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Carolina Invernizio I misteri delle soffitte IntraText CT - Lettura del testo |
IV.
Nei primi momenti, Aldo e Bianca, felici di trovarsi insieme, dimenticarono tutti i guai.
Dopo pranzo, Aldo chiese alla contessa:
- Volete fare un giro in giardino?
- Volentieri. -
Uscirono in giardino: una brezzolina profumata, che soffiava attraverso gli alberi, accarezzò il viso di Bianca, che esclamò:
- Come si sta bene qui! -
In quel piccolo spazio soleggiato pareva loro di essere isolati dal mondo. Camminarono un poco in silenzio, attraversarono una spianata erbosa, entrarono in un chiosco coperto di foglie, sedettero sopra una panca e parlarono.
- Caro Aldo, - disse Bianca - ho lasciato mio padre dicendogli che andavo a passare un paio di giorni con mio marito; ma in verità l'ho fatto perchè ho bisogno di voi, e nel presentimento che qualche cosa di grave mi debba accadere, qualche cosa che forse ci costringerà a non vederci per lungo tempo. -
E Bianca raccontò il colloquio avuto col marchese Passiflora, aggiungendo:
- Egli non mi perdona di averlo un giorno respinto, come non mi perdona di non volerlo accettare adesso come amico. Per certo avvertirà mio padre della condotta di Livio, oppure tenterà qualche altra cosa contro me. - Speranza, vi difenderò io!
- So bene che siete buono, audace, generoso, e se non avessi mio padre, disprezzerei qualsiasi convenienza, andrei orgogliosa di presentarvi come mio amico e difensore. Ma bisogna ad ogni costo risparmiare quel povero vecchio, che mi crede felice, che di nulla dubita, nulla sospetta. -
Bianca aveva le lacrime agli occhi.
- Non vi turbate così; - disse lo studente - io veglierò senza dar ombra ad alcuno e impedirò al marchese Passiflora di fare qualsiasi passo contro voi. -
Rimasero seduti l'uno accanto all'altra, Aldo circondandole la vita col braccio, Bianca colla testa appoggiata alla spalla di lui.
- Speranza, io t'amo, tu l'hai compreso, - sussurrò il giovane - nè ti offendano le mie parole! Il mio affetto è puro! Mi rimproveri di amarti?
- Perchè dovrei rimproverarti? - disse la contessa. - Io pure ti amo e vado orgogliosa di amarti. Nulla ormai può disgiungere le nostre anime. Amandoci, porteremo la nostra croce sorridendo, glorificando lo spirito nella esultanza d'amore. -
Gli occhi di Aldo splendevano soavemente.
- Cara, cara! - esclamò, e la baciò sui capelli.
La voce squillante di Gina li riscosse.
- Mammina, babbo, dove siete? -
Un istante dopo il biondo folletto era nelle loro braccia.
Nei due giorni in cui Aldo e Bianca rimasero presso i Rivalta, non uscirono mai di casa, trovando ogni gioia in quel giardinetto, in compagnia delle persone teneramente amate.
Lo studente partì per il primo. Bianca fu accompagnata alla stazione da Guglielmo, Severina e la bimba.
Già da tre giorni Bianca si trovava di nuovo presso il padre, quando una mattina Celia le disse, un po' turbata:
- Signora contessa, potrebbe venire nella sala verde? Una signora desidera parlarle.- -
L'impaccio della cameriera non sfuggì al signor Moreno, che era presente e che, subodorando qualche mistero in quella visita, quando Bianca fu uscita dal salotto, si avviò egli pure verso la sala verde.
Il signor Moreno non titubò: egli si appiattò dietro la porta e sentì distintamente che all'entrare di sua figlia una voce di donna diceva con stupore:
- Lei? Lei è la contessa Rossano?
- Sì, io! - rispose Bianca, con tranquilla alterezza. - Perchè questa sorpresa?
- Perchè se lei è la contessa Rossano, - disse lentamente Ilda, perchè era lei - è la stessa persona che cinque giorni fa si trovava ad Ivrea, presso i Rivalta. - Bianca rispose senza turbarsi:
- Non lo nego. Ma a voi che importa? - chiese poi alteramente.
Il volto di Ilda si era fatto cupo e minaccioso.
