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Carolina Invernizio
I misteri delle soffitte

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III.

 

Era una domenica mattina, una giornata splendida. Aldo, nella sua soffitta, stava preparando la valigia e canterellava. Aveva ragione di essere allegro. Il giorno prima, un biglietto di Bianca l'avvertiva che si recava a passare due giorni ad Ivrea.

Aldo era ormai sicuro di avere conquistato il cuore di Bianca, che egli amava come poche anime elette sanno amare. Non sperava nulla, non desiderava nulla; mai una parola d'amore sarebbe sfuggita dalle sue labbra; ma sentiva che la sua anima era tutta di quella donna.

Aldo chiuse la valigia, poi guardò l'orologio, mormorando:

- Ho tempo di andare alla stazione a piedi. -

Mentre usciva, non vide nel corridoio una donna velata che lo seguì.

Alla stazione, messasi al finestrino accanto a lui, quella donna, che era Ilda, sentì che prendeva il biglietto per Ivrea e ne chiese uno per la stessa destinazione.

Dopo i suoi colloqui con Vigia, Ilda non ebbe più altro pensiero che seguire i passi dello studente. Forse in tal modo scoprirebbe qualche mistero.

Quando il treno giunse ad Ivrea, Ilda vide lo studente accolto da un gruppo di persone venute alla stazione ad attenderlo. Vi erano due signore, una bruna e una bionda, una bambina con lunghi riccioli biondi ed un bell'uomo, alto, sorridente, piacevole.

Ilda osservò che Aldo baciò tutti, all'infuori della signora bruna, alla quale si era limitato a stringere la mano. Ma la bimba aveva afferrato il giovane per una falda dell'abito, dicendo con voce squillante:

- Non baci anche la mammina?- -

Lo studente si avvicinò tutto rosso alla signora bruna, che gli porse la fronte.

Poi il gruppo si avviò all'uscita.

Ilda rimase sconcertata. Tutta quella gente non aveva nulla di misterioso. Per certo costoro nulla avevano a che fare coll'assassinio di Giulietta, nè Fabio poteva conoscerli. Ma la bimba della vittima dov'era? Quell'angioletta bionda, che chiacchierava con un cinguettìo d'uccello, camminando per mano allo studente, chiamò mammina la signora bruna; dunque non poteva essere la figlia di Giulietta! Che ne era stato di quella piccina? Era veramente in Ispagna con una sorella di Aldo?

Ilda era uscita dalla stazione dietro al gruppo senza che nessuno le badasse. Li vide entrare in una casa poco distante, e quando furono spariti chiese a sè stessa:

- Che fare? Tornare addietro? Nessun treno riparte adesso per Torino. Fingerò di essere una forestiera venuta a visitare questi dintorni per trovarvi una villetta da prendere in affitto, e intanto prenderò informazioni su Aldo. -

Si avviò per una strada di campagna, e vide una contadina camminare per la stessa via. Le si avvicinò.

- Scusate, - disse - vorrei farvi una domanda: c'è qualche famiglia nei dintorni che dia stanze in affitto e pensione per un mese o due?

- Sì, signora; posso accompagnarla io stessa ad una trattoria di campagna, qui vicina, dove danno anche alloggio: un luogo pulito, frequentato da persone oneste.

- Vi ringrazio. -

Strada facendo continuarono a discorrere.

- La signora non è mai stata da queste parti? - chiese la contadina.

- Ci venni una volta, da bambina. La mia povera mamma conosceva molte persone di questi luoghi, fra cui la famiglia Pomigliano.

- Ma non è d'Ivrea, è di San Giorgio Canavese: lo so, perchè mio marito aveva un fratello, in quel paese, manovale presso la famiglia Pomigliano.

- Forse non sarà la stessa! - osservò Ilda.

- Nella famiglia di cui parlo io, - proseguì la contadina - vi era una bella ragazza bionda, la signorina Severina, che si è maritata appunto qui in Ivrea, ed un ragazzo, il signor Aldo, ora studente a Torino.

- Sì, sì! - esclamò Ilda. - Sono proprio i nomi che sentivo dire da mia madre. Essa mi diceva che erano buona gente.

- Dica che è difficile trovarne migliore. I vecchi Pomigliano, marito e moglie, hanno lavorato e lavorano, si può dire, notte e giorno per mantenere il figlio agli studi, e coi loro risparmi hanno dato una buona dote alla Severina, che è un angelo di donna, sposata a un vero galantuomo. L'unico loro dispiacere era di non aver figli; ma ora una parente, rimasta vedova, ha affidato loro una bambina, che è un amore. Il signor Aldo, che adora la sorella, viene di quando in quando a trovarla. Se la signora vuol andare a trovarli, abitano in una bella casetta prossima alla stazione. -

Erano giunte alla trattoria, una casetta modesta che aveva al primo piano una terrazza coperta di spesso fogliame, sotto cui non potevano filtrare i raggi del sole.

