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Carolina Invernizio I misteri delle soffitte IntraText CT - Lettura del testo |
X.
- Non vuoi prendere la rivincita? - chiese il marchese Passiflora a Livio, che aveva gettate le carte e si alzava dalla tavola da giuoco, dove perdeva.
- No; - rispose il conte, fingendo di trattenere uno sbadiglio - sono stanco; me ne vado a letto. -
Passiflora si mise a ridere.
- Quando Cinzia tornerà dal suo breve viaggio, - soggiunse - sarà soddisfatta di sentire che durante la sua assenza i miei amici disertano le sale prima della mezzanotte. Ma spero sia questo il suo ultimo viaggio e che al suo ritorno possiamo incominciare le pubblicazioni per le nozze.
- Te l'auguro! - disse il conte porgendo la mano al marchese.
Una carrozza attendeva il conte alla porta.
Egli vi salì e si fece condurre verso il corso Grugliasco.
Già da tre giorni Cinzia aveva preso possesso del nido delizioso in cui prima non faceva che rare comparse. Ella si era fatta consegnare da Livio la chiave, dicendogli che là dentro voleva essere la sola padrona e non desiderava che egli ne profittasse per condurvi altre donne.
Inoltre aveva voluto che Livio si recasse da Passiflora onde non dargli alcun sospetto fino al giorno decisivo della loro rottura.
Il conte aveva ceduto a tutte le sue volontà, tanto più che non aveva il diritto di dubitare del suo amore, se la capricciosa rinunziava al marchese per lui.
Egli scese dinanzi alla porticina segreta e pulsò il campanello elettrico.
Un uomo che pareva un domestico comparve, facendo un inchino.
- È il signor conte! Avanti, avanti! -
Livio lo guardò con sorpresa: non aveva mai veduto quell'individuo.
Tuttavia lo seguì senza esitare.
Nell'anticamera il domestico gli tolse il soprabito, il cappello, il bastone, e stava per precederlo nel salotto, quando Cinzia apparve sorridente.
Salutò il conte, indi, rivolta al domestico:
- Puoi andartene; non abbiamo più bisogno di nulla. Vieni, amor mio! - disse al conte.
Livio seguì Cinzia, che lo condusse fino ad un padiglione di lillà, posto in un angolo del giardino.
Il padiglione era vivamente illuminato; nel mezzo era preparata una tavola per due, con piatti freddi, gelatine ed un numero abbastanza notevole di bottiglie in ghiaccio.
Cinzia rideva come una bambina.
- Sei contento della sorpresa? - disse. - Qui godremo di un fresco delizioso e di un profumo inebriante, mentre ceniamo: e saremo al tempo stesso nella più completa libertà, come isolati dal mondo intero.
- Sì, è bellissimo e ti ringrazio del tuo gentil pensiero! - esclamò Livio. - Ma dimmi, chi è quel domestico venuto ad aprirmi?
- È un cameriere della trattoria dove ho ordinato la cena: oggi ho avuto anche altri uomini in casa: tappezzieri, fiorai, perchè ho voluto cambiare le giardiniere e i mobili che non mi piacevano.... Mi sgriderai?
- Perchè dovrei sgridarti? Ti ho dato carta bianca! Ma siedi qui; non mi hai ancora dato un bacio.
- Aspetta; prima vado a vedere che non ci sia più alcuno. -
Fuggì, ma ritornò dopo brevi istanti e gli si gettò fra le braccia, esclamando:
- Siamo proprio soli.... soli.... Oh! che felicità!... -
Livio se la strinse al petto con passione, ma Cinzia si svincolò.
- Le sentimentalità a più tardi! - disse ridendo. - Prima ceniamo. -
Al conte pareva di non averla mai vista più desiderabile.
Sedette accanto a lei sopra un divano che la cortigiana aveva ivi fatto trasportare.
Cinzia mangiò con appetito, o mentre mangiava volle sapere da Livio che cosa gli avesse detto il marchese.
Livio le ripetè lo ultime frasi di lui.
Cinzia rise a crepapelle.
- Che imbecilli sono gli uomini! - esclamò.
- Anche per me dici questo?
