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Pietro Metastasio
La clemenza di Tito

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SCENA SESTA

 

Annio e poi Servilia

 

ANN.

Non ci pentiam. D’un generoso amante

Era questo il dover. Se a lei che adoro,

Per non esserne privo,

Tolto l’impero avessi, amato avrei

Il mio piacer, non lei. Mio cor, deponi

Le tenerezze antiche. È tua sovrana

Chi fu l’idolo tuo. Cambiar conviene

In rispetto l’amore. Eccola. Oh dèi!

Mai non parvebella agli occhi miei.

SERV.

Mio ben...

ANN.

Taci, Servilia. Ora è delitto

Il chiamarmi così.

SERV.

Perché?

ANN.

Ti scelse

Cesare (che martìr!) per sua consorte.

A te (morir mi sento!), a te m’impose

Di recarne l’avviso (oh pena!), ed io...

Io fui... (parlar non posso)... Augusta, addio!

SERV.

Come! Fermati! Io sposa

Di Cesare! E perché?

ANN.

Perché non trova

Beltà, virtù che sia

Più degna d’un impero, anima... Oh stelle!

Che dirò? Lascia, Augusta,

Deh! lasciami partir.

SERV.

Così confusa

Abbandonar mi vuoi? Spiegati, dimmi:

Come fu? per qual via?...

ANN.

Mi perdo s’io non parto, anima mia.

 

Ah! perdona al primo affetto

Questo accento sconsigliato:

Colpa fu del labbro, usato

A chiamarti ognor così.

Mi fidai del mio rispetto,

Che vegliava in guardia al core;

Ma il rispetto dall’amore

Fu sedotto e mi tradì. (parte)

 

 

 




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