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Carolina Invernizio I misteri delle soffitte IntraText CT - Lettura del testo |
II.
Lucia, colei che fu l'istitutrice di Bianca, stava leggendo il giornale favorito dal signor Moreno, padre della contessa Rossano, inchiodato da una settimana su di una poltrona dai dolori reumatici, quando una carrozza entrò nel vasto cortile della tenuta.
Poco dopo Bianca abbracciava Lucia e il genitore.
- Babbo, la tua lettera mi ha spaventata; che hai?
- Dolori reumatici, come ti ho scritto nella speranza che tu venissi a abbracciarmi. Gli anni scorsi al principio di maggio eri già qui, e quest'anno lasciavi trascorrere quasi l'estate senza venire a vedermi! -
Bianca aveva chinato il viso sul petto del padre per nascondere il suo rossore.
- Che vuoi! Non è colpa mia. Livio non è mai libero.
- Non è venuto con te?
- Verrà fra qualche settimana. È molto occupato....
- Ma che fa?... Orsù, me lo dirai più tardi, quando ti sarai riposata.
- Non sono stanca, e appena avrò rinfrescato il viso tornerò da te. -
E presa a braccetto l'istitutrice, si avviò con lei nella sua camera da fanciulla.
Celia vi si trovava già e disfaceva le valigie.
Bianca indossò un semplice abito da casa, poi tornò presso il padre. Appoggiò la bella testa alla spalla del vecchio, che era molto commosso.
- Cara bambina, - diss'egli - perchè non posso averti sempre con me? Io non ho che te al mondo e ti amo tanto! Ma ho torto di lamentarmi, mentre tu sei così felice! -
Bianca sussultò, e alzando il capo:
- Sì, sono felice! - disse con semplicità.
- Livio è sempre buono con te? -
Ella non seppe mentire.
- Io non pensavo a lui in questo momento, - disse.
- A chi dunque? - chiese il padre con un sorriso.
Bianca chinò gli splendidi occhi.
- A te, a te solo!
- Hai forse da lamentarti di tuo marito?
- No, no.
- Bianca, tu mi nascondi qualche cosa, lo sento!
- L'amore immenso che mi porti, babbino, ti fa travedere. Io nulla ti nascondo, e ti accerto che sono felice. -
Quest'ultima frase tranquillò il vecchio.
Una mattina, mentre il signor Moreno dormiva ancora, Bianca, vestita di un semplice abito di campagna, uscì dalla tenuta e si mise per una strada ombrosa, che, serpeggiando, andava fino ad una chiesuola.
La campagna era piena di profumi. Bianca passava per quella strada come una bianca apparizione.
Essa aveva il cuore pieno di gioia.
Aldo le scriveva ogni giorno, e le lettere di lui erano il punto luminoso della sua vita.
Egli le parlava dei suoi studi, delle sue speranze di essere in quell'anno laureato, delle sue scappate ad Ivrea per vedere la loro bambina, le dava un minuto ragguaglio sulle famiglie che per mezzo di lei beneficava. E ad ogni frase scaturiva l'animo generoso del giovane, la sua fede ardente in lei, il suo immenso amore.
Bianca sedette sopra una panchina, pensosa al suo amore. A un tratto una voce dietro di lei la fece volgere vivamente.
- Contessa.... -
Era il marchese di Passiflora che la salutava, colui che ella aveva un giorno respinto per marito e che era stato compagno d'orge di Livio col quale era ancora, in apparenza, amico.
Bianca rese il saluto freddamente.
Passiflora le sedette accanto.
- Non speravo un così bell'incontro, - disse il marchese - tanto più che ieri vidi Livio a Torino.
- Infatti mio marito è rimasto là, - rispose freddamente Bianca.
- Fate male a lasciarlo solo! Egli vi sarà infedele! -
Bianca alzò con alterezza il capo.
- Voi offendete il vostro amico!
- Lo pago colle medesime armi, - rispose il marchese. - Un malaugurato giorno Livio venne con altri compagni alle mie cacce. Alla fine di un pranzo, il discorso cadde sul matrimonio, ed io confessai che una sola volta fui in procinto di prendere moglie, ma che la fanciulla la quale aveva destato in me un amore infinito, mi aveva respinto perchè aspirava a un uomo che non avesse la più piccola macchia amorosa sul suo passato. Io, invece, ero stato un gaudente, un libertino. Voi sapete chi fosse quella fanciulla e come allora avesse ragione di credere che io non potevo essere un buon marito per lei. -
Quest'ultima frase ora stata pronunziata con un accento di vera malinconia, che fece provare un senso di inquietudine a Bianca. Ma essa si dominò, e cercando di sorridere:
- Voi forse esageravate i vostri difetti, - disse - ed io ero troppo bambina per giudicare gli uomini.
- È giusto! E come succede sempre alle fanciulle inesperte, finiste col cadere in un abisso.
- Marchese! - esclamò Bianca, facendo l'atto di alzarsi.
