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Carolina Invernizio I misteri delle soffitte IntraText CT - Lettura del testo |
III.
Bianca stava nella poltrona, presso la finestra aperta.
Milia, fedele guardiana, lavorava all'uncinetto, a pochi passi da lei.
Il rumore dell'uscio che si apriva fece volgere la donna; la contessa non si mosse.
Livio, seguito da Fabio, le si avvicinò, e poichè la giovane non si muoveva, il conte la chiamò.
- Bianca! -
Ella si rivolse, e scorgendo uno sconosciuto in compagnia di suo marito, si mise a tremare come una foglia scossa dal vento.
- Siete venuti ad uccidermi!... - balbettò.
- No, Bianca, ritorna in te; - rispose dolcemente il conte - tu sai quanto la tua vita mi sia preziosa, quanto ti ami, nonostante l'atroce supplizio che mi fai subire ogni giorno. Io sono venuto per presentarti il cameriere fidato che d'ora innanzi aiuterà Milia nelle cure che ti sono necessarie. È un uomo di cuore, al quale potrai confidarti. -
Bianca guardò Fabio, che provò un brivido.
- Lo riconosco: - disse poi con voce singolare - l'ho veduto spesso nei miei sogni; ora me lo mettete al fianco per sbarazzarvi di me, come di Giulietta. -
Fabio barcollò come colpito al petto: il conte divenne livido.
- Non badarle, Martino: - disse con la solita dolcezza - ella non sa quel che dice. -
La contessa chinò la testa sul petto, e socchiuse gli occhi.
Un'ombra passò sul volto di Livio, poi i suoi occhi si inumidirono e fuggì quasi correndo nelle sue stanze.
Il conte si era gettato su di una poltrona.
- L'hai veduta? L'hai sentita? E credi che io possa resistere a lungo a tale supplizio? -
La fisonomia di Fabio si era fatta grave.
- Permettete, conte, che io vi dia un consiglio? Ebbene: dovreste vedere vostra moglie il meno che sia possibile, recarvi a Torino, distrarvi, o non presentarvi a lei se ella non vi fa chiamare. Vedrete che a poco a poco essa guarirà e tornerà ad amarvi. -
Il conte ebbe un sorriso amaro.
- Sai che bisognerebbe fare per guarirla? Ricondurle il suo amante. -
- Non lo credo, conte; - interruppe - non torturatevi l'animo con queste fantasie. La contessa non può avere un così vile pensiero. E poi, siete sicuro che colui sia stato suo amante?
Ed il conte trasse dal portafogli una lettera che porse a Fabio.
Egli la prese con mano tremante e lesse:
«Mia adorata!
«Quale giornata, quella di sabato! Non posso dimenticarla. Solo con te, colla tua testina appoggiata alla mia spalla, le mani nelle mie! Io avrei voluto morire così!
«Cerco di studiare, ma ho la febbre e mi alzo ad ogni istante, non riuscendo a dominare la mia agitazione. Pensare che tu, mia Bianca adorata, sei lontana da me, vicina ad un marito che potrebbe far valere i suoi diritti, ad un uomo vizioso, infame, indegno di te!
«È una situazione atroce, spaventevole la mia, o piuttosto la nostra. Quando finirà? Potremo strappare dal volto di quell'uomo la maschera d'ipocrisia che nasconde l'uomo senza vergogna ed indurlo a punirsi da sè stesso? Tuo padre l'ha promesso ed io ho fede in lui.
«Quando ti rivedrò? Manda Celia ad avvertirmi; la vita mi è insopportabile senza un tuo sorriso, un tuo bacio. La nostra Gina ci aspetta. Io conto i giorni, le ore, i minuti che ci separano. Scrivimi. Ti amo! Ti amo!
«Aldo.»
Fabio fremeva, e quando rese la lettera al conte, il suo volto esprimeva un vero strazio.
- E voi amate sempre vostra moglie?
- Sì, l'amo.... ed è questo il mio torto.
- Voi siete buono, generoso come un Dio e la vostra bontà avrà un giorno la ricompensa. Vostra moglie riconoscerà i suoi torti, si pentirà, e voi la riavrete purificata nelle vostro braccia.
- Se tu dicessi il vero! Intanto farò quello che mi consigli, ed oggi stesso mi recherò a Torino, perchè adesso ho qui te e posso fidarmi. Nessun estraneo, sia uomo o donna, deve essere introdotto presso la contessa, nessuna lettera deve esserle consegnata.
- Potate essere sicuro che ogni vostro ordine verrà eseguito a puntino.
