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Carolina Invernizio I misteri delle soffitte IntraText CT - Lettura del testo |
IX.
Quando il cavalier Umberto Trani udì la dichiarazione della contessa Bianca Rossano, trasalì ed esaminò la giovine con un rapido sguardo, come se avesse avuto dinanzi una colpevole.
Ma il bel volto di Bianca esprimeva tanto candore, che il magistrato le stese vivamente la mano e le disse;
- Mi spiegherete, contessa....
- Sono qui per dirvi tutto, perchè ho fiducia in voi e sono certa che col vostro aiuto potrò riuscire in tutto quello che desidero. -
Ella sedette e con voce ferma e dolce fece il racconto della sua vita dal momento in cui conobbe il conte Livio Rossano fino al giorno in cui scoperse il suo tradimento. Parlò poi dell'incontro di Aldo, il quale, invece di approfittare del suo passo insensato, la rispettò come una sorella. E narrò tutto, tutto nei minimi particolari.
Umberto Trani ascoltò la signora con attenzione. Quando essa ebbe finito, le disse:
- Vi ringrazio della fiducia che mi dimostrate. Dal canto mio, farò tutto il possibile perchè il vostro nome non venga pronunziato e si creda che il domino di quella notte era la sorella dello studente Aldo.
- Grazie! Io ben sapevo che non invano mi sarei a voi rivolta.
- Dovete però promettermi di non recarvi più in quella casa.
- Non vi nascondo, - disse Bianca - che vi sono stata altre due volte, per intendermi col signor Aldo circa la bambina della povera Giulietta.
- Badate che, recandovi a trovarla in quella casa, si finirebbe con lo scoprire che non siete la sorella di Aldo.
- Ascoltatemi ancora, signore, giacchè siete così buono. Stamani mi sono recata in quella casa perchè il signor Aldo, disperato, tremava per me, ed io volevo rassicurarlo, dirgli che sarei venuta io stessa da voi. Tuttavia, per precauzione, non salirò più quelle scale neppure per abbracciare la mia protetta; ed ecco ciò che ho combinato col signor Aldo. Sua sorella, che non ha figli ed alla quale il signor Pomigliano ha confidato tutto, è dispostissima a occuparsi della piccola orfana fino a tanto che io non potrò affidarla a mio padre ed alla mia istitutrice, oppure prenderla meco. Il cognato del signor Aldo verrà a Torino per prendere la bambina, dicendo che sua moglie non può muoversi perchè indisposta. Ma siccome Teresa, cui la bimba è affidata, potrebbe rifiutare, così voi ci aiuterete recandovi col signor Rivalta, il quale verrà prima qui per intendersi con voi, dalla moglie del falegname. -
Umberto Trani aveva un cuore generoso, che si commuoveva facilmente quando ora convinto dell'innocenza della persona che a lui si affidava.
Per cui, disse con un sorriso:
- Voi mi farete fare tutto ciò che vorrete, anche a rischio di compromettermi. Ebbene: vi do la mia parola di gentiluomo che voi non sarete disturbata e che la bambina sarà consegnata da me stesso al signor Rivalta. -
Gli occhi di Bianca rifulsero.
- Quanto sieto buono! - esclamò con ingenua espansione. - Ora non temo più nulla, perchè ho trovato anche in voi un vero amico. -
Quando Bianca se ne fu andata, Umberto Trani rimase per alcuni secondi pensieroso.
- Il conte Rossano non meritava un simile tesoro, - mormorò. - Io lo conosco bene; la sua apparenza di gentiluomo nasconde un'anima ignobile. -
Ora, non rimaneva al magistrato che interrogare la fidanzata di Fabio.
Egli la fece chiamare il giorno seguente alla visita di Bianca, e quando la giovinetta comparve nel suo gabinetto, fu non soltanto sorpreso dalla bellezza da lei, ma dall'espressione energica e leale che si leggeva nei suoi occhi.
- Sapete perchè vi ho fatta chiamare, signorina? - le chiese il magistrato.
- Lo suppongo, - rispose Ilda. - Il mio fidanzato è accusato di assassinio. Ma la cosa è paradossale!
- Eppure, lui stesso ha confessato....