Quivi erano preparate diverse tavole, come nel giardino sottostante, dove già si trovavano alcuni avventori. Ilda disse che pranzerebbe sulla terrazza.

La contadina salutò Ilda, che le regalò due lire per il suo incomodo.

- La giornata d'oggi mi costerà una bella somma, - pensava la giovane - e forse senza alcuna riuscita; ma non importa: non voglio trascurar nulla, per non aver rimorsi. -

La padrona della trattoria, una donna cinquantenne, gioviale e simpatica, la condusse in una cameretta pulita, dalla cui finestra aperta si godeva una vista incantevole.

- Le faremo subito il letto, signora, - disse - se vuol coricarsi.

- No; mi sdraierò un poco sul divano, - rispose Ilda, che intanto si era tolto il cappello e mostrava il suo bel viso circondato da un'aureola bionda.

La padrona del ristorante non potè rattenere un movimento d'ammirazione.

- La signora viene per la prima volta da queste parti? - chiese.

- No; vi fui da bambina, - disse Ilda - ed allora ero più felice di adesso, che mi trovo sola al mondo, vedova....

- Così giovane e già vedova?

- Sì, da pochi mesi.

- Oh! povera signora!

- Viaggio per svagarmi, e vorrei venire a villeggiare da queste parti.

- Farebbe benissimo, perchè quest'anno si sta a maraviglia: abbiamo molti forestieri. Da ieri, alloggio il conte Rossano con la signora. -

Ilda fece uno sforzo per non dimostrare la sua commozione.

- Ah! sì? - disse semplicemente. - Di dove vengono?

- Da Torino; la contessa ha voluto fermarsi al mio albergo, dove dice che passò i primi giorni della sua luna di miele. Anch'essi pranzano sulla terrazza. -

La padrona dell'albergo lasciò Ilda dopo averle chiesto il nome che doveva sognare sul registro.

- Vedova Laura Favre, - disse la giovane.

E rimasta sola pensò:

- Il conte Rossano qui? E con sua moglie? Conoscerò dunque quella contessa, che Fabio non ha mal veduta: sono stata ispirata bene venendo in questo luogo! Forse saprò cose utili per lo mie ricerche. -

All'ora del pranzo ella si recò sulla terrazza, dove il conte Rossano era già colla sua compagna, una donna che attirava gli sguardi. Bruna, pallida, flessuosa, dagli occhi pieni di languore, aveva della silfide e della baccante ad un tempo. Ella parlava al conte ridendo, con un atteggiamento pieno di grazia voluttuosa. Ilda non poteva vedere il viso di Livio, perchè le volgeva le spalle. Però, ad alcune parole pronunziate sommessamente dalla compagna, egli si volse, ma non potè vedere di Ilda che l'opulenta chioma dorata: ella si era messa a sedere alla tavola apparecchiata per lei, dallo stesso lato, ma nell'ombra, e volgeva ad entrambi le spalle.

Il conte non si curò più di quell'incognita e diè i suoi ordini ad un cameriere.

Ilda cominciò a mangiare.

Ad un tratto una frase in francese pronunziata dalla contessa attrasse l'attenzione della giovane. Ilda conosceva benissimo la lingua francese.

- Insomma, non vi è più cosa alcuna che ti diverta? Rimpiangi forse tua moglie?

- Chiudi la bocca su questo soggetto, - disse con tono brusco il conte - sai che mi irrita. Se non fosse per cagion tua, la contessa non avrebbe mai sospettato nulla. Ma io non penso a lei. -

Ilda stupì. Dunque, quella non era la moglie del conte, sebbene egli la facesse passare per tale? Che dramma intimo era avvenuto in casa di Livio a cagione della donna che l'accompagnava?

Un momento dopo la bella bruna riprendeva:

- A chi pensi dunque? Se sei innamorato di qualche donna, parla: ormai con te sono avvezza a tutto! Già tu sei cambiato da quando passammo insieme gli ultimi giorni di carnevale; ti ricordi quella notte del giovedì grasso? Eri proprio insoffribile. E pensare che tua moglie a Torino piangeva di rabbia e di gelosia. Ah! ti avrei rimandato volentieri a lei! -

Ilda ascoltava anelante. Dunque, il giovedì grasso di quell'anno il conte non si trovava a Torino. Ma perchè Fabio le aveva detto che il gentiluomo era partito colla moglie? Un turbine di pensieri la sconvolgeva.

- Taci, Cinzia! - brontolò Livio.

- No, voglio sfogarmi un poco, tanto qui nessuno per certo capisce il francese. Tu sei insoffribile, e non so perchè stia qui con te, invece di essere a Montecarlo a divertirmi. Sono una bestia, ma vi è in te qualche cosa che mi attira; forse i tuoi vizi. Non riderò.... sì, tu sei l'uomo più vizioso che io abbia conosciuto; non hai cuore, non hai che i sensi, e scommetto che tu sogni già qualche nuovo intrigo con una seconda Giulietta....

- Taci! - esclamò il conte con un accento così minaccioso, che Cinzia ammutolì.

Vi fu silenzio. Al nome pronunziato da quella donna, Ilda divenne livida.

Dunque, i suoi sospetti non erano infondati? Il conte aveva conosciuto Giulietta, e la sua mano armò quella di Fabio? Ma come averne le prove? Il conte, come pentito di aver trattato bruscamente la sua compagna, disse con voce tenera:

- Cinzia, perchè rivangare vecchie storie? Se amassi un'altra, perchè ti avrei scritto di raggiungermi? Non sei tu forse per me più che un'amante, una camerata, cui posso intieramente confidarmi? Se oltre tutti i crucci che ho, tu pure mi tormenti, finisco col commettere qualche follìa. Sai bene che fin dal giorno in cui la tua lettera cadde nelle mani di mia moglie, la pace di casa se ne andò.

- La contessa è una sciocca!

- Lo credevo, mia cara; - interruppe il conte - invece è più furba di me e di te. Ella ha saputo mostrarsi inesorabile ed ha dettato i suoi patti. Mi ha bandito dal suo appartamento, mi ha lasciato libero di agire come voglio, assegnandomi quindicimila lire di rendita mensili, che mi verrebbero tolte se tentassi una riconciliazione.

- Che vorresti di più?

- Ho bisogno di denaro, - rispose con voce cupa il conte. - Ho perduto al giuoco duecentomila lire in poche sere, ho già impegnato la rendita di sei mesi....

- Perchè commetti simili pazzie?

- Ne è causa una ragazza....

- Oh! oh! Sapevo bene che gatta ci covava! Mi ricordo l'entusiasmo dimostrato al mio arrivo, le tue espansioni, le lacrime versate stringendomi fra le tue braccia, la gioia con cui accogliesti la proposta di lasciare per qualche tempo Torino. Pensai: «Livio ha qualche cosa da dimenticare.» E si tratta d'una ragazza?

- Sì. Bella da fare impazzire. Essa mi è sfuggita quando credevo averla nelle mani.

- È innamorata d'un altro?

- D'un uomo che è in galera. -

Ilda mordeva il tovagliuolo per non gridare.

- Non hai un indizio dove costei sia nascosta?

- No.

- Che mestiere esercita?

- È commessa in un negozio di mode.

- Onesta?

- Sì.

- Bada, Livio, che a furia di sedurre fanciulle oneste tu finirai col lasciarci la pelle!

- Questo potrebbe avvenire se m'innamorassi di una giovane che avesse un padre, un fratello, un amante. Ma io scelgo i miei tipi fra le orfane senza difesa.

- Vi sono fanciulle che sanno difendersi da sè stesse, e lo prova colei che tu desideri, se ha saputo sfuggire alle tue grinfe.

- Colei non ha mai sospettato il mio amore. Si è allontanata da me, perchè credeva che volessi intralciare il suo progetto, che è quello di far rifulgere l'innocenza dell'amante, che essa crede vittima di un errore giudiziario.

- Sciocco, perchè non la secondavi?

- Sì, ho fatto male; ma se la ritrovo, voglio cambiar tattica. Intanto, prima di ricercarla, mi occorre del denaro. Scriverò a mia moglie, che è ora presso suo padre, e la pregherò di tornare in città avendo bisogno di parlarle. Guai a lei se respingesse la mia richiesta!

- Tu mi spaventi quando minacci, perchè so che non minacci invano! -

Il colloquio prese poi una piega sentimentale.

Ilda, incapace di resistere più a lungo, si recò nella propria camera.

I suoi occhi brillavano di un'energia sovrumana.

- Non ho perduto la mia giornata! - esclamò. - Dunque, non m'ingannavo: il conte conosceva Giulietta. Ma come provare che ha spinto Fabio a un assassinio? Ebbene, voglio riuscirvi e ci riuscirò! Se intanto avvertissi sua moglie del pericolo che corre?... Sì, ormai sono decisa; voglio mettermi in lotta con lui! -

Assorbita da quest'idea, Ilda un quarto d'ora dopo si allontanava dall'albergo onde ripartire per Torino, non avendo ormai più interesse di rimanere ad Ivrea.

 

 

 




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