Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Carolina Invernizio I misteri delle soffitte IntraText CT - Lettura del testo |
VII.
Fabio, seduto nella sua camera, aperto il libro che Bianca gli aveva dato, leggeva:
«Noi c'inchiniamo servilmente davanti ad un idolo di creta, facciamo talvolta per una creatura umana il sacrifizio del nostro dovere, della nostra anima, della nostra felicità eterna, mentre ci pare grave servire Dio immortale, creatore e dominatore di tutte le cose.
«E che otterremo da una creatura mortale, che domani è polvere? Che avremo da quell'idolo di creta, che la semplice volontà di Dio basterebbe a rovesciare?
«Un giorno verrà che l'apparente trionfo farà sembrare più grande ancora la giustizia di Dio, mentre le lacrime degli innocenti faranno esaltare ancor più la sua misericordia.
«L'ora verrà in cui tutte le pene cesseranno. E sarà quando l'uomo, comprendendo le sue colpe, si umilierà dinanzi a Dio, implorerà il suo perdono. Dio è sempre pronto a salvare chi si pente. Egli accoglie il peccatore pentito, gli addita la via del Cielo! Oh! la dolcezza della parola divina in un'anima abbattuta! Quand'anche tutto il mondo ci mancasse, Dio ci resta sempre....»
Fabio, angosciato, con un sentimento nuovo nel cuore, che lo torturava e lo consolava ad un tempo, cadde sulle ginocchia, e mentre lacrime cocenti cadevano dai suoi occhi, balbettava fra i singhiozzi:
- Mio Dio, perdonatemi! Mio Dio, fate scaturire la luce, perchè io mi penta, perchè sia tutto vostro! Mio Dio, io ho fede in voi! -
Così inginocchiato, Fabio ritornò sul suo passato, esaminò la sua vita. La giudicò miserabile! Egli non aveva avuto altro fine che accontentare il conte, senza neppur sapere se faceva bene o male. Aveva obbedito ciecamente come uno schiavo che si piega alla minima volontà del padrone, senza cercare se questa volontà è contraria alle sante leggi di un padrone più onnipotente.
Oh! ricominciare una nuova vita, una vita utile a tanti innocenti!
Mentre così pensava, la sua anima venne rapita da un'estasi mai provata, come avviene a tutti coloro cui la fede in Dio si rivela per la prima volta.
La mattina seguente il sole era sorto radioso, ma più radiosa era l'anima di Fabio.
Quando egli entrò nella camera della contessa per avvertirla che la poltrona era pronta per la passeggiata nel parco, apparve agli occhi di Bianca come un altro uomo. Sembrava che tutto il suo essere fosse cambiato.
Bianca non lo interrogò, scese nel parco, sedette sulla poltrona, ed allora soltanto, rivolgendosi a lui, gli disse:
- Andiamo: spingete. Voi, Milia, restate pur qui a riposarvi. -
Fabio palpitò. La contessa non aveva dunque più orrore di lui?
La poltrona scorreva dolcemente pei viali. La casa e Milia più non si vedevano, allorchè la contessa disse: - Riposatevi, Martino: io starò bene qui, all'ombra.
Egli obbedì: trasse la poltrona dove gli alberi erano più folti, e si allontanò di qualche passo per non rendersi indiscreto.
Ma Bianca lo chiamò.
- Avete letto il libro che vi ho dato? Non avete nulla da dirmi? -
Egli si gettò ai piedi della contessa.
- Non osavo parlarvene, - disse - eppure ho il cuore pieno. Il vostro libro mi ha aperto gli occhi. Io credevo di seguire il bene e sono stato un malvagio. Non nego più.... sono Fabio Ribera, l'assassino di Giulietta Levera.
- Lo so; - rispose Bianca con tristezza - ma so altresì che il conte è il maggior colpevole in tale delitto: egli solo vi spinse al male. -
Fabio si strinse colle mani la fronte.
- È proprio vero, contessa? L'anima mia si dibatte fra atroci dubbi. Ho chiesto a Dio d'illuminarmi. È possibile che l'uomo da me adorato, il mio benefattore sia colpevole?