- Fabio ha mentito! - esclamò con slancio appassionato Ilda.
- Eppure il fatto è evidente, perchè, quand'anche il giovane non avesse confessato, vi sono prove schiaccianti contro lui. Egli mentì chiedendo un permesso al suo principale per recarsi a cercare delle carte concernenti il vostro matrimonio. Invece, non è stato un giorno assente da questa città. E poi, perchè si sarebbe trovato, nella notte del giovedì grasso, mascherato da pierrot, in quella casa, nella stanza dove avvenne l'assassinio? Come entrò in quella soffitta senza destare l'attenzione di alcuno? Perchè una vicina della vittima l'avrebbe riconosciuto come l'antico amante della sventurata? -
Ilda sussultò.
- Davvero? - esclamò.
- Sì, signorina. Infine, perchè egli avrebbe confessato? -
Ilda fremeva.
- La mia testa si perde, - mormorò -, - In questo delitto vi è un mistero che mi sfugge. Comunque, Fabio non può averlo commesso. Ah, se potessi parlare un istante con lui! -
Era quello che il magistrato sperava.
- Alla mia presenza? - chiese.
- Magari! - rispose con vivacità la giovane, - Sono certa che dinanzi a me saprà scolparsi dalla terribile accusa.
- Ebbene, aspettate un momento, signorina, e lo vedrete! -
Umberto Trani diede gli ordini necessari.
Poco dopo l'uscio sì schiuso o l'assassino entrò nel gabinetto, fra due guardie.
Fabio non ei aspettava di trovarvi la sua fidanzata.
Alla vista di lei diventò pallidissimo; il suo volto espresse alternativamente la passione, il dolore, la sorpresa, l'inquietudine, l'angoscia.
- Ilda! - balbettò l'infelice, stendendo le mani legate dalle manette.
La fanciulla rimase calma, severa.
- Prima di risponderti, - disse - voglio sapere se è vero che parlo con un assassino. -
L'imputato trasalì, distolse gli occhi dalla fidanzata e rispose con un filo di voce:
- Sì.... sono colpevole. -
Ilda ebbe uno scoppio di sdegno.
- Ma perchè, - gridò - perchè uccidere una sventurata che era stata tua amante, che era madre? -
L'agitazione di Fabio aumentava.
- Essa m'impediva di sposarti! - balbettò.
Ilda fece un gesto sdegnoso.
- Alza gli occhi, guardami bene in faccia: tu menti, tu menti! -
Un tremito convulso scoteva l'imputato.
- Ho detto la verità!
- Tu menti! - ripetè con accento vibrante Ilda. - Quella donna tu non la conoscevi nemmeno, ne sono sicura! Se tu sei un assassino, altri ti ha armata la mano, e ti ha spinto a commettere quel delitto per sbarazzarsi di colei che gli dava noia. -
Questa volta Fabio sollevò il capo: le sue guance si erano infiammate, i suoi occhi scintillavano.
- Non è vero, non la creda, signor giudice, - nessuno mi ha spinto a quel delitto, all'infuori della mia vittima. Io, io solo la uccisi....
- Ebbene, io non ti credo, - esclamò l'eroica fanciulla - e ti giuro che un momento o l'altro scoprirò il vero assassino!
- L'assassino sono io! - gridò il disgraziato, e cadde svenuto.
Fabio fu portato via dal gabinetto, e Ilda, esausta, si lasciò cadere su di una seggiola, piangendo.
- Mi sono mostrata crudele con lui; - mormorò - ma era necessario! -
Il magistrato la guardava con simpatia.
- Siete ancora persuasa ch'egli sia innocente?
- Sì, signore, - rispose Ilda asciugando le lacrime.
- Avete dunque indizi contro qualcuno?
- Nessuno, signore; soltanto sono convinta nell'anima che egli è innocente e l'unica speranza che mi sostiene è di fare io stessa un giorno conoscere la sua innocenza. -
Il magistrato scosse il capo senza rispondere, e quando la giovinetta si ritirò, Umberto Trani disse fra sè:
- Costei vale la contessa Bianca. Due nobili cuori, due caratteri forti. Se tutte le donne somigliassero ad esse, anche gli uomini diverrebbero migliori! -