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Pietro Metastasio La clemenza di Tito IntraText CT - Lettura del testo |
Vitellia, e poi Annio e Servilia da diverse parti.
Non giova lusingarsi;
Sesto già mi scoperse: a Publio istesso
Si conosce sul volto. Ei non fu mai
Con me sì ritenuto; ei fugge; ei teme
Di restar meco. Ah! secondato avessi
Gl’impulsi del mio cor. Per tempo a Tito
Dovea svelarmi e confessar l’errore.
Sempre in bocca d’un reo, che la detesta,
Scema d’orror la colpa. Or questo ancora
Tardi saria. Seppe il delitto Augusto,
E non da me. Questa ragione istessa
Fa più grave...
Ah, Vitellia!
Ah, principessa!
Fra poco, in faccia
Di Roma spettatrice,
Delle fiere sarà pasto infelice.
Ma che posso per lui?
Tutto. A’ tuoi prieghi
Non può negarlo
Annio, non sono
Augusta ancor.
Tito sarà tuo sposo. Or, me presente,
Per le pompe festive il cenno ei diede.
(Dunque Sesto ha taciuto! Oh amore! oh fede!)
Annio, Servilia, andiam. (Ma dove corro
Così, senza pensar?). Partite, amici:
Vi seguirò.
Sesto fidar si dee, Sesto è perduto. (parte)
Precedimi tu ancor. (a Servilia) Un breve istante
Deh! non lasciarlo
Perir così. Sai che fin or di Roma
Fu la speme e l’amore. Al fiero eccesso
Chi sa chi l’ha sedotto. In te sarebbe
Obbligo la pietà. Quell’infelice
T’amò più di se stesso; avea fra’ labbri
Sempre il tuo nome; impallidia qualora
Ah! parti.
Ma tu perché restar? Vitellia, ah! parmi...
Oh dèi! parti, verrò: non tormentarmi!
Se altro che lagrime
Per lui non tenti,
Tutto il tuo piangere
Non gioverà.
A questa inutile
Oh, quanto è simile