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Carolina Invernizio
I misteri delle soffitte

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IX.

 

Il conte Livio, nascosto nel salotto attiguo alla camera da letto di Ilda, aveva evocato il passato, provando una gioia strana nel ricordare la parte assunta verso Fabio, la sua vittima, che gli aveva fatto olocausto della vita, dell'onore.

Mentre così rifletteva, Livio sentì un fruscìo di abiti e quasi tosto la voce di Ilda che diceva:

- Marietta, tu puoi andare a dormire: il signor Aldo rimane qui a discorrere con me. Lascia aperta la vetrata della galleria, così lo farò uscire da quella parte, senza disturbare alcuno. Metti qui il soprabito ed il cappello.

- Sì, signora. -

Ilda e lo studente erano entrati nel salotto: l'uscio fu chiuso.

- Perchè non volete che mi ritiri? - chiese Aldo con dolcezza.

- Perchè temo per voi! - rispose Ilda. - Il cuore mi dice che il conte si è appostato fuori del palazzo per attendervi, e non voglio che vi allontaniate fino a giorno. -

Si erano seduti vicini sul divano.

Livio stringeva i denti per soffocare la rabbia interna che lo divorava.

- Che ne pensate del conte? - chiese ad un tratto Ilda.

- Penso che è innamorato di voi e che deve odiarmi, credendomi vostro amante.

- Bisogna lasciarglielo credere; - soggiunse Ilda - è l'unico mezzo per giungere al punto che io e il signor Moreno desideriamo: fargli confessare che fu lui l'istigatore dell'assassinio della povera Giulietta.

- E da questa confessione, che possiamo sperare? - esclamò Aldo, - Bianca sarà sempre avvinta a quel miserabile.

- No; - rispose con voce cupa Ilda - se il mio sogno è di far comparire chiara l'innocenza di Fabio, il sogno del signor Moreno è di liberare la figlia dalle mani di un mostro. Egli ha deciso: o il conte si farà giustizia colle proprie mani, o il signor Moreno l'ucciderà.

- Io solo voglio punirlo! - interruppe Aldo. - Lo provocherò a duello.

- No, non dovete farlo, per Bianca; sapete quanto vi ama! -

Un fremito agitò Livio dal capo alle piante.

- Ed io l'adoro come si adora gli angeli del Cielo! - disse con esaltazione il giovane. - Per lei, sono pronto a soffrire tutto. Ora è necessario star divisi, perchè così vuole il signor Moreno, ma la mia vita, i miei pensieri sono tutti per lei. Ah! perchè non dovevamo conoscerci che in quella notte fatale dell'assassinio?

- Era destino! - mormorò Ilda.

Rimasero per un istante silenziosi.

La giovane riprese la parola.

- Se il conte potesse indovinare che suo suocero conosce tutte le sue infamie ed è sul punto di punirle! Se sapesse l'odio che io provo contro di lui!

- Avete osservato il suo pallore, allorchè parlammo della sua rassomiglianza col condannato? - osservò Aldo. - Il signor Umberto Trani vuol riguardare tutti gli atti concernenti il passato di Fabio, per scoprire qualche nuovo punto che possa darci la chiave del mistero.

- Comunque, - osservò Ilda - Fabio non smentirà la sua confessione, non accuserà mai il conte, dovessero sottoporlo a qualsiasi tortura.

- Vi sarebbe forse un mezzo per farlo parlare, - disse Aldo. - Informarlo come il conte abbia tentato di sedurvi.

- Bisognerà parlarne al signor Moreno. -

Rimasero un altro poco in silenzio.

- Voi siete stanca; - disse Aldo - andate a riposare. Io rimarrò qui ad attendere il giorno scrivendo, se vi compiacerete darmi un foglio ed una penna.

- Venite: vi condurrò nella camera attigua alla mia dove troverete uno scrittoio con tutto l'occorrente. -

Essi lasciarono il salotto.

