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Pietro Metastasio La clemenza di Tito IntraText CT - Lettura del testo |
Tito, Publio, Sesto e custodi. Sesto, entrato appena, si ferma.
SES.
(Numi! è quello ch’io miro (guardando Tito)
Di Tito il volto? Ah! la dolcezza usata
Più non ritrovo in lui. Come divenne
Terribile per me!)
(Stelle! ed è questo
Il sembiante di Sesto? Il suo delitto
Come lo trasformò! Porta sul volto
La vergogna, il rimorso e lo spavento).
(Mille affetti diversi ecco a cimento).
Avvicinati. (a Sesto con maestà)
SES.
(Oh voce
Non odi?
SES. (s’avanza due passi e si ferma)
(Oh Dio!
Mi trema il piè; sento bagnarmi il volto
L’angoscia del morir non è maggiore).
Più dolga a Sesto, o se il punirlo a Tito).
(E pur mi fa pietà). Publio, custodi,
Lasciatemi con lui. (parte Publio e le guardie)
SES.
(No, di quel volto
Non ho costanza a sostener l’impero).
TITO (rimasto solo con Sesto, depone l’aria maestosa)
Dunque vuoi la mia morte? E in che t’offese.
Il tuo benefattor? Se Tito Augusto
Hai potuto obliar, di Tito amico
Come non ti sovvenne? Il premio è questo
Ch’ebbe sempre di te? Di chi fidarmi
In avvenir potrò, se giunse, oh dèi!
Anche Sesto a tradirmi? E lo potesti?
SES. (prorompe in un dirottissimo pianto e se gli getta a’ piedi)
Ah, Tito! ah, mio
Non più, non più. Se tu veder potessi
Questo misero cor, spergiuro, ingrato,
Pur ti farei pietà. Tutte ho su gli occhi,
Tutte le colpe mie; tutti rammento
I benefizi tuoi: soffrir non posso
Né l’idea di me stesso,
Né la presenza tua. Quel sacro volto,
La voce tua, la tua clemenza istessa
Diventò mio supplizio. Affretta almeno,
Affretta il mio morir. Toglimi presto
Questa vita infedel; lascia ch’io versi,
Se pietoso esser vuoi,
Questo perfido sangue a’ piedi tuoi.
Sorgi, infelice! (Sesto si leva) (Il contenersi è pena
A quel tenero pianto). Or vedi a quale
Un delitto riduce, una sfrenata
Avidità d’impero! E che sperasti
Di trovar mai nel trono? Il sommo forse
D’ogni contento? Ah! sconsigliato, osserva
E bramalo, se puoi.
SES.
No, questa brama
Non fu che mi sedusse.
Dunque che fu?
SES.
La debolezza mia,
La mia fatalità.
Più chiaro almeno
SES.
Oh Dio! non posso.
Non è presente. Apri il tuo core a Tito,
Confidati all’amico; io ti prometto
Che Augusto nol saprà. Del tuo delitto
Di’ la prima cagion. Cerchiamo insieme
Una via di scusarti. Io ne sarei
Forse di te più lieto.
SES.
Ah! la mia colpa
Non ha difesa.
In contraccambio almeno
D’amicizia lo chiedo. Io non celai
Alla tua fede i più gelosi arcani;
SES.
(Ecco una nuova
Specie di pena! o dispiacere a Tito,
Dubiti ancora? (comincia a turbarsi)
Nel più vivo del cor. Vedi che troppo
Con questo diffidar. Pensaci. Appaga
Il mio giusto desio. (con impazienza)
SES.
(Ma qual astro splendeva al nascer mio!) (con impeto di disperazione)
E taci? e non rispondi? Ah! già che puoi
SES.
Signore...
SES.
(Ma quando
Che mi volevi dir?
SES.
Ch’io son l’oggetto
Dell’ira degli dèi; che la mia sorte
Non ho più forza a tollerar; ch’io stesso
Traditor mi confesso, empio mi chiamo;
Ch’io merito la morte e ch’io la bramo.
TITO (ripiglia l’aria di maestà)
Sconoscente! e l’avrai! Custodi! il reo
Toglietemi dinanzi. (alle guardie, che saranno uscite)
SES.
SES.
Fia questo
L’ultimo don. Per questo solo istante
Ricordati, signor, l’amor primiero.
Parti; non è più tempo. (senza guardarlo)
SES.
La sola rimembranza
Ch’io ti potei tradir. (parte con le guardie)