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Pietro Metastasio
La clemenza di Tito

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SCENA NONA

 

Servilia e detti.

 

SERV.

Di Tito al piè...

TITO

Servilia! Augusta!

SERV.

Ah! Signor, sì gran nome

Non darmi ancora: odimi prima. Io deggio

Palesarti un arcan.

TITO

Publio, ti scosta,

Ma non partir. (Publio si ritira)

SERV.

Che del cesareo alloro

Me, fra tante più degne,

Generoso monarca, inviti a parte,

È dono tal, che desteria tumulto

Nel più stupido core. Io ne comprendo

Tutto il valor. Voglio esser grata, e credo

Doverlo esser così. Tu mi scegliesti,

Né forse mi conosci. Io, che, tacendo,

Crederei d’ingannarti,

Tutta l’anima mia vengo a svelarti.

TITO

Parla.

SERV.

Non ha la terra

Chi più di me le tue virtudi adori:

Per te nutrisco in petto

Sensi di meraviglia e di rispetto.

Ma il cor... Deh! non sdegnarti.

TITO

Eh! parla.

SERV.

Il core

Signor, non è più mio: già da gran tempo

Annio me lo rapì. L’amai che ancora

Non comprendea d’amarlo, e non amai

Altri fin or che lui. Genio e costume

Unì l’anime nostre. Io non mi sento

Valor per obliarlo. Anche dal trono

Il solito sentiero

Farebbe a mio dispetto il mio pensiero.

So che oppormi è delitto

D’un Cesare al voler; ma tutto almeno

Sia noto al mio sovrano:

Poi se mi vuol sua sposa, ecco la mano.

TITO

Grazie, o numi dei ciel! Pure una volta

Senza larve sul viso

Mirai la verità. Pur si ritrova

Chi s’avventuri a dispiacer col vero.

Servilia, oh qual contento

Oggi provar mi fai! quanta mi porgi

Ragion di meraviglia! Annio pospone

Alla grandezza tua la propria pace!

Tu ricusi un impero

Per essergli fedele! Ed io dovrei

Turbar fiammebelle? Ah! non produce

Sentimentirei di Tito il core.

Figlia, ché padre in vece

Di consorte m’avrai, sgombra dall’alma

Ogni timore. Annio è tuo sposo. Io voglio

Stringer nododegno. Il Ciel cospiri

Meco a farlo felice; e n’abbia poi

Cittadini la patria eguali a voi.

SERV.

O Tito! o Augusto! o vera

Delizia de’ mortali! io non saprei

Come il grato mio cor...

TITO

Se grata appieno

Esser mi vuoi, Servilia, agli altri inspira

Il tuo candor. Di pubblicar procura

Che grato a me si rende,

Più del falso che piace, il ver che offende.

 

Ah! se fosse intorno al trono

Ogni cor così sincero,

Non tormento un vasto impero,

Ma saria felicità.

Non dovrebbero i regnanti

Tollerargrave affanno,

Per distinguer dall’inganno

L’insidiata verità. (parte)

 

 

 




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