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Pietro Metastasio
La clemenza di Tito

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SCENA UNDICESIMA

 

Vitellia sola.

 

VIT.

Ecco il punto, o Vitellia,

D’esaminar la tua costanza. Avrai

Valor che basti a rimirare esangue

Il tuo Sesto fedel? Sesto, che t’ama

Più della vita sua? che per tua colpa

Divenne reo? che t’ubbidì crudele?

Che ingiusta t’adorò? che in faccia a morte

Sì gran fede ti serba? E tu frattanto,

Non ignota a te stessa, andrai tranquilla

Al talamo d’Augusto? Ah! mi vedrei

Sempre Sesto d’intorno, e l’aure e i sassi

Temerei che loquaci

Mi scoprissero a Tito. A’ piedi suoi

Vadasi il tutto a palesar. Si scemi

Il delitto di Sesto,

Se scusar non si può. Speranze, addio,

D’impero e d’imenei! nutrirvi adesso

Stupidità saria. Ma, pur che sempre

Questa smania crudel non mi tormenti,

Si gettin pur l’altre speranze a’ venti.

 

Getta il nocchier talora

Pur que’ tesori all’onde,

Che da remote sponde

Per tanto mar portò;

E, giunto al lido amico,

Gli dèi ringrazia ancora,

Che ritornò mendico,

Ma salvo ritornò. (parte)

 

 

 




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