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Carolina Invernizio
I misteri delle soffitte

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VI.

 

Erano appena suonate la nove quando la contessa, vestita semplicemente di panno nero, bussava alla soffitta dello studente.

Aldo le aprì e la riconobbe subito. Con un inchino rispettoso si ritrasse indietro per farla passare, ed appena l'uscio fu chiuso le prese le mani.

- Quanto vi ringrazio, signora, di essere venuta! -

Bianca si lasciò stringere le manine, ma fissando il giovane coi suoi occhi luminosi:

- Signora? - ripetè. - Dimenticate che sono vostra sorella? -

Aldo riprese tosto la sua disinvoltura.

- È vero, Speranza; ma non osavo ricordarvelo temendo di offendervi.

- Se pensassi che da voi potessi avere un'offesa, me ne andrei subito. Ho pienamente fiducia in.... mio fratello. -

Vi era una tal semplicità, un tal candore nell'insieme della giovane, in ogni sua parola, che Aldo ne fu affascinato.

- Grazie! - ripetè, portandosi questa volta le manine di lei alle labbra.

Bianca arrossì un poco ma sedutasi sul divano chiese:

- Ditemi che è successo dopo la mia partenza. -

Egli le disse che la bimba, svegliatasi, chiamava la mamma, non voleva che la mamma. Teresa l'aveva portata nella sua soffitta, per calmarla.

- Povera angioletta! - disse Bianca con le lacrime agli occhi. - Io desidero vivamente di abbracciarla.

- Stamani non ve lo permetto, - rispose Aldo. - C'è nel casamento il giudice istruttore: Umberto Trani. -

Bianca divenne pallidissima.

- Io lo conosco! - balbettò. - Le cose s'imbrogliano.... -

Aldo la tranquillò:

- No, no, tutto andrà bene! Peraltro, sarà meglio che non torniate qui prima che sia finita ogni inchiesta sul feroce assassinio. Io dirò che siete partita per Ivrea onde ottenere il consenso di vostro marito per adottare la piccina: mia sorella è già avvertita di tutto e mi scriverà in conseguenza. Mostrerò la sua lettera al giudice istruttore ed a Teresa.

- Che penserà vostra sorella di me? - disse Bianca trepidante.

- Quello che ne penso io stesso: - rispose lo studente - che siete degna della massima stima, del massimo rispetto. -

Bianca era commossa.

- Ma voi non conoscete di me che il nome che vi ho dato!

- Mi è bastato vedervi per giudicarvi. Non vi chiedo i vostri segreti! per me siete Speranza, una cara sorella, e sono pronto a dare tutto il mio sangue per risparmiarvi una lacrima. State dunque tranquilla. Se non vi vedrò per qualche tempo, avrete mie lettere che vi terranno informata di tutto. Dove debbo scrivervi?

- Scrivete fermo in posta, al nome di Celia Lari. È il nome della mia cameriera, una donna fidatissima, che si farebbe ammazzare per me. Ora me ne vado: baciate per me la bambina. E il cadavere della sua sventurata madre è ancora là?

- No, l'hanno trasportato alla sala anatomica per l'autopsia. -

Bianca ebbe un fremito.

- Povera sventurata! E il suo assassino ha confessato?

- No, egli nega; non ha voluto dire il suo nome; nessuno l'ha riconosciuto.

- È strano! -

Rimase un istante pensierosa, quindi chiese:

- Non si potrebbe dare alla vittima onorevole sepoltura perchè la sua bambina possa un giorno pregare sulla tomba di lei?

- Ci abbiamo già pensato e sta girando nel casamento una sottoscrizione per l'acquisto di una fossa privata. Solo nelle soffitte, abitate da gente bisognosa, si sono raccolte sessanta lire.

- Nobili cuori! Troveremo più tardi il mezzo di soccorrerli segretamente.

- Quanto siete buona!

- Cerco d'imitare.... mio fratello. Ma parleremo di tutto ciò più tardi. Eccovi intanto il mio obolo per la sottoscrizione. -

Così dicendo si tolse di tasca un elegantissimo portafogli e ne levò due biglietti da cento lire. Aldo sussultò.

- Non posso accettarli, Speranza! Un povero studente come me non potrebbe fare una tale offerta, e neppure mia sorella. Qual nome dovrei dunque mettere sulla lista?