- Quando il dispensiere porterà i cibi per la contessa, li consegnerà a te, che a tua volta li passerai a Milia, e se questa scenderà per rifocillarsi o fare un giro nel parco, tu la supplirai presso mia moglie. -
Il conte partì lo stesso giorno, senza avvertire altri, sicuro di Fabio come di sè stesso. Infatti Livio non poteva lasciare una persona più fidata nella villa.
Fabio pranzò alla tavola dei domestici, accaparrandosi subito la simpatia di tutti per i suoi modi gentili, la bontà che traspariva dal suo sguardo, dalle sue parole.
Quando Fabio risalì, passò nelle stanze della contessa, perchè Milia a sua volta potesse scendere, svagarsi un poco. Alla vedova era pure piaciuto il nuovo cameriere Martino, e capì che sarebbero andati perfettamente d'accordo.
Quand Fabio aprì la porta del salottino della contessa, Bianca non fece il minimo movimento: continuò a guardare fissamente nel giardino. Egli sedette presso un tavolinetto da lavoro.
A un tratto Bianca si rivolse, fece un gesto spaventato, e con voce rotta dall'angoscia:
- Siete venuto ad uccidermi? - balbettò. - Egli è partito come l'altra volta per lasciarvi libero d'agire? -
Fabio scosse dolcemente la testa.
- State tranquilla, signora; - rispose - io non sono qui per farvi male e v'ingannate sul mio conto. Io mi chiamo Martino e sono un povero servo, devoto a voi ed al conte, pronto a dare la mia vita per rendervi la felicità.
- Voi mentite! - esclamò Bianca. - Vi riconosco, sapete: siete l'assassino di Giulietta, l'uomo amato dalla povera Ilda, lo strumento cieco di mio marito! Quale malìa ha adoperato Livio per indurvi a commettere un delitto, per farvi sopportare lunghi anni di prigionia, per convincervi delle colpe di tanti innocenti?
- Innocenti? Sì, voi pure avete l'apparenza dell'innocenza, e innocente vi crederei se non avessi letto la lettera del vostro amante! -
Bianca aveva alzato il capo con un moto pieno di nobiltà ed alterezza: sembrava trasfigurata.
- Del mio amante? - ripetè. - Che Dio vi perdoni questa parola, che per voi ed il conte ha un significato vergognoso, giacchè non intendete l'amore se non accompagnato dal delirio dei sensi! -
Fabio arrossì come un fanciullo.
- Sbagliate, signora contessa! Voi chiamate puro un amore come il vostro, che permette ad un uomo di parlarvi di baci?
- Sì, quelle lettere mi accusano, accusano Aldo; eppure, se vi fu uomo che abbia saputo rispettare una donna, fu lui; se vi fu donna che, calpestata, avvilita dal marito, abbia saputo portar alta la fronte, sono stata io! E con tutto ciò siamo i puniti, mentre il vero colpevole trionfa! Non lo nego: amo Aldo e ne sono amata, ma il nostro amore è al di sopra di tutte le iniquità umane e si libra presso all'altare di Dio. Può il nostro carnefice torturarci, coprirci d'infamia, dividerci: le nostre anime saranno sempre unite, i nostri cuori vicini, e la fiamma arderà sempre più sfolgorante, quanto più cercheranno di spengerla con atroci patimenti. Ripetete pure tutto questo al conte.
- Non sono qui per fare la spia, signora contessa, ma saprò dimostrarvi come accusiate a torto vostro marito.
- Sarebbe inutile; - interruppe Bianca col petto ansante, guardando con compassione il volto pallido ma soave di Fabio - voi non mi convincereste, come io non riuscirei a convincere voi, povera vittima delle vostre illusioni!
- La sola, la vera vittima è vostro marito.
- Lui? - proruppe con veemenza Bianca.
Ma rimettendosi subito:
- Già, che importa spiegarvi? - soggiunse. - Egli ve l'ha detto: sono una povera pazza. Infatti, ho la testa ed il cuore straziati, sconvolti, e voi non potete nè dovete prestarmi fede, sebbene abbiate creduto a tutte le infamie che il conte ha inventate sulla sventurata Ilda. -
- Non mi parlate di colei! - proruppe con violenza. - Come potete chiamarla sventurata? -
Un sorriso ironico sfiorò le labbra di Bianca.
- La conoscete? - disse con strano accento. - Voi, il servo Martino, entrato ieri al servizio del conte? -
Fabio arrossì, tremò: si era tradito senza volerlo.
- Non badate a me; - soggiunse Bianca - non so nulla, sono una povera pazza! -
Così dicendo incrociò le braccia sul petto, chinò il capo e riprese quella calma apparente, che al conte faceva più paura della collera.