- Perchè no? - rispose la cortigiana, alzando le spalle con aria di sfida. - Ne faccio giudice te stesso. Mentre sei in possesso di una moglie bella, adorabile, stai qui a spasimare per una donna, che non vale la punta del suo dito mignolo.
- Non dire così, nè mi parlare di mia moglie; voglio te, te sola! -
Ella divenne più audace.
- Sì, me l'hai già ripetuto, salvo poi, se io domani lascio definitivamente il marchese per te, ad abbandonarmi dopo una settimana in mezzo ad una strada.
- No, Cinzia, te lo giuro!
- I tuoi giuramenti valgono poco. Che garanzia ne ho io?
- Ma sarei qui, vicino a te, a supplicarti di essere mia, se non ti amassi? -
Il riso di Cinzia si fece insolente.
- Amarmi? - interruppe. - Questa parola in bocca tua è una bestemmia. Se la povera Giulietta Lovera non ti avesse prestato fede quando le giuravi altrettanto, tu, invece di farla sopprimere da quello stolido che credeva a tutte le tue menzogne, l'avresti adorata; se Bianca Moreno avesse riso alle fanfaluche che le raccontavi, sarebbe stata la moglie felice di un altro, e tu saresti con un impiccio di meno.
- Taci, Cinzia, taci! - mormorò il conte.
- No, voglio che tu capisca che a me non la darai ad intendere.
- Ebbene, ammetti pure che quello che provo per te non sia amore, ma un delirio dei sensi; - proruppe eccitato Livio, bevendo molto vino generoso, mentre toccava appena i cibi - ma è certo che ho bisogno assoluto di te, nè potrei adesso lasciarti. Con te sola posso sfogarmi liberamente, dire tutto quello che penso....
- Cioè, quello che ti torna più comodo dire, - interruppe Cinzia - e tenermi invece nascosti gli eventi più importanti della tua vita. Così mi confidasti di esserti sbarazzato di Giulietta Lovera per mezzo di Fabio, ma non mi dicesti il segreto che ti lega a costui, qualche grave motivo, nè mi raccontasti del famoso tranello che servì a perdere Aldo e la bella Cleo, mia rivale. E vuoi che creda di essere la tua prescelta? No! Più penso ai tuoi inganni, anche verso me, più mi cresce il desiderio di darti un addio per sempre e ritornare dal mio vecchio marchese, nel cui cuore leggo come in un libro aperto. E tu cercherai un'altra amante, chè delle donne non ne mancano, quando si ha le tasche piene, benchè quel denaro sia stato estorto in modo poco delicato a tua moglie.
- Ma taci dunque! - gridò Livio in un impeto di collera e di passione, rovesciandola sul divano. - Vuoi dunque farmi impazzire? -
La cortigiana disse con la più completa calma:
- E tu vuoi il mio amore, mentre mi tratti da villano? Vuoi forse strangolarmi come facesti con Ilda, per violarla? -
Il conte si raddrizzò con impeto.
- Violarla? - ripetè. - Chi ti ha dato ad intendere tali stupide fandonie? Sì, l'avrei fatto, perchè era in mia balìa, se nella stanza attigua non vi fosse stato Aldo e non avessi avuto timore di essere sorpreso. Vuoi saper tutto? Te lo dirò, ma devi giurarmi di non far più parola del marchese Passiflora e di lasciare Torino con me. Sì, sono ricco, tu l'hai detto, e con questo denaro potremo viaggiare, divertirci, godere ancora la vita!
- Non mi basta.
- Che vuoi ancora?
- Te lo dirò poi, quando avrai parlato. Ora confessati a me.... lo voglio.... te ne prego!
- Maliarda! -
Nel giardino il silenzio era perfetto.
Il conte colmò un bicchiere di vino, e dopo averlo vuotato:
- Ascoltami: - disse afferrando una mano di Cinzia - voglio contentarti, perchè tu sola mi sei stata fedele anche quando t'ingannavo, ed è forse per questo che torno con delirio a te, ora che non ho più altri che mi ami.
- Non hai fatto la pace con tua moglie?
- L'hai creduto? Ebbene, te lo giuro, Cinzia: dal giorno che Bianca trovò la tua lettera, prese a odiarmi, a disprezzarmi: nè le preghiere, nè le minacce poterono indurla ad amarmi ancora: sarebbe morta prima di cedermi.