Il conte stringeva i pugni in una convulsione di rabbia. Ciò che aveva sentito gli sconvolgeva il cervello.

Sentì degli usci che si aprivano, si chiudevano, poi il passo di Ilda strisciò sul tappeto della sua camera, quindi un lieve scricchiolio del letto fece capire al conte che la giovane si era coricata.

Passò un'altra mezz'ora: più nessun rumore; tutti dormivano nella casa.

Allora il conte lasciò il suo nascondiglio e si avvicinò all'uscio aperto della camera di Ilda.

Al chiarore della lampada, egli scòrse la giovane stesa sul letto, in sottana e accappatoio. Dormiva, stanca della serata. Sul comodino scintillavano i gioielli di lei.

Quei gioielli abbagliarono il conte e fecero sorgere nella sua testa un'idea, che volle mettere in esecuzione.

Si appressò in punta di piedi al letto, poi, afferrato un asciugamano, con atto fulmineo ne coprì il capo della disgraziata.

La vittima, svegliatasi, si dibatteva, ma non poteva sciogliersi da quel laccio, mandare un grido.

Intanto Livio, chino su lei, le diceva con voce alterata:

- Hai voluto trattenermi: peggio per te. Sei bella, mi seduci quanto Bianca, più di lei, e ti voglio! -

Ilda faceva sforzi supremi per liberarsi da quella stretta, ma inutilmente: egli premè più forte le dita.

Allora le braccia della sventurata, che si erano avvinte disperatamente a lui, caddero inerti sul letto; il corpo rimase immobile.

Il conte credette di averla strangolata e la lasciò.

Ilda non fece il minimo movimento. Livio non ebbe il coraggio di toglierle l'asciugamano dal viso.

Vi era però qualche cosa in lui più potente ancora dello spavento: il calcolo abietto fatto poco prima. Egli afferrò i gioielli che erano sul comodino, e recatosi nel salotto vicino, prese il soprabito di Aldo e nascose i gioielli nelle sue tasche.

Poi aprì la porta del salotto, entrò nella galleria lasciata aperta dalla cameriera, passò nelle sale deserte, e dall'anticamera scese in istrada senza incontrare alcuno.

Una volta fuori respirò: era salvo. Tutto si rivolgeva contro Aldo.

Egli si diresse al proprio palazzo, si coricò, e, affranto, non tardò a addormentarsi.

Appena risvegliato, un pensiero dominò tutti gli altri: egli aveva ucciso Ilda. Ma l'idea che Aldo, l'amante di sua moglie, sarebbe accusato, fece tacere la sua angoscia.

Il cameriere l'avvertì che la contessa e il suocero erano usciti assai presto.

Che voleva dire quell'assenza della contessa col padre? Erano già stati avvertiti dell'avvenuto? Ilda era morta? Aldo, arrestato?

- Vai a prendermi i giornali del mattino! - disse al cameriere.

Ma non vi trovò nulla di ciò che desiderava sapere.

Eppure in città erano ormai informati dell'avvenuto.

Quando Aldo si era ritirato nella camera attigua a quella di Ilda, il suo pensiero fu di attendere il giorno scrivendo a Bianca le impressioni di quella notte.

E cominciò:

 

«Mia Bianca adorata,

«Presso la camera di colei che tutti credono la mia amante, mentre attendo il momento propizio di ritirarmi, racconterò a te sola tutti gli eventi di questa notte.

«Ho avuto bisogno di tutta la mia forza di volontà per apparire tranquillo allorchè comparve tuo marito, l'uomo che odio con tutta l'anima.»

 

Aldo si fermò un istante di scrivere, perchè gli parve di udire un gemito.

Stette un momento in ascolto e si convinse di essersi ingannato. Allora proseguì:

 

«Tuttavia, pensando a te, ho eseguito la mia parte a maraviglia. Ma costui è troppo scaltro per tradirsi, e bisogna venire a qualche più violenta decisione. Mi dispiace che Ilda sarà la sacrificata, la vittima.»

