Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Carolina Invernizio I misteri delle soffitte IntraText CT - Lettura del testo |
VIII.
Il marchese Passiflora non era ancora soddisfatto della lezione data a Livio: egli avrebbe voluto torturarlo, come egli era stato torturato, respinto da Bianca per la seconda volta.
Il marchese era quasi sicuro che la contessa avesse qualche intrigo. Ma come scoprirlo?
Passiflora aveva un cameriere intelligente, fedele, del quale poteva fidarsi.
Pensò di servirsene per il suo intento.
- Pietro, - gli disse - voglio darti una missione di fiducia.
- Mi comandi, signor marchese.
- Devi mettere a prova tutta la tua sagacia per scoprire il segreto di una signora.
- Mi dica di chi si tratta, e stia tranquillo che fra pochi giorni saprò dirle tutto quanto riguarda quella signora.
- Quella signora si chiama la contessa Bianca Rossano, ed abita verso il corso Palestro.
- Conosco il palazzo.
- Meglio così. Quando ti metterai all'opera?
- Oggi stesso. -
Passò una settimana, senza risultato.
Finalmente una sera Pietro disse al padrone:
- Signor marchese, sono quasi riuscito; ma vi è una piccola difficoltà.
- Quale? Sentiamo.
- Ho contratto relazione con una cameriera della contessa, una bella ragazza diciottenne, che mi crede innamorato di lei. Mi sono fatto credere un piccolo possidente, venuto a passare l'inverno a Torino, ed essa è felice. L'ho fatta chiacchierare, ed ho saputo che la contessa ha l'appartamento separato da quello del marito. In casa abita anche il padre della signora. La contessa si fa unicamente servire dalla cameriera Celia, e nessun'altra che questa l'avvicina. La mia ragazza, che odia Celia e la spia per coglierla in fallo, ha scoperto che due volte alla settimana essa va alla posta a ritirare delle lettere al suo indirizzo, ed ha veduto consegnare quelle lettere alla contessa. -
Un lampo scaturì dagli occhi di Passiflora.
- Bisognerebbe impadronirsi di una di quelle lettere! - esclamò.
- Ci ho pensato anch'io, ma la ragazza non vuole arrischiarsi a ritirarla dalla posta, perchè ormai l'impiegato deve conoscere Celia. -
Passiflora si era messo a camminare nervosamente per la stanza.
- Eppure, è necessario avere una di quelle lettere! - disse ad un tratto soffermandosi dinanzi a Pietro. - Cerca, inventa qualche cosa, pur che riesca. Se ti fa duopo spendere del denaro, prendi. -
Trasse dal portafogli due biglietti da mille e li porse a Pietro, che s'inchinò rispondendo:
- Farò l'impossibile per servirla. -
Una settimana dopo Pietro apparve con aria trionfante.
- Ecco la lettera, signor marchese, ed ancora chiusa. -
Passiflora l'aprì con diabolica soddisfazione e lesse:
«Mia Speranza,
«Più i giorni passano, più mi riesce doloroso il vivere separato da te; ma è necessario, per la lotta che si prepara e sarà grave. Abbiamo tutto combinato con Ilda; ma il mio compito non sarà facile come credevo, e il dibattito che ho sostenuto dentro me stesso è stato lungo, doloroso. Pensare che quell'uomo ignobile è tuo marito, è cosa orribile! Credi che ho dovuto lottare non poco per non lasciarmi vincere dallo spirito del male e non commettere un delitto!
«Al contrario tuo padre ed Ilda stessa mi destano un tal rispetto, quasi uguale a quello che sento per te. Cari e nobili cuori tutti!
«Bianca, quando ritorneranno quei brevi e rapidi istanti passati insieme con la nostra bambina? Dal giorno che tu sei partita, ella si è fatta triste triste, chiama sempre la sua mammina. E ieri l'altro, appena mi vide, mi corse incontro gridando: «Babbo, perchè non hai condotta con te la mamma?»
«Avrei da dirti tante cose, amor mio, ma attendo di scrivertele domani, per poterti anche spiegare meglio la parte che mi sono assunta e che spero di eseguire a maraviglia. Un bacio sulla tua pura fronte, perchè si rassereni e speri.
«Aldo.»
Se un fulmine fosse caduto ai piedi di Passiflora, non gli avrebbe prodotto la terribile commozione che l'agitava dopo quella lettura.
Ecco perchè Bianca aveva respinto il suo aiuto, la sua protezione! Come si era presa giuoco di lui!
Ma ormai aveva un'arme nelle mani che poteva servirgli ad attirare Bianca, a piegarla ad ogni sua volontà. Se ella resisteva ancora, se ricusava di venire a patti con lui, egli informerebbe Livio di tutto.
Così pensando, il marchese si mise a un tavolino e vergò queste righe:
«Contessa,
«Un grave pericolo minaccia voi e due persone che vi sono care! Aldo e la bambina. Questo pericolo io solo posso scongiurarlo. Vi prego di recarvi senza indugio da me, che per due giorni non mi muoverò da casa per attendervi. Spero che non ricuserete, altrimenti tutto sarebbe perduto.
«Passiflora.»
Aggiunse in un angolo del biglietto il proprio indirizzo colla data, poi lo chiuse in una busta, sulla quale scrisse: «Signora Celia Lari, fermo in posta» come era scritto sulla busta che conteneva la lettera dello studente.
Ed uscì per impostarla egli stesso.
Il domani egli disse al suo cameriere che poteva restarsene fuori tutta la giornata, e attese, solo, in casa, che la contessa vi si recasse.
Fremeva di speranza e d'impazienza.
A un tratto il suono del campanello lo scosse.
Corse ad aprire, e subito svanì ogni sua speranza: gli stava dinanzi il signor Moreno.
- Voi aspettavate mia figlia, - disse - e sono venuto io. Posso entrare?
- Entrate, - rispose Passiflora con un gesto altero.
E sollevata egli stesso una portiera, lo fece passare nel salotto, gli offrì una poltrona.
- Grazie, posso parlare anche in piedi; avremo poco da dirci, - soggiunse in tono risoluto il signor Moreno.
E guardando bene in faccia il marchese, soggiunse:
- Che tranello volevate tendere a Bianca col vostro biglietto? -
Passiflora si fece rosso ed una fiamma cupa brillò nei suoi occhi.
- Un tranello? - ripetè senza chinare lo sguardo dinanzi a quello del signor Moreno. - Essa ha creduto così? O piuttosto ha voluto far credere a voi, mandandovi al suo posto, di non conoscere le persone che io le nominavo nel mio biglietto? -
Il signor Moreno rimase calmo.
- Mia figlia non ha bisogno di usare alcun sotterfugio con suo padre, signor marchese. Io conosco benissimo quelle persone. A voi domando piuttosto come le abbiate conosciute, e soprattutto desidererei sapere perchè la lettera diretta alla contessa era indirizzata ferma in posta alla cameriera Celia. -
Passiflora fu imprudente.
Togliendo dal suo portafogli la lettera di Aldo, disse con un sorriso freddo ed ironico:
- L'ho imparato dall'amante di vostra figlia! -
Uno schiaffo sonoro piombò sulle guance di Passiflora, seguito da queste parole:
- Voi siete un miserabile, signor marchese, ed avete compiuto un'azione degna della galera! -
Passiflora fece l'atto di slanciarsi sul signor Moreno, ma la riflessione lo trattenne.
- Mi renderete ragione dell'insulto fattomi in casa mia e delle parole pronunziate! - disse con voce fremente.
- Voi renderete ragione al tribunale di aver trafugato una lettera, facendola ritirare da chi è pronto a testimoniarlo! - ribattè il signor Moreno. - Un uomo d'onore non può battersi con un vile! -
Passiflora fremeva.
- Andate pure a denunziarmi; - disse con un sorriso atroce - ma domani tutta Torino saprà che se il conte Rossano è un libertino, sua moglie e suo suocero lo valgono. -
Con atto violento il signor Moreno l'afferrò per il petto.
- Datemi quella lettera, o vi schiaccio!
- Non ve la darò, e siccome voi venite ad aggredirmi in casa mia, io schiaccerò voi! -
E lottando rabbiosamente cercò di rovesciarlo.
Allora ebbe luogo fra quei due una lotta feroce. Passiflora, reso forsennato dalla rabbia, cercava invano di abbattere il suo avversario, che, più calmo, tenace, respingeva il suo assalto.
Ad un tratto un pugno dato da mano maestra piombò come una mazzata sul capo del marchese, lo stese supino a terra.
Calmo, il signor Moreno tolse al gentiluomo, che sembrava morto, la lettera innocente eppure accusatrice; si riaggiustò gli abiti, si rimise il cappello caduto e se ne andò chiudendosi l'uscio alle spalle.
A poco a poco il marchese si riebbe e allora un urlo gli sfuggì dalle labbra;
- Mi vendicherò, mi vendicherò! -
Mentre Passiflora imprecava come un forsennato, la porta si schiuse e rientrò il cameriere, chiedendo:
- Sono tornato troppo presto? -
Passiflora, a quelle parole, a quella vista, non si contenne più. Si slanciò sul disgraziato e lo sbattè contro il muro.
- Anche tu mi hai giuocato, infame! - esclamò con gli occhi stralunati dal furore.
Il cameriere tremava come una foglia.
- Ma io.... signor marchese....
- Taci, o ti chiudo la bocca per sempre! Sì, tu mi hai rubato il denaro per darlo ad una sgualdrina, che dopo averti consegnato la lettera, è andata a raccontar tutto al suo padrone.
- Io non so nulla.... sono innocente....
- Taci! - urlò di nuovo il marchese. - Se tu non le avessi detto il mio nome, io non sarei stato compromesso per causa tua. Via, via.... che non ti veda mai più! -
Il cameriere si avviò per uscire.
Ma Passiflora, già ritornato in sè, comprese che nessuno più di quel domestico poteva in quel momento servirlo.
E con voce cambiata:
- Fermati! - disse.
- Oh! signor marchese, adesso la riconosco.... Non potevo credere che lei mi scacciasse così, dopo averla servita sempre fedelmente. Le giuro che io non ho colpa in quanto mi dice, le giuro che io non ho pronunziato il suo nome, e non so come abbiano potuto scoprirlo, ma lo saprò.
- Tu non farai alcun passo senza mio ordine, e mi obbedirai ciecamente se vuoi rientrare nelle mie grazie. -
Il cameriere si lasciò cadere sulle ginocchia.
- Mi comandi, farò tutto quello che lei vorrà, anche se mi comandasse un delitto.
- Va bene, alzati; domani ti dirò quello che mi aspetto da te: adesso lasciami, vai a prepararmi una tazza di caffè! -