Ma il gentiluomo frenò quello slancio, e con voce umile, commossa:
- Perdonatemi, perdonatemi, - supplicò - e lasciatemi almeno finire! I miei amici vollero sapere chi era la fanciulla che amai, ed io dissi il vostro nome, facendo di voi un ritratto sublime, e aggiungendo che oltre alla bellezza, avreste portato in dote due milioni. -
Bianca impallidì.
- Quanto male mi faceste! - esclamò a suo malgrado, con accento di amarezza.
- È vero, - soggiunse con aria mesta il marchese - lo compresi quando non ero più in tempo a porvi riparo. Livio, crivellato di debiti, scòrse in voi una tavola di salvezza, e abilissimo conquistatore, seppe affascinarvi. Io soffersi più di quello che possiate immaginare il giorno in cui vi vidi dinanzi all'altare con un uomo, che dopo essersi impossessato del vostro cuore vi avrebbe preso la vostra ricchezza nè si sarebbe curato della vostra felicità. Io giudicavo freddamente Livio, perchè conoscevo quanto valeva. Eppure, vi giuro che se egli, pentito dei suoi trascorsi, fosse divenuto un buon marito sarei stato il primo a goderne. Ma non è così.... e voi sapete che dico il vero. -
Bianca, fremente, si guardò intorno.
- Tacete! Se qualcuno vi ascoltasse....
- Non abbiate timore, nessuno può spiarci, qui. Ed io adesso voglio dirvi tutto. -
Bianca lo guardò intensamente.
- Livio è vostro amico! - mormorò.
- Fu, un giorno, mio compagno di dissolutezze; - rispose il marchese - ma non ebbi mai amicizia per lui, ed ora lo disprezzo in modo assoluto, perchè capisco che corre alla rovina senza badare se voi stessa sarete travolta in quel turbine. Egli passa le notti alla tavola da giuoco, ed ha per amante una certa Cinzia, venuta da Milano, un'ex-ballerina, che egli conobbe per l'addietro. -
Bianca fremeva. Il nome di Cinzia evocava il ricordo della lettera caduta dalle tasche dell'abito di Livio, della lettera che distrusse tutte le sue illusioni.
- Tempo fa, - soggiunse Passiflora - lo rimproverai aspramente per la sua condotta, ma egli si mise a ridere, mi disse di curarmi dei fatti miei. Volevo dunque avvertire vostro padre di quanto succedeva.... -
Bianca mandò un gridò di spavento, stese supplichevole le mani al gentiluomo.
- Per pietà, - disse - risparmiate mio padre, che nulla sospetta, che mi crede sempre felice con Livio! -
Passiflora la guardò commosso.
- E voi sapevate...?
- Sapevo già tutto quanto mi avete detto, - interruppe con voce soffocata. - Da lungo tempo la benda mi è caduta dagli occhi, e se non ho fatto uno scandalo, è stato per mio padre, che ne morrebbe di dolore.
- Come potete sopportare l'oltraggio che Livio vi fa subire e che non tarderà ad essere noto a tutti? Costui, dopo avervi oltraggiata, vi rovinerà.
- Livio non può toccar nulla della mia dote.
- Egli farà dei debiti e finirà col minacciarvi, se non acconsentite a pagarli. Date retta a me, avvertite vostro padre finchè siete in tempo.
- No, no! Conosco mio padre: egli ucciderebbe quel miserabile! Dopo tutto, io non soffro. Livio per me non esiste più; anche se lo vedessi nelle braccia di un'altra, mi tornerebbe indifferente. Non l'amo più, non lo stimo: lo disprezzo. Egli vive a suo modo, io mi occupo dei miei poveri, sono libera di andare e venire come mi pare, senza rendergli conto dei fatti miei e sono contentissima.
- Contessa, il mondo è maligno; qualcuno potrebbe scusare la condotta di vostro marito vedendovi godere tanta libertà.... -
Bianca l'interruppe con un moto altero.
- Che importa a me il giudizio del mondo? - esclamò. - La mia coscienza nulla mi rimprovera....
- Potrete sempre dire così, giovane e bella come siete? Contessa, ascoltate un amico sincero, che vi vuol bene: cercate di riunirvi a vostro marito.
- Mai!
- Accettate allora l'appoggio di un gentiluomo onesto che si dedicherà tutto a voi. Affidatevi completamente a me, Bianca, che tutto sacrificherei per assicurare la vostra felicità. -
Passiflora si era chinato verso la giovane, ed ella sentì il suo alito ardente bruciarle le guance.
Scattò in piedi con impeto, e fatto un passo indietro disse con voce glaciale:
- Vi ringrazio, marchese, non accetto. Se dovessi chiedere l'appoggio di un uomo, sarebbe quello di mio padre; ma per ora basto a me stessa. Se siete un gentiluomo, non cercherete più di avvicinarmi e terrete segreto il nostro colloquio. -
Passiflora, livido, si alzò a sua volta.
- E se io andassi a raccontare ogni cosa a vostro padre?
- Agireste da vile e vi crederei il degno compagno di Livio. -
Bianca salutò Passiflora, rimasto come inchiodato al suo posto, e si allontanò di passo sicuro.