 

Aldo si fermò ancora, depose la penna e s'immerse in profonde riflessioni, le quali avevano un unico oggetto: Bianca.

A un tratto un nuovo gemito, e questa volta distinto, lo fece balzare in piedi, porre la mano sulla gruccia dell'uscio che metteva nella camera di Ilda.

Ma prima di aprire chiese a voce alta:

- Signorina, avete bisogno di me? Non vi sentite bene? -

Gli rispose un altro gemito rauco, affannoso. Allora non ebbe più esitazioni.

Si slanciò nella camera della giovane,

Ilda si dibatteva sul letto, cercando di togliersi l'asciugamano che ancora l'avvolgeva.

Aldo cercò di aiutarla, ma la giovane lo respinse col gesto, e le sue grida si fecero più rauche ed acute. Nei suoi occhi stralunati apparve una tale espressione di spavento, che Aldo indietreggiò, allibito.

- Ilda.... che avete? Che vi ho fatto? -

Ella era riuscita con un ultimo sforzo a sciogliersi dal suo laccio ed a stendere la mano al cordone del campanello.

Sembrava volesse parlare, ma dalla bocca spalancata non uscivano che gemiti.

Ma alla violenta scampanellata era accorsa la cameriera.

- Presto, soccorrete la vostra padrona che sta male! - disse il giovane.

E cercò di aiutare la donna, ma si vide di nuovo respinto da Ilda, le cui pupille si fissarono ancora spaventate su lui; poi una nebbia le coprì, e la sventurata non vide più nulla.

Era svenuta.

- Presto, dell'aceto, dei sali.... - disse Aldo alla cameriera.

Questa aveva scorto sul collo bianco d'Ilda i segni dello strangolamento, aveva veduto il gesto di orrore della sua padrona allorchè Aldo si era avvicinato per soccorrerla, onde guardò con diffidenza il giovane balbettando:

- Vado subito a prenderli. -

E corse via per avvertire i domestici dell'accaduto.

Un momento dopo, tutti sapevano che Aldo aveva tentato di strangolare Ilda.

Un domestico andò a cercare un medico: un altro ad avvertire il signor Moreno.

Aldo intanto, con l'asciugamano stesso che aveva servito al conte per avvolgere il capo ed il collo della giovane, asciugò il gelido sudore e la schiuma, che la povera Ilda aveva agli angoli della bocca.

Nel far ciò, vide egli pure su quel collo bianco i segni dello strangolamento.

Possibile? Non sognava?

E mentre nella sua mente si chiedeva se il conte fosse l'autore dell'ardito tentativo, diverse voci gli ferirono le orecchie:

- Non lasciatelo uscire!

- Non può essere che lui! -

Aldo si volse. Nella stanza entravano due cameriere, la cuoca, due domestici.

- Che succede, dunque? - chiese lo studente.

- Nulla, signore; - rispose una delle cameriere fatta ardita - siamo venute per soccorrere la signora; lasci fare a noi. -

E si avvicinò al letto, mentre i due domestici rimanevano di guardia all'uscio.

Aldo non vedeva gli sguardi che si scambiavano i servitori.

Ilda a poco a poco rinvenne, e la prima parola che pronunziò fu per chiamare il signor Moreno.

- Fra poco sarà qui; l'abbiamo mandato ad avvertire; - disse una cameriera - ma c'è il signor Aldo.

- Fatelo uscire; che io non lo veda! -

Aldo credeva d'impazzire.

- Ma perchè, Ilda, perchè? - chiese avvicinandosi al letto.

Essa lo fissò con uno sguardo strano, terribile, e disse lentamente:

- Siete più vile, più miserabile dell'altro; egli mi aveva almeno rispettata!

- Ilda, non vi comprendo....