- Un incognito. -

Bianca lo guardava stendendogli la manina. Egli la strinse nella sua e si sorrisero. Ma vi era una profonda commozione in quel sorriso.

Poco dopo la contessa lasciava la soffitta,

Il giorno seguente essa ebbe una lettera di Aldo, che le dava ragguagli sull'interrogatorio del giudice istruttore, sulla bambina, l'esortava a star quieta, non essendovi bisogno della sua testimonianza. Poi Aldo aggiungeva:

«Quando sarà finito tutto questo, potrò rivedervi, Speranza? Nel dire il vostro nome, mi sento capace delle più nobili cose!

«Voi mi avete fatto molto bene, sorella mia! Chi avrebbe mai detto che in una notte di carnevale avrei trovato la mia felicità? Peraltro, questa felicità, nata da un dolore, mi fa quasi paura. Ma non voglio pensarci adesso. Se la felicità non esiste sulla terra, noi la creeremo a forza di doveri, di lotte, di sacrifizi.»

Bianca lesse più volte quella lettera, presa da un incanto nuovo, quasi una nuova luce sorgesse nella sua esistenza.

Aldo le scrisse tutti i giorni, e Bianca già obliava il marito in quella pura ebbrezza dello spirito, quando il conte Rossano, di ritorno, la svegliò dal suo sogno.

Ma allora tutta la sua anima si ribellò, il ricordo del tradimento risorse e la contessa ricevette il conte come abbiamo veduto.

Rimasta sola nello spogliatoio, essa riandava il passato, allorchè Celia entrò.

- Ho una lettera da consegnarle, - disse.

- Dammela subito, Ho bisogno di respirare qualche cosa di puro. -

Afferrò bramosa la lettera di Aldo, ma appena l'ebbe aperta, tornò pallidissima. Essa lesse ad alta voce:

«Speranza, tutto il nostro piano si sfascia.

«Ieri il giudice istruttore mi fece chiamare nel suo gabinetto e mi chiese, guardandomi fisso:

«- Vostra sorella non è più tornata a Torino?

«- No, signore, - risposi.

«- Ebbene, telegrafatele che urge la sua presenza. -

«Mi turbai, ma risposi:

«- Bene! Telegraferò. -

«Appena fui lungi dagli sguardi del giudice istruttore, ebbi un momento di disperazione.

«Che è successo perchè il giudice istruttore mi abbia fatto tale intimazione?

«Per certo, se telegrafassi a mia sorella, essa partirebbe subito; ma, una volta qui, la gente del casamento mi smentirebbe, perchè mia sorella non vi assomiglia affatto: è bionda come una spiga matura, piccola, grassa, tutto l'opposto di voi, insomma. C'è da diventare pazzi! Per me, non temo: sopporterei anche la prigionia, purchè foste salva; ma se avessero qualche indizio su voi, se il confessare che non vi conosco non bastasse a allontanare ogni pericolo? Se lo potete, venite senza indugio da me: io non mi muoverò di casa per attendervi. Voi non sapete in che stato mi trovo al pensiero di non aver potuto mantenere la mia promessa, salvarvi da una pubblicità. Non ragiono più, e se non vi vedessi, sento che commetterei qualche pazzia. Perdonatomi questa lettera insensata, ma voi avete il cuore troppo nobile per non comprendere lo stato d'animo del vostro sventuratissimo fratello.»

- Povero Aldo! - mormorò Bianca, che si era rimessa dal primo moto di terrore. - Egli sarebbe capace di tutto per impedire a me un dolore: tocca a me, ora, a consolarlo.

- Che intendete fare? - chiese Celia spaventata.

Bianca si alzò, tranquilla.

- Andrò dal giudice istruttore, - rispose. - Lo conosco, è un gentiluomo, non mi perderà, -

Indi aggiunse con un gesto vago:

- E poi, se mi perdesse, che m'importa, ora?

- Contessa, - disse Celia - pensi a suo padre! -

I bellissimi occhi di Bianca si velarono.

- Hai ragione! - mormorò.

E dopo un momento di silenzio:

- Dammi il mio abito da mattina, - disse con vivacità, - Hai sentito? Aldo mi aspetta. Sta' sicura, non mi accadrà nulla di male! -

Un quarto d'ora dopo, la contessa usciva.

 

 

 




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