«Eppure un giorno mi amò! Ricordo ancora le prime felicità della nostra unione.
«Ma non ne parliamo più: tutto è passato; fra me e Bianca vi è un muro di ghiaccio; se ella mi lascia amministrare il denaro ereditato, se vive in una completa solitudine, è perchè crede forse che l'uomo da lei amato sia morto.
«Ed io l'odio, quell'Aldo, e vorrei averlo non solo infamato, ma ucciso!
«Sì, io tesi quel tranello a lui e ad Ilda, ma ti giuro che in quella sera non ci pensavo.
«Mi ero recato a casa di Ilda, o della bella Cleo, come tu la chiami, assalito da un desiderio ardente di conoscere l'uomo che essa aveva preferito a me.
«Aldo Pomigliano mi venne indicato come l'amante della bella Cleo.
«Chi era costui? Dove prendeva il denaro per mantenere il lusso della giovane?
«Il marchese Passiflora s'incaricò di spiegarmelo. Egli mi disse che l'oro con cui Aldo pagava i capricci della cortigiana proveniva da mia moglie, di cui era l'amante.
«Nel primo impeto del furore volevo correre nella sala, schiaffeggiare il giovane, ucciderlo; ma riflettendo meglio, pensai che lo scandalo sarebbe ricaduto su me, e volli trovare un altro mezzo per vendicarmi.
«Ed il mezzo mi si offrì quella notte stessa. - Qui il conte raccontò a Cinzia la scena accaduta nella camera della bella Cleo.
- Tu fosti fortunato! - esclamò Cinzia quando egli le ebbe detto tutto, e come fosse fuggito dalla casa d'Ilda senza incontrare alcuno. - La fortuna è degli audaci! Ora incomincio a credere che tu sia l'uomo che mi convenga.
- Cinzia! - mormorò Livio appassionatamente, cercando attirarla a sè.
- Un momento! - diss'ella svincolandosi. - Ancora non mi hai detto tutto. Chi è dunque Fabio, il complice, che fai agire a tuo talento, che preferisce disonorarsi al disonorarti?
- Vuoi saperlo? Quell'uomo che ha fede in me come in Dio, è mio fratello. Siamo figli della stessa madre, ma egli è nato per essere il mio schiavo, io il padrone: la nostra sorte non sarà mai uguale: io potrei ucciderlo, egli mi adorerà fino alla morte.
- Fabio sa di questo legame che esiste fra voi?
- Sarei stato uno stupido se glielo avessi rivelato! Egli porta il nome di due vecchi servi di mia madre, che salvarono in tal modo l'onore della loro padrona. Fabio ignorerà sempre la verità, mi adora come suo benefattore, non ha altra volontà che la mia. -
Cinzia gli disse lentamente:
- Così, se tu dovessi sopprimere tua moglie, ti serviresti ancora di lui? -
II conte balbettò:
- Sopprimere mia moglie? A che scopo? -
Cinzia si mise a ridere.
- E me lo domandi, mentre pretendi di amarmi? Se vuoi che io abbandoni Passiflora, ricominci la vita con te, devi cercare il mezzo di sopprimere tua moglie; così, liberi entrambi, ricominceremo la vita in due, non pensando più che ad adorarci. Vuoi? -
Si era chinata verso lui, avvolgendolo del suo profumo.
Livio fu inebriato.
- Sì, - rispose - fa' conto che Bianca sia già morta. Ma questa volta Fabio sarà uno strumento incosciente: egli le verserà la morte in qualche bevanda, dove vi sarà della polvere che io gli consegnerò come un medicinale per guarirla. Sei contenta così?
- Sei proprio l'uomo che io ho sempre sognato, l'unico che io possa amare! - esclamò Cinzia. - Vieni, rientriamo in casa. -
Essi erano spariti, lasciando accesi i lumi nel padiglione.
Allora sorsero, come dalla terra, cinque uomini vestiti di nero.
Uno di essi disse:
- Non una parola, finchè non ci troveremo a casa mia: andiamo, è tempo. -
Si diresse verso la porticina segreta; gli altri lo seguirono in silenzio.
L'uomo che aveva parlato era Umberto Trani.