare una moneta ad un mendicante che le si era avvicinato, quindi sparire dentro il vestibolo.

Livio si avvicinò a sua volta all'accattone, che subito gli si rivolse implorando:

- Un po' di carità, per amor di Dio!

- Vuoi guadagnarti dieci lire? - gli disse il conte.

Il mendicante lo guardò con aria inebetita.

- Dieci lire? - ripetè, credendo di sognare.

- Sì, per rispondere ad una mia domanda.

- Per dieci lire rispondo a cento! - esclamò l'altro aprendo la bocca ad un triviale sorriso.

Livio trasse dal portafogli un biglietto da dieci, che fece vedere al mendicante; ma prima di darglielo domandò:

- Chi era quella ragazza bionda che ti ha dato una moneta?

- È una lavorante che abita nelle soffitte del casamento.

- Ha famiglia?

- No, signore, è sola; suo padre era un vecchio militare.

- Di che vive, costei?

- Lavora di bianco per un magazzino.

- Avrà un amante, m'immagino!

- No. Essa ha avuto delle proposte coi fiocchi, ma le ha rifiutate tutte. Qualche operaio l'ha chiesta in moglie, ma ha fatto fiasco: essa dice che vuole sposare un impiegato o un commesso, di cui le riesca innamorarsi. -

Livio diè il biglietto da dieci e si allontanò.

Ormai ne sapeva abbastanza sul conto di Giulietta e formò subito il suo piano.

Egli cambiò i suoi abiti eleganti in abiti più modesti; acquistò un portafogli grande, di quelli che usano comunemente i giovani d'ufficio; prese in affitto una camera in via Montebello, qualificandosi per Fabio Ribera, impiegato di banca, e pose tutto il suo studio nello spiare l'uscita della giovane.

Quattro giorni dopo il suo primo incontro con lei, verso sera, la vide uscire dal casamento sola, anche questa volta con un fagotto. Egli le si avvicinò, e Giulietta lo fissò con uno sguardo crucciato.

- Signorina, ve ne prego, ascoltatemi; - diss'egli con voce commossa - io non ho più pace da che vi ho veduta, e desidero tanto di parlare con voi perchè somigliate moltissimo a una mia povera sorella, morta a sedici anni e che io ho tanto adorata. -

L'impostore aveva le lacrime agli occhi.

Giulietta si commosse; non aveva più ragione di offendersi, e con voce debole:

- Mi dispiace di avervi, senza mia colpa, rinnovato un dolore! - balbettò.

- Oh! signorina, voi invece mi avete procurata la felicità più grande che io potessi sognare. Non vi pare che sia un conforto ritrovare in una persona le sembianze adorate di un essere che è morto?

- Avete ragione, signore! - rispose vivamente Giulietta. - Vedete, nel magazzino per il quale lavoro, un vecchio contabile mi ricorda il mio povero babbo; ebbene, quando lo vedo, provo una gioia sconosciuta, che egli neppure si immagina, e parlo sempre volentieri con lui.

- Vedete dunque che io sono da compatire. Ma scusate se vi trattengo, mentre forse voi dovete recarvi al magazzino.

- È vero.

- Io non vi chiedo il permesso di accompagnarvi, perchè forse non me lo permettereste; però avrete tutta la mia riconoscenza se, incontrandovi qualche volta, non sdegnerete di scambiare una parola con me.... Se volete prendere informazioni sul conto mio, potete farlo: abito in una cameretta al terzo piano di quella casa che vedete ; il mio nome è Fabio Ribera, oriundo di un piccolo paese del Piemonte; sono solo al mondo ed impiegato in una banca. -

Giulietta rispose con dolcezza:

- Anch'io sono sola al mondo, signor Fabio. Mi chiamo Giulietta Lovera, vivo del mio lavoro, e nella mia povertà sto contenta.

- Ebbene, giacchè la nostra sorte si somiglia, noi saremo amici, non è vero? -

Egli aveva un sembiante così onesto e sincero, che Giulietta gli stese la mano.

- Oh! sì, - esclamò - con tutto il cuore! -

Si separarono sorridendosi.

Ormai Giulietta non pensava più che a quel falso Fabio, e il conte desiderava follemente Giulietta.

