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Pietro Metastasio
La clemenza di Tito

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SCENA TERZA

 

Annio, poi Servilia, indi Publio con guardie.

 

ANN.

«Già lo saprai per mio rossor»! Che arcano

Si nasconde in que’ detti! A quale oggetto

Celarlo a me? Quel pallido sembiante,

Quel ragionar confuso,

Stelle! che mai vuol dir? Qualche periglio

Sovrasta a Sesto. Abbandonar nol deve

Un amico fedel. Sieguasi. (vuol partire)

SERV.

Al fine,

Annio, pur ti riveggo.

ANN.

Ah! mio tesoro,

Quanto deggio al tuo amor! Torno a momenti:

Perdonami, se parto.

SERV.

E perché mai

Così presto mi lasci?

PUB.

Annio, che fai?

Roma tutta è in tumulto, il Campidoglio

Vasto incendio divora; e tu frattanto

Puoi star senza rossore

Tranquillamente a ragionar d’amore?

SERV.

Numi!

ANN.

(Or di Sesto i detti

Più mi fanno tremar. Cerchisi...) (in atto di partire)

SERV.

E puoi

Abbandonarmi in tal periglio?

ANN.

(Oh Dio!

Fra l’amico e la sposa

Divider mi vorrei). Prendine cura,

Publio, per me. Di tutti i giorni miei

L’unico ben ti raccomando in lei. (parte frettoloso)

 

 

 




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