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Pietro Metastasio
La clemenza di Tito

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SCENA QUARTA

 

Tito solo a sedere.

 

TITO

Che orror! che tradimento!

Che nera infedeltà! Fingersi amico,

Essermi sempre al fianco, ogni momento

Esiger dal mio core

Qualche prova d’amore; e starmi intanto

Preparando la morte! Ed io sospendo

Ancor la pena? e la sentenza ancora

Non segno?... Ah! sì, lo scellerato mora. (prende la penna per sottoscrivere, e poi s’arresta)

Mora!... Ma senza udirlo

Mando Sesto a morir?... Sì, già l’intese

Abbastanza il Senato. E s’egli avesse

Qualche arcano a svelarmi? Olà! (depone la penna; intanto esce una guardia) (S’ascolti,

E poi vada al supplizio). A me si guidi

Sesto. (parte la guardia) È pur di chi regna

Infelice il destino! (s’alza) A noi si niega

Ciò che a’ più bassi è dato. In mezzo al bosco

Quel villanel mendico, a cui circonda

Ruvida lana il rozzo fianco, a cui

È mal fido riparo

Dall’ingiurie del ciel tugurio informe,

Placido i sonni dorme,

Passa tranquillo i , molto non brama,

Sa chi l’odia e chi l’ama, unito o solo

Torna sicuro alla foresta, al monte,

E vede il core a ciascheduno in fronte.

Noi fra tante grandezze

Sempre incerti viviam; ché in faccia a noi

La speranza o il timore

Su la fronte d’ognun trasforma il core.

Chi dall’infido amico... Olà!... chi mai

Questo temer dovea?

 

 

 




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