- Ella sarà mia; - si diceva - cadrà a poco a poco, senza accorgersene. Che deliziosa amante avrò, allora! Come è bella! -

Ciò non impediva al conte di tenere al tempo stesso relazione con Cinzia la ballerina, con la quale più volte si era bisticciato ma con la quale sempre si riconciliava, perchè i loro caratteri, i loro sentimenti erano presso a poco uguali.

Cinzia non si peritava di tradirlo allegramente con altri: Livio le era spesso infedele; poi si raccontavano reciprocamente le loro avventure, ridendo alle spalle di chi avevano loro creduto.

Questa volta però per Livio l'avventura era più seria. Quella bellissima fanciulla dai capelli d'oro gli stava a cuore più di quello che credesse; non si trattava del capriccio di un'ora, ma di un intrigo che doveva essere ben ponderato e condotto, perchè capiva che la più piccola imprudenza sarebbe bastata per far fuggire la preda.

Il conte però non seppe tacere con Cinzia, e le si confidò.

- Il tuo romanzetto m'interessa; - disse la bella ridendo - ma bada di non metterti in qualche impiccio. Le fanciulle oneste sono terribili dinanzi ad un tradimento: sta' in guardia! -

Due giorni dopo, nel pomeriggio, Livio incontrò Giulietta, cui si avvicinò con le mani stese.

- Vi recate al magazzino, signorina? - le domandò.

- No, torno a casa.

- Così presto? Con un pomeriggio tanto splendido? Se sapeste quanto fa bene camminare dopo essere stati seduti a lavorare per molte ore del giorno! Acconsentite che vi accompagni a fare una passeggiata sul viale? Andremo verso Po. -

Giulietta non ebbe il coraggio di rifiutare.

In quei due giorni non aveva fatto che pensare a lui, provando un vero benessere al pensiero che essa occupava il cuore del giovane col ricordo della sorella morta.

Come diffidare di un uomo così gentile, rispettoso, che serbava tanto culto ad una morta?

Gli occhi del giovane la fissavano con una tenerezza malinconica.

Camminarono alquanto senza parlare. Poi Livio cominciò ad abbandonarsi a false confidenze. Compose un romanzetto della sua vita, dicendosi figlio di un uomo che aveva consumato tutto il patrimonio in bagordi, descrivendo le torture sofferte da sua madre, una santa, per allevare i suoi due figli, un maschio ed una femmina, buoni, onesti, amanti del lavoro.

Giulietta, a sua volta, gli fece il semplice racconto della sua esistenza; gli disse come anch'essa vivesse di lavoro e ricordi, cercando di mantenersi sempre sulla via dell'onestà, che i suoi cari le avevano inculcata nell'anima.

La sera era deliziosa. Nell'aria vi era una freschezza soave; non una nube velava il sereno orizzonte.

I due giovani si erano seduti sopra una breve sporgenza, quasi in riva al Po. Non si dicevano più nulla, ma provavano un incanto nuovo, delizioso, e lasciarono scendere la notte senza quasi accorgersene.

Fu la prima Giulietta a risvegliarsi da quel sogno.

- Mio Dio, come si è fatto tardi! - esclamò scattando in piedi. - Che diranno i miei vicini non vedendomi ancora rientrare?...

- Se vi faranno qualche osservazione, - mormorò con somma dolcezza Livio, prendendole una mano - direte che avete fatto una passeggiata col vostro fidanzato. -

Giulietta impallidì e chinò gli occhi confusa.

- Signor Fabio! -

Egli le cinse con un braccio la vita, l'attirò dolcemente a .

- Perchè non unire i nostri destini? - le chiese con accento carezzevole all'orecchio. - Voi sarete l'angelo custode del mio modesto focolare, ed io benedirò ancora alla vita.... Dite, Giulietta: volete essere mia moglie?

- Io sono povera, lo sapete, - balbettò.

- Che importa? Neppur io sono ricco, ma ho qualche risparmio che mi permetterà di ammobiliare un piccolo nido. Alla banca guadagno centocinquanta lire al mese, e con una moglie come voi, la nostra casa diverrà un paradiso. Oh! non mi respingete: se rifiutate, io muoio, perchè vi amo tanto! -

Commossa, Giulietta lo guardò.

- Anch'io vi amo, - disse con quella franchezza che era il fondo del suo carattere - ed accetto con tutta l'anima! -

Quella sera, tornata a casa, Giulietta pregò a lungo, ringraziando Dio della felicità che le concedeva e ripetendo mille volte con tenerezza il nome di Fabio.

 

 

 




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