- Allora è lei, - proruppe con impeto - che la notte del giovedì grasso si trovava nella casa dove assassinarono Giulietta Levera, è lei che il signor Aldo Pomigliano fece credere sua sorella, è lei che portò via la bambina, forse per sopprimerla un giorno come la madre! -
Bianca era impallidita; ma pensando ad Aldo, riprese il suo contegno altero, e rispose con voce ferma:
- Io dovrei respingere le vostre accuse, dirvi che mentite, almeno in parte; ma prima di abbassarmi a discolpe, vi chiederò a mia volta: «Con qual diritto siete venuta in casa mia ad insultarmi?» -
Gli occhi di Ilda espressero una terribile esaltazione.
- Vuole saperlo? - disse in tono violento. - Glielo dirò. Un uomo è stato condannato per avere ucciso quella povera giovane, un uomo che fino all'ultimo si è protestato il solo colpevole di quel delitto. Invece costui non è stato che il mandatario di un altro, o di un'altra, che aveva interesse a sbarazzarsi di quell'infelice.... e in tal modo ha sacrificato anche me, che amava, che doveva sposare in quei giorni. -
La contessa ebbe una scossa: la sua voce quasi si raddolcì, chiedendo:
- Voi siete dunque la fidanzata dell'assassino?
- Non lo chiami così: egli è colpevole perchè l'hanno spinto su quella via.
- E sospettate di me?
- Sì; e giacchè ho cominciato, voglio dirle tutto, Lei ha conosciuto il mio fidanzato.
- Io?... No. -
Ilda la guardò cogli occhi in fiamme.
- Possibile? - disse. - Suo marito non le ha mai presentato Fabio Ribera?
- Mio marito? - esclamò vivamente Bianca, con un accento che fece trasalire Ilda. - Come poteva conoscere il vostro fidanzato?
- Vuol dunque farmi credere che il conte non le abbia mai detto come Fabio Ribera, un orfano fatto educare dalla defunta contessa Rossano, fu poi da lui continuamente assistito, tanto che Fabio nulla avrebbe fatto, senza averne prima il suo consenso?
- Vi giuro che mio marito non mi ha mai fatto parola di costui, nè credo che lo abbia spinto al delitto. -
Ilda scoteva il capo.
- Allora, se il conte non ha spinto Fabio a uccidere Giulietta, in qual modo lei si trovava quella notte nella soffitta dell'assassinata e perchè, quando costei la vide, la riconobbe ed esclamò: «Lei? Lei? Ma non sa?»
- Io pure - rispose la contessa - spesso mi sono chiesta come mai quella sventurata avesse pronunziato quella frase. Ora vi dirò per quale concatenazione di cose io mi trovassi la notte del giovedì grasso in quella casa fatale. Sarò sincera con voi, perchè mi destate un senso arcano di fiducia. Mio marito era partito il giorno prima per Milano dicendomi che andava a trovare una parente moribonda. Invece la mattina del giovedì un biglietto dimenticato dal conte mi convinse che egli m'ingannava. Era andato a Milano per trovare un'amante.
- Cinzia! - interruppe Ilda.
Bianca sussultò.
- Come lo sapete?
- Glielo dirò poi: continui.
- Voi, che avete amato ed amate, potete comprendere come rimanessi alla certezza del tradimento di mio marito. Allora, come pazza, commisi una follìa, della quale però non mi pento. -
Qui la contessa raccontò come al veglione avesse avuto la fortuna d'imbattersi in Aldo; si diffuse a parlare della delicatezza, della generosità del giovane, poi descrisse in qual modo si era trovata nella soffitta della povera Giulietta e tutto ciò che era dopo avvenuto.
- Se non mi sono divisa legalmente da mio marito, - concluse - è perchè ho un padre che mi adora e che morrebbe di dolore se venisse a conoscere tutto ciò. Ma col conte non ho più nulla di comune. Se mi reco ad Ivrea, è per vedere quella bambina, che amo come se fosse mia. Eccovi tutta la verità. Spero che adesso mi crederete.
- Sì, - disse Ilda con umiltà - e le domando perdono di averla sospettata. Ella è una vittima del conte, come lo è stato il mio povero Fabio. Ed ora sono convinta più che mai che il conte, dopo aver sedotto Giulietta, spinse il suo protetto ad ucciderla, a sacrificarsi per lui....