- Siate maledetto, voi che rovinaste tutto il mio avvenire.... che mi toglieste più della vita.... Infame!... Infame!... Povera Bianca!... Il suo disprezzo sarà il vostro gastigo!... -

E volse il capo sul guanciale per non più vederlo.

Aldo non sapeva che pensare.

Credeva di essere in preda ad un'allucinazione.

Egli si strinse il capo con le mani e fuggì via.

Ma nel salotto vicino i due domestici gli sbarrarono il passo.

- Signore, lei non uscirà di qui finchè non sia giunto il signor Moreno: glielo impediremo!

- Con quale diritto? - chiese Aldo.

- Con quello di due galantuomini contro un assassino! -

Aldo impallidì fece un passo indietro.

- Assassino, io?

- Sì, avete tentato di strangolare la signora.

- Ma siete pazzi! -

Aldo stava per commettere qualche atto insensato, allorchè giunsero il medico ed il signor Moreno.

Il primo venne tosto introdotto nella camera di Ilda, mentre il signor Moreno si slanciava incontro al giovane, dicendo:

- Grazie a Dio, vi trovo qui! Che storia mi sono venuti a raccontare sul vostro conto, di un tentato strangolamento verso Ilda?

- È ciò che vanno ripetendo anche a me, e vi giuro, signor Moreno, che mi sembra di perdere la ragione.

- Ma come possono essere sòrte tali voci?

- Io vi dirò la verità, signor Moreno, persuaso che voi almeno mi crederete. -

E volle raccontare ciò che era avvenuto, allorchè una cameriera corse ad avvertire il signor Moreno che Ilda chiedeva di lui.

Il signor Moreno entrò nella camera di Ilda.

La giovane era sempre spaventosamente pallida ed il medico, curvo su lei, esaminava attentamente le lividure del collo.

- Sì, vi è stato un tentativo di strangolamento, per fortuna non riuscito! - disse.

- Oh! meglio fossi morta. - dichiarò Ilda con un singhiozzo.

E veduto il signor Moreno gli stese le mani, soggiungendo con voce rotta:

- Guardate che hanno fatto di me! E non è tutto....

- Io non comprendo, figlia mia: spiegatevi. Chi può essere il colpevole?

- Il signor Pomigliano.

- Lui?... Ma è assurdo! Egli si protesta innocente, ed io lo credo.

- Non lo crederete più, quando vi racconterò ciò che è avvenuto: anche il medico può ascoltarmi, come Marietta, e raccogliere la mia deposizione. Voi sapete, signor Moreno, come stanotte io abbia data una festa ed il perchè.

- Lo so! - interruppe il gentiluomo. - E colui non ha accettato l'invito?

- Sì, è venuto. Ma non si è trattenuto più di un'ora: ad un tratto è scomparso senza salutare alcuno. Io ho avuto paura che tendesse un agguato al signor Aldo, fuori del palazzo, terminata la festa, e ho trattenuto il signor Pomigliano, pregandolo di non uscire prima di giorno. Egli acconsentì. Ho mandato la cameriera a letto, trattenendo il signor Aldo che sarebbe rimasto a discorrere con me. Dopo aver discorso alquanto, lui, accorgendosi che ero stanca, abbattuta, mi ha pregata di coricarmi e ha detto che egli avrebbe atteso il giorno scrivendo. Allora l'ho fatto passare in quella stanza, ho chiuso l'uscio, e, spogliatami, mi sono sdraiata sul letto e addormentata. A un tratto mi sono svegliata sentendomi soffocare: avevo il viso avvolto in un asciugamano, due mani strette alla gola, mentre una voce mi diceva parole infami.

- Era la voce del signor Aldo?

- Sì, era la sua; e poi, nessun altro che lui poteva pronunziare certe parole. Volli liberarmi da quella stretta ma inutilmente, mi sentii mancare, non ricordo più altro.... e sono tornata in me.... mentre il signor Aldo era intento a soccorrermi.

