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Pietro Metastasio La clemenza di Tito IntraText CT - Lettura del testo |
ATTO PRIMO
Logge a vista del Tevere negli appartamenti di Vitellia.
Vitellia e Sesto
VIT.
Ma che! sempre l’istesso,
Sesto, a dir mi verrai? So che sedotto
Fu Lentulo da te; che i suoi seguaci
Son pronti già; che il Campidoglio acceso
Darà moto a un tumulto, e sarà il segno
Onde possiate uniti
Tito assalir; che i congiurati avranno
Vermiglio nastro al destro braccio appeso,
Per conoscersi insieme. Io tutto questo
Già mille volte udii: la mia vendetta
Mai non veggo però. S’aspetta forse
Che Tito a Berenice in faccia mia
Offra, d’amore insano,
L’usurpato mio soglio e la sua mano?
Parla! di’! che s’attende?
SES.
Oh Dio!
VIT.
Sospiri?
Intenderti vorrei. Pronto all’impresa
Sempre parti da me; sempre ritorni
Confuso, irresoluto. Onde in te nasce
Questa vicenda eterna
D’ardire e di viltà?
SES.
Vitellia, ascolta:
Ecco, io t’apro il mio cor. Quando mi trovo
Presente a te, non so pensar, non posso
Voler che a voglia tua; rapir mi sento
Tutto nel tuo furor; fremo a’ tuoi torti;
Tito mi sembra reo di mille morti.
Quando a lui son presente,
Tito, non ti sdegnar, parmi innocente.
VIT.
Dunque...
SES.
Pria di sgridarmi,
Ch’io ti spieghi il mio stato almen concedi.
Tu vendetta mi chiedi;
Tito vuol fedeltà. Tu di tua mano
Con l’offerta mi sproni; ei mi raffrena
Co’ benefizi suoi. Per te l’amore,
Per lui parla il dover. Se a te ritorno,
Sempre ti trovo in volto
Qualche nuova beltà; se torno a lui,
Sempre gli scopro in seno
Qualche nuova virtù. Vorrei servirti;
Tradirlo non vorrei. Viver non posso,
Se ti perdo, mia vita; e, se t’acquisto,
Vengo in odio a me stesso.
Questo è lo stato mio: sgridami adesso.
VIT.
No, non meriti, ingrato!
L’onor dell’ire mie.
SES.
Pensaci, o cara,
Pensaci meglio. Ah! non togliamo, in Tito,
La sua delizia al mondo, il padre a Roma,
L’amico a noi. Fra le memorie antiche
Trova l’egual, se puoi. Fingiti in mente
Eroe più generoso o più clemente.
Parlagli di premiar: poveri a lui
Sembran gli erari sui.
Parlagli di punir: scuse al delitto
Cerca in ognun. Chi all’inesperta ei dona,
Chi alla canuta età. Risparmia in uno
L’onor del sangue illustre; il basso stato
Compatisce nell’altro. Inutil chiama,
Perduto il giorno ei dice,
In cui fatto non ha qualcun felice.
VIT.
Ma regna.
SES.
Ei regna, è ver; ma vuol da noi
Sol tanta servitù quanto impedisca
Di perir la licenza. Ei regna, è vero;
Ma di sì vasto impero,
Tolto l’alloro e l’ostro,
Suo tutto il peso, e tutto il frutto è nostro.
VIT.
Dunque a vantarmi in faccia
Venisti il mio nemico; e più non pensi
Che questo eroe clemente un soglio usurpa
Dal suo tolto al mio padre?
Che m’ingannò, che mi ridusse (e questo
È il suo fallo maggior) quasi ad amarlo?
E poi, perfido! e poi di nuovo al Tebro
Richiamar Berenice! Una rivale
Avesse scelta almeno
Degna di me fra le beltà di Roma:
Ma una barbara, o Sesto,
Un’esule antepormi! una regina!
SES.
Sai pur che Berenice
Volontaria tornò.
VIT.
Narra a’ fanciulli
Codeste fole. Io so gli antichi amori;
So le lagrime sparse allor che quindi
L’altra volta partì; so come adesso
L’accolse e l’onorò. Chi non lo vede?
Il perfido l’adora.
SES.
Ah! principessa,
Tu sei gelosa.
VIT.
Io!
SES.
Sì.
VIT.
Gelosa io sono,
Se non soffro un disprezzo?
SES.
E pure...
VIT.
E pure
Non hai cor d’acquistarmi.
SES.
Io son...
VIT.
Tu sei
Sciolto d’ogni promessa. A me non manca
Più degno esecutor dell’odio mio.
SES.
Sentimi!
VIT.
Intesi assai.
SES.
Fermati!
VIT.
Addio.
SES.
Ah, Vitellia! ah, mio nume!
Non partir. Dove vai?
Perdonami, ti credo: io m’ingannai.
Tutto, tutto farò. Prescrivi, imponi,
Regola i moti miei:
Tu la mia sorte, il mio destin tu sei.
VIT.
Prima che il sol tramonti,
Voglio Tito svenato, e voglio...