- Se era un uomo onesto non avrebbe armato la vostra mano per farvi commettere un delitto! Chi benefica un uomo per spingerlo al male, è un demonio! Ma se Dio ha toccato il vostro cuore, voi potete essere salvo. Fabio, vedete che io, pur trovandomi qui sola, inerme, non ho più paura di voi e vi stendo la mano da amica? Ebbene, ora io ho piena fiducia in voi, come dovete averla in me. Siamo qui soli, nessuno può ascoltare i nostri segreti: apritemi la vostra anima, come io vi aprirò la mia. Allora Dio, che ci ascolta, diraderà le tenebre dalla vostra mente, farà apparire agli occhi vostri la verità.
- Avete ragione: confesso.... confesso tutto. Dio mi ispira. -
In ginocchio sull'erba, dinanzi a quella creatura il cui volto soave pareva trasfigurato, Fabio fece il racconto di tutta la sua vita passata, nulla tacendo di quanto riguardava sè, la contessa Rossano, madre di Livio, ed il conte.
Bianca ascoltò con intensa attenzione. Essa fu colpita più che altro dalla raccomandazione di Stefana fatta a Livio di non abbandonar mai l'orfanello.
Ad un tratto nella mente della giovane subentrò una gran luce e tutto divenne per lei verità semplice ed evidente.
Fabio, terminato il suo racconto, le disse:
- Non sembra anche a voi, contessa, che un uomo, il quale mostrò tanta generosità verso il figlio di un povero servo, non può essere colpevole di quanto lo accusano?
- Lo è più ancora di quanto m'immaginavo! - esclamò Bianca. - Fabio, non vi siete mai guardato allo specchio? Non vi ha mai detto alcuno della vostra strana rassomiglianza col conte? Ebbene, egli è per certo vostro fratello....
- Impossibile! - esclamò Fabio. - Io sono iscritto sui libri dello Stato Civile come figlio dei coniugi Ribera.
- Chi erano questi Ribera? - interruppe concitata Bianca. - Due servi devoti alla loro padrona. La contessa Stefana, e questo lo seppi dalla bocca stessa di Livio nei primi mesi del nostro matrimonio, in un momento di espansione, assomigliava perfettamente a lui nel carattere; era creduta una donna virtuosa, ed ingannava il mondo, come ingannava il marito. Non vi è dunque nulla di straordinario che, per nascondere una colpa, abbia avuto per complici i suoi fidati domestici. -
I denti di Fabio sbattevano sulle sue labbra sbiancate.
- Ed io sarei il frutto.... di quella colpa?
- Lo giurerei. La contessa non ebbe il cuore di abbandonarvi e si occupò di voi, quando Dio vi privò di coloro che vi avevano dato il nome. Ma nè la vostra finta madre, nè la vera, ebbero il coraggio di rivelarvi la verità, neppure al letto di morte. Il conte, che sa tutto per certo, vi ha tenuto sempre al livello di un suo servo, e non basta: egli ha voluto fare di voi un assassino. Vi ha fatto credere che Giulietta era disonesta, che finiva col minacciarlo. Essa era invece una fanciulla onesta, che il conte aveva sedotta sotto il vostro nome e che abbandonò quando fu madre. Nè tanto gli bastò: Livio, temendo di vedersi smascherato dalla disgraziata, armò la mano stessa del fratello. -
Fabio ansava.
- Dio mio! - mormorò con angoscia.
Bianca continuò, come se quelle rivelazioni la sollevassero:
- E sapete dov'era il conte, mentre voi compivate l'esecrabile delitto ed io mi dibattevo in spasimi morali atroci, nel mio palazzo a Torino?
«Egli si godeva il carnevale a Milano, in compagnia di una certa Cinzia, una creatura spregevole al pari di lui e che doveva essere a parte di tutte le sue infamie.
«Ma non basta. Istigandovi a colpire Giulietta, sbarazzandosi di lei e di voi col lasciarvi condannare, il conte aveva un altro scopo: quello d'impadronirsi della pura fanciulla da voi amata.... Ilda. -
Fabio credette di morire.
- Oh! questo non è vero, ditemi che non è vero! - balbettò con accento straziante.
Bianca alzò il pallido viso trasfigurato.
- Per la cara memoria di mio padre, vi giuro che è la verità! Ma perchè meglio mi comprendiate, vi racconterò la mia storia, perchè ad essa si collega quella di altri innocenti: Aldo Pomigliano e la vostra fidanzata, Ilda. -
Fabio ascoltò, col cuore in sussulto.
Quando Bianca gli ebbe detto tutto, egli cadde sull'erba, rompendo in singhiozzi.
Mezz'ora dopo Bianca tornava alla villa con Fabio, il quale partì il domani per Torino.