- Ma se egli fosse stato colpevole, sarebbe fuggito, - disse il signor Moreno. - E poi, a qual fine vi avrebbe così imbavagliata? Bisognerebbe che fosse divenuto pazzo ad un tratto. -

Ilda si torceva le mani.

- Ma non capite, non capite.... Non è la mia vita che voleva, ma il mio onore....

- No, - interruppe con forza il signor Moreno - non lo credo. Io ritengo invece che colui che credevate scomparso, si sia nascosto nella vostra camera e sia lui che abbia ordito l'orribile trama per perdere voi.... e l'altro. -

Ilda trasalì, ma poi scosse il capo.

- Non è possibile! - disse piano.

- Lasciate almeno che il signor Aldo si giustifichi; non condannatelo prima di averlo ascoltato; egli ha il diritto di difendersi. -

Ilda rimaneva perplessa. In quel momento si udirono diverse voci nella stanza vicina. Un servitore avvertì come fossero giunti un ispettore di questura e due delegati.

- Chi li ha chiamati? - chiese il signor Moreno.

- Non so, signore; ma ormai è noto a tutti che il signor Aldo ha tentato di strangolare la signora.

Dunque, lo scandalo era inevitabile.

I rappresentanti della giustizia vennero introdotti

Aldo era con loro.

Il giovane portava la testa alta.

Ilda, tremante, fece la sua deposizione a voce così bassa, che appena si udì.

- Voi dunque accusate il signor Aldo Pomigliano? - disse l'ispettore quando la giovane ebbe finito di parlare; e rivolto allo studente: - Che avete da rispondere?

- Che la signora mi accusa a torto. Quando essa mi ha lasciato nella camera attigua, io mi sono messo a scrivere, e la mia anima era assai lontana di qui. Sognavo, scrivendo, quando ho udito un gemito. Accorso qui, ho veduto la signora che si dibatteva sul letto per togliersi un asciugamano che le avvolgeva il volto.

«Stupito, mi sono avvicinato per soccorrerla, ma essa mi ha respinto, ha sonato il campanello per chiamare aiuto, e mi ha accusato di volere strangolarla.

«Ebbene: giuro che la signora s'inganna, che io sono vittima della perfidia di un altro!

- Io vi credo! - disse a voce alta il signor Moreno.

L'ispettore, che aveva ascoltato freddamente, deliberò:

- Visitiamo la stanza dove il signore afferma che stava scrivendo. -

Ma appena entrati nella stanza vicina, Aldo, coi lineamenti stravolti, in preda ad una grande agitazione, si slanciò per prendere la lettera abbandonata sulla scrivania e che fra quelle commozioni aveva dimenticata.

Ma l'ispettore lo fermò.

- Un momento: - disse - quel foglio appartiene ormai alla giustizia. -

Aldo, con voce stridente, gridava:

- Voi non avete alcun diritto di ritenere quella lettera! -

Il signor Moreno, che intuì come quel foglio fosse diretto a sua figlia, soggiunse con voce commossa:

- Il signor Aldo ha ragione: quella lettera non può aver nulla che fare coll'accusa! -

L'ispettore si volse al signor Moreno.

- Come può saperlo lei? In ogni modo è inutile ogni protesta: il foglio non uscirà dalle nostre mani. -

Aldo chinò il capo abbattuto. Che gl'importava adesso l'accusa formulata contro lui? Non pensava più che a Bianca, ch'egli aveva compromessa.

Ma un altro tegolo stava per piombargli sul capo.

La cameriera Marietta si era precipitata nella stanza dicendo che i gioielli della signora erano scomparsi.

La signora se ne era accorta in quell'istante e dichiarava che il signor Aldo non poteva averli presi.

- Meno male, - esclamò il giovane - che anche Ilda comincia a credere alla mia innocenza!