- Sarebbe orribile! - esclamò Bianca. - Come vi nacque questo sospetto?
- Glielo dirò, signora contessa. Quando Fabio si assentò dicendomi che andava a prendere alcune carte per il nostro matrimonio, mi disse che il conte era partito con lui e che starebbero assenti qualche tempo. Perchè questa doppia menzogna, mentre il povero giovane non aveva mai mentito? Perchè, dopo il delitto, il conte non si presentò a far testimonianza del buon carattere del suo protetto? Perchè Fabio non richiese mai di lui, non alluse alla sua relazione col conte? Il sospetto si insinuava nella mia anima. -
Ilda narrò allora la morte di sua madre, le visite del conte, che ella sfuggì recandosi ad abitare nella soffitta dell'assassinata, cambiando nome, trasformando la propria persona per non essere riconosciuta, onde raggiungere lo scopo che si era prefissa: scoprire il vero colpevole.
- Così, - soggiunse - seppi della incognita che si ora trovata in quella notte nella soffitta della povera Giulietta. Chi era costei? Dissi a me stessa che lo studente doveva essere in relazione con quella donna, e mi proposi di seguirlo quando si assentava da Torino.
«Per questo mi recai ad Ivrea, senza che lo studente sospettasse di essere seguito da me.
«Io lo vidi alla stazione con tutti loro, e seguii il gruppo fino all'uscio di casa; chiesi poi informazioni su lui e sui coniugi Rivalta e me ne fecero mille elogi.
«Non sapevo più che pensare, mi pareva di aver fatto quel viaggio inutilmente, quando, essendomi recata in un albergo per passarvi alcune ore, seppi che era ivi alloggiato il conte Rossano colla signora. -
Bianca gettò un lieve grido,
- Mio marito ad Ivrea, - esclamò - con una donna che fa passare per me?
- Sì, quella Cinzia presso la quale egli si nascose a Milano, mentre a Torino veniva assassinata la povera Giulietta, - rispose Ilda.
E con parole concitate ripetè il colloquio di Livio coll'amante.
- Udite queste infami cose, - proseguì Ilda - deliberai di venire ad avvertire lei del pericolo che corre, ansiosa al tempo stesso di conoscerla. A Torino seppi dove si trovava e partii. Ora può immaginarsi la brusca sorpresa provata riconoscendo in lei la signora che si trovava ad Ivrea in compagnia del signor Aldo e degli altri. Il sospetto mi assalse di nuovo.
- Vi comprendo, - esclamò Bianca con slancio - e non solo vi perdono di tutto cuore, ma vi ringrazio di esser venuta, perchè adesso mi unirò a voi per smascherare il colpevole, quand'anche il colpevole fosse mio marito! -
Ilda apparve commossa.
- No, signora contessa, - disse - non lo permetto. Lasci fare a me, che non ho alcun timore di lui, che disprezzo le sue minacce come il suo amore, che non ho, come lei, un padre che mi ami, che possa soffrire per cagion mia.
- Questo padre ritroverà tutta la sua forza per difendere la figlia e vendicare le vittime di quel furfante, - disse la voce sonora del signor Moreno, comparso all'improvviso nella sala.
Bianca si alzò gettando un grido di angoscia.
Ma suo padre le stendeva le braccia, ed ella vi si gettò piangendo.
Ilda, in piedi, pallidissima, non osava pronunziare parola.
- Tu hai sentito tutto, padre mio? - domandò la contessa.
- Tutto, perchè ebbi il presentimento che la visita della signorina mi rivelasse qualche mistero che ti riguardava. Bianca, tu facesti male a non aver fiducia in me; e voi, signorina, mi avete addolorato coi vostri sospetti sulla mia innocente creatura; ma adesso che so tutto, vi scuso e vi stendo la mano da amico. -
Ilda aveva le lacrime agli occhi.
- Io vi ringrazio, - esclamò - e vi giuro che d'ora innanzi non farò un passo senza consultarvi!
- Ed io non ti nasconderò più nulla, - soggiunse Bianca - ed appoggiata a te, mi sentirò sicura. -
Il signor Moreno la baciò sulla fronte, mentre stringeva la manina di Ilda.