- Vedremo! - soggiunse l'ispettore. - L'inchiesta non è ancora terminata.- -

Poco dopo si recarono tutti nel salotto dove il giovane si era intrattenuto con Ilda.

Entrando, l'ispettore scòrse il soprabito gettato sopra una poltrona.

Lo sollevò, chiedendo:

- A chi appartiene questo?

- A me, signore, - rispose Aldo.

L'ispettore lo frugò e ne trasse un astuccio di velluto rosso, che mostrò al giovane dicendo con tono brusco:

- Questo è pure vostro? -

Aldo trasalì, ma tenne la testa alta.

- No, - rispose - e non capisco come si trovi nella tasca del mio soprabito.

- Ve lo farò capire io: guardate.- -

Aveva aperto l'astuccio, che conteneva uno splendido finimento di perle e brillanti.

Il giovane gettò un urlo d'indignazione.

- Questo è troppo! - esclamò. - I gioielli di Ilda nel mio soprabito? Chi è il miserabile che ve li ha posti?

- Voi dovete saperlo meglio di tutti, signore!... - esclamò l'ispettore.

- Ma dunque, credete che io sia un ladro, un assassino? - proruppe sempre più eccitato il giovane. - Avrei tentato di strangolare la giovane per impadronirmi dei suoi gioielli? Ma se ciò fosse, perchè sarei rimasto qui, invece di fuggire?

- Perchè non avete potuto fare altrimenti! - rispose l'ispettore. - La vittima chiamava soccorso!

- Oh! no, no, io sogno, impazzo! Perchè avrei commesso tutto ciò? Ilda era amica mia.

- Sì, l'amante del cuore! -

Aldo sentì il sudore scorrergli sulla fronte.

- È una spudorata menzogna, me ne appello al signor Moreno!

- Il signor Pomigliano ha ragione! - rispose il vecchio gentiluomo rimasto fino allora silenzioso. - Se egli si trova in questa casa, è per ordine mio; io stesso lo misi al fianco della giovane, che per certo già si pente dell'accusa lanciata su lui. Sto io stesso garante dell'onestà del signor Aldo!

- A noi non basta, signore! - interruppe con accento fermo l'ispettore. - Fino a prova contraria, per noi, il signore è colpevole!

- Vi ripeto che un altro individuo è entrato qui, ha fatto il colpo! - ripetè il signor Moreno.

- Non basta una vaga affermazione: diteci il nome di colui che accusate!

- Vi giuro che domani lo saprete! -

Un sorriso sfiorò le labbra dell'ispettore.

- E sia; - rispose - comunque, fino a che non scaturirà fuori quell'altro, il signor Aldo rimarrà a nostra disposizione, verrà con noi! -

Mezz'ora dopo, nonostante le proteste vivaci del signor Moreno e quelle di Ilda, che ormai temeva di aver accusato un innocente, il giovane venne condotto in questura, e di lì, dopo un breve interrogatorio, in prigione.

Il vecchio gentiluomo si recò immediatamente dal Trani per raccontargli l'accaduto.

Bianca, in questo frattempo, ignara di tutto, benchè avesse accompagnato il padre fino al palazzo di Ilda, si trovava colla istitutrice presso una pia signora, che doveva condurle a visitare un convento dove avrebbero trascorso la giornata.

Il signor Moreno, che lo sapeva, ne gioì perchè voleva avere un colloquio da solo col genero.

Tornato a casa, trovò Livio sorridente, quasi felice.

- Ho bisogno di parlarti; - gli disse il suocero. - Vieni nella mia stanza. -

Livio lo seguì.

- Hai dunque qualche cosa di molto grave da comunicarmi?

- Ne giudicherai! - rispose il signor Moreno colle sopracciglia aggrottate.

Egli sedette di faccia a Livio, lo guardò fisso.

- Dove hai passato la notte? - gli domandò.

- In casa della bella Cleo, che dava una festa nel suo palazzo. Ma siccome mi uggivo, all'ora della cena sono tornato a casa.

- Tu menti! - gridò con forza il signor Moreno. - Strappa una volta quella maschera d'ipocrisia che ti copre il volto, mostrati quale veramente sei: spudorato, cinico, vizioso, colpevole! Tu sei andato a quella festa perchè, innamorato di quella giovane che ti odia, volevi avvicinarla, sapere chi fosse che la manteneva in quel lusso.

«Tu non hai lasciato la festa, ma ti sei nascosto nella sua camera per attendere il momento propizio di attentare al suo onore.

«La sorte ti fu propizia. Tu non soltanto hai commesso il più vile dei delitti, ma hai fatto in modo che la tua vittima stessa, riavutasi, accusasse un innocente di ciò che tu solo avevi fatto.

«Oseresti negare? -

Livio lanciò una boccata di fumo verso il soffitto.

- Non ne ho alcuna intenzione, - rispose - e ti ringrazio di avermi informato di ciò che bramavo sapere. Dunque, tutto è andato a seconda dei miei desideri e il risultato è davvero splendido! -

Questa riflessione parve così brutale al signor Moreno, che scattò gridando:

- Miserabile! Birbante! Farabutto, che a furia d'inganni riuscisti a sposare mia figlia per averne la dote! Griderò a tutti i tuoi delitti!

- Davvero? E farai anche sapere che tua figlia, la tua onesta e ingenua figlia, è l'amante dello stesso uomo che ha tentato di assassinare la tua mantenuta per derubarla? -

Sotto l'insulto sanguinoso rivolto alla sua adorata, il signor Moreno perdè il lume della ragione e fece per scagliarsi sul genero.

Ma questi, più svelto di lui, aveva fatto un salto dietro la poltrona, e, togliendo una rivoltella dalla tasca, la puntò verso il suocero.

- Sono armato, - disse - e non mi sarebbe difficile far credere al vostro suicidio, data la condotta di vostra figlia e gli eventi di stanotte. Ah! fu una vera fortuna che io potessi assistere, nascosto, al colloquio fra Ilda e il signor Pomigliano. Così sono informato della trama ordita contro me, e so adesso in qual modo possa difendermi. -

Ci fu un istante di terribile silenzio.

Il vecchio, annientato, dovette afferrarsi ad un mobile per non cadere.

Il conte proseguì:

- Perchè agitarvi tanto? Discorriamo tranquillamente, dal momento che non ci sono più segreti fra noi. Ma forse conosco io più assai voi stesso, di quello che conosciate me. Voi mi giudicate da ciò che sentiste dire da vostra figlia o da altri: ebbene, si sono tutti ingannati. Voi mi accusate di aver sposata vostra figlia per denaro: è vero, perchè quando la conobbi ero rovinato; però, mi rimaneva ancora il titolo di nobiltà, ed una ricca borghese non è mai indifferente dinanzi ad una corona di contessa. Quanti bottegai arricchiti darebbero i loro milioni per divenire parenti sia pure di un nobile spiantato! Non voglio attribuire a voi tale debolezza: voi non cercavate che la felicità di vostra figlia. Ebbene, io potevo dargliela! Se Bianca era innamorata di me, io lo ero di lei, ed avrei continuato ad esserlo. Ma potevo pensare che una semplice scappata con una femmina volgare cambiasse l'amore di mia moglie in odio, mi facesse interdire dal suo appartamento per sempre? Ed intanto, la pura, la severa mia moglie aveva un amante che, più felice di me, la rese ancora madre.

- Ah! è troppa infamia questa, non resisto più! - urlò il signor Moreno colla schiuma alle labbra.

- Ma se voi stesso le avete tenuto di mano! - interruppe il conte, - Ne ho le prove: ho letto due lettere, sottratte proprio in questi giorni a mia moglie e che custodisco gelosamente. -

Il signor Moreno si strinse il capo fra le mani: un rossore sinistro copriva il suo viso.

- Sì, tutte le apparenze stanno contro me e contro Bianca: mentre voi siete il solo colpevole.

- Io? Oh! questa è bellissima!

- Sì, ascoltatemi a vostra volta.... Bianca vi amava, e quando scoprì il vostro inganno, uscì quasi di senno: la sera stessa del giorno in cui aveva trovato la lettera rivelatrice del vostro tradimento, esasperata, si mascherò e andò al veglione coll'idea di darsi al primo uomo che le fosse piaciuto.

«Volle fortuna che s'imbattesse in Aldo Pomigliano, il quale la condusse nella propria soffitta, dove, appena giunta, ella tornò in sè e con accento disperato chiese al giovane che la rispettasse. Infatti, ella uscì da quella casa pura come vi era entrata.

«Mentre ella ne usciva, udì un urlo straziante e delle grida:

«- All'assassino! -

«Bianca si trovava quella notte nelle soffitte della casa dove fu assassinata la povera Giulietta Lovera. Aldo arrestò l'assassino, e Bianca promise all'assassinata di fare da madre alla sua creatura.

«Ora quell'innocente bambina, che è forse vostra, la credete frutto di un amore di mia figlia! -

Livio aveva ascoltato con appassionata intenzione.

- Il romanzo è completo, - disse - ma non spiega i rapporti che continuarono fra mia moglie e l'uomo che le scrive frasi d'amore, dicendole: «Quando passeremo ancora qualche ora felice, inebriante, insieme con la nostra bambina?» Inoltre non so comprendere come Ilda sia venuta a far parte della trama ordita contro me per farmi confessare un delitto che non ho commesso, e mi maraviglio che voi abbiate promesso ad Ilda i mezzi per schiacciarmi, dichiarando di volermi far giungere al punto di togliermi la vita colle stesse mie mani.

- Sì, per punirvi di torturare mia figlia e per far giustizia dell'infelice che per cagion vostra espia in prigione un delitto da voi stesso commesso.

- Ma dunque persistete a credere che io abbia spinto Fabio Ribera a commettere un assassinio? Quali sono le prove contro di me? Per quanto cerchiate, non ne troverete.

- Perchè dunque taceste anche col cavaliere Umberto Trani i vostri rapporti con Fabio?

- Perchè non volli vantarmi di una buona azione fatta in altri tempi. Ma ora non è più così: si tratta della mia difesa e mi difenderò con tutte le mie forze. Così schiaccerò tutti coloro che hanno cercato di perdermi. Intanto ho cominciato coll'uomo che mi ha tolta Bianca. -

Il signor Moreno ebbe un brivido dal capo alle piante.

- Io racconterò la verità.

- Voi non direte nulla, - proruppe con forza il conte - voi non accuserete il marito di vostra figlia, che ormai prenderà su lei tutti i diritti che nessuno può contendergli. La legge stessa mi protegge, e per quanto cerchiate, non troverete alcuna prova contro me. Se poi voleste intentarmi una causa per separazione, mostrerò le lettere dell'onesto studente, citerò i testimoni degl'incontri dei due amanti, così Bianca sarà la sola disonorata. Ora che sapete come la penso, - soggiunse - sappiate regolarvi. -

Il signor Moreno sobbalzò come frustato.

- Io farò soltanto ciò che mi detta la coscienza: - rispose - difenderò con tutte le mie forze gli innocenti, nè Dio permetterà che uno scellerato pari vostro trionfi. Ed ora toglietevi dalla mia presenza, perchè non potrei più a lungo sopportarvi senza commettere un delitto. -

Il conte aprì l'uscio, ma prima di uscire esclamò al suocero:

- Dite a Bianca che fin da questa sera riprendo tutti i miei diritti di marito. Sarà la sua espiazione! -

E se ne andò, lasciando il vecchio annientato